Nell’istituto femminile che ospita il Padiglione della Santa Sede per la Biennale prende il via la visita a Venezia. L’elicottero del Pontefice atterrato nel cortile. Dopo il saluto ad autorità e operatori della struttura, il Papa ‘abbraccia’ le recluse: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. La denuncia di sovraffollamento, violenza, sofferenze ma anche un messaggio di speranza: “La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo”
Salvatore Cernuzio – Inviato a Venezia
Giulia, coi capelli rossi, tre piercing a naso, bocca e sopracciglio, lo sguardo penetrante quanto i versi che ama scrivere nella sua cella. Fanta, di origine africana, lunghe treccine ad ornare un volto quasi infantile che mai si direbbe sia quella di una mamma di un 16enne. Antonella, la più anziana, capelli a caschetto, nonna di due nipotini. Sono tre delle 80 detenute della Giudecca condannate in via definitiva che danno il benvenuto oggi, 28 aprile, a Francesco nel carcere femminile, prima tappa della visita del Papa a Venezia. Hanno accompagnato nei giorni scorsi i visitatori tra le mura fatiscenti e i corridoi in mattone del penitenziario, il quarto istituto femminile in Italia, divenuto dallo scorso 19 aprile, su ispirazione del Pontefice, sede del Padiglione della Santa Sede per la 60.ma edizione della Biennale d’Arte. Le tre “donne”, come preferiscono chiamarsi le detenute qui alla Giudecca, hanno condotto i piccoli gruppi tra i quadri della suora pop artist Corita Kent inneggianti ai diritti umani, tra le placche di lava smaltata recanti disegni e parti di poesie composte dalle stesse recluse della pittrice siriana Simone Fattal, sotto l’installazione di sculture in tessuto sospese tra i balconcini teatrali e i confessionali della Cappella della Maddalena – dove il Papa incontra subito dopo gli artisti – realizzata dalla visual artist brasiliana Sonia Gomes in onore a tutte le donne (tutte, dalle prostitute alle casalinghe) per dire che ognuna è unica e speciale.
La gratitudine al Papa delle detenute
Questa mattina, poco prima delle 8, quando la Laguna è ancora avvolta da un cielo grigio che sembra creare un tutt’uno con l’acqua, Giulia, Fanta e Antonella insieme alle loro compagne accolgono il visitatore più importante, Papa Francesco, a cui da giorni desiderano esprimergli la gratitudine per l’intuizione di installare “in questo inferno mascherato di giustizia”, come recita uno dei versi più ferenti di Giulia, il Padiglione vaticano rendendole così “protagoniste” e permettendogli di respirare “un’aria nuova”.
Da queste donne, segnate dalla vita e dai suoi incidenti di percorso, che tra i muri di quello che nei secoli scorsi era il Convento delle Convertite imparano a stirare, cucire, coltivare l’orto e produrre cibi biologici utili pure a prodotti cosmetici, il Papa ha voluto avviare il percorso in terra veneziana che comprende più tardi l’incontro con gli artisti della Biennale, i giovani e i fedeli per la Messa in Piazza San Marco.
Non una visita ufficiale, ma “un incontro”
Per il Papa non è una “visita ufficiale” quella nella Giudecca, bensì “un incontro” in cui “ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno”.
Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile – forse chi uscirà più ricco sarò io – e il bene che ci scambieremo sarà prezioso
Lo dice Francesco stesso nel suo saluto – continuamente interrotto dagli applausi delle donne e dai loro “grazie” – pronunciato nel giardino interno al carcere, una zona di verde con panchine, altalene, scivoli e altri giochi per bambini. L’elicottero del Papa era atterrato invece nel cortile dove campeggia l’opera di Claire Fontaine, la scritta “Siamo con voi nella notte”, che di sera illumina questo spazio spoglio in cui le donne possono uscire un’ora e mezza la mattina e due ore il pomeriggio (“Ci fa uscire dal buio”, spiegano). Finestre sbarrate con appesi stendini, scarpe e indumenti, un pozzo abbellito per l’occasione e a un albero con due uova da cui nasceranno due cuccioli di gabbiano (“La mamma, un’artista anche lei”, scherza Antonella), è stato lo scenario che ha accolto il Vescovo di Roma. In questo enorme spazio, Papa Francesco è stato accolto dal patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dal presidente del Veneto, Luca Zaia, e dalle autorità del penitenziario. Subito però si è voluto dirigere da loro, le detenute, 42 italiane, 36 straniere di 14 nazionalità differenti. E a loro ha portato un messaggio: “Avete un posto speciale nel mio cuore”. Insieme a questo, parole di speranza che, anche se dietro le sbarre, qualcosa di nuovo può rinascere, ricominciare, riandare avanti.
Il carcere può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia
Tanta sofferenza
La delicatezza delle parole di Francesco fa da contraltare alla “realtà dura” che si vive alla Giudecca, così come in tante carceri d’Italia: sovraffollamento, carenza di strutture e di risorse, episodi di violenza. Tanti elementi, tanti fattori, “tanta sofferenza”. Eppure, consola il Papa, “è il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici”.
Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno
La riscoperta della bellezza
Le detenute ascoltano commosse quello che il Papa stesso definisce un paradosso: “La permanenza in una casa di reclusione può segnare l’inizio di qualcosa di nuovo, attraverso la riscoperta di bellezze insospettate in noi e negli altri”. L’evento artistico della Biennale che la Giudecca ospita e al cui progetto le recluse hanno contribuito “attivamente”, ne è la dimostrazione. Il carcere può diventare allora “un cantiere di ricostruzione”, insiste il Papa, in cui “guardare e valutare con coraggio la propria vita, rimuoverne ciò che non serve, che è di ingombro, dannoso o pericoloso, elaborare un progetto”
E poi ripartire scavando fondamenta e tornando, alla luce delle esperienze fatte, a mettere mattone su mattone, insieme, con determinazione
Nuove possibilità
Per questo, scandisce ancora Francesco, è fondamentale che “anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento”.
Non “isolare la dignità”, ma dare nuove possibilità!
“Perdonati che portano perdono”
Sulla stessa scia, guardando alle donne lì davanti ai suoi occhi, Jorge Mario Bergoglio ribadisce le parole che sempre ha rivolto nelle sue quattordici visite in questi undici anni a chi vive in condizioni di restrizione, in Italia, all’estero o nelle Messe in Coena Domini del Giovedì Santo: cioè quello di essere tutti peccatori, ma al contempo tutti perdonati da Dio. “Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita”.
Le parole con cui iniziare la giornata
Francesco si congeda dal penitenziario. Fuori lo attende una motovedetta che lo trasporterà nella Basilica di Santa Maria della Salute per l’incontro con 1.600 giovani del Triveneto. Prima però lascia alle donne della Giudecca un suggerimento pratico, delle frasi con cui iniziare ogni giornata:
“Oggi è il momento adatto”, “oggi è il giorno giusto”, “oggi ricomincio”, sempre, per tutta la vita!
Il dono
Tra battute (“Ora mi cacciano via”), applausi e ringraziamenti continui, il Papa ha consegnato al penitenziario una icona della Madonna: “È la tenberezza della mamma e questa tenerezza Maria ce l’ha con tutti noi”.