Il Papa: nella fede si cammina insieme, la fragilità ci rende capaci di tenerezza

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

E’ l’ultima catechesi sul tema del discernimento quella che Papa Francesco tiene all’udienza generale di questo mercoledì e vuole indagare “sugli aiuti che possono e devono sostenerlo” tra cui uno di particolare importanza è proprio l’accompagnamento spirituale al centro della riflessione odierna.

“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. […] Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti: per questo li custodisco”

Non temere di condividere la propria fragilità

Il Papa entra nel tema affermando che l’accompagnamento spirituale è “importante anzitutto per la conoscenza di sé”, che è “una condizione indispensabile per il discernimento”. “Guardarsi allo specchio, da soli, non sempre aiuta”, prosegue, perchè un altro ti dice quella verità che noi magari non vediamo. Francesco osserva che è essenziale soprattutto “farsi conoscere”, anche nelle proprie fragilità:

La fragilità è, in realtà, la nostra vera ricchezza, noi siamo ricchi in fragilità, tutti, la vera ricchezza che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia, di amore. Guardati dalle persone che non si sentono fragili: sono dure, dittatoriali. Invece, le persone che con umiltà riconoscono le proprie fragilità: sono più, più comprensive con gli altri. La fragilità – io posso dire – ci rende umani. Non a caso, la prima delle tre tentazioni di Gesù nel deserto – quella legata alla fame – cerca di rubarci la fragilità, presentandocela come un male di cui sbarazzarsi, un impedimento a essere come Dio. E invece è il nostro tesoro più prezioso: infatti Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la nostra fragilità.

I colloqui liberanti di Gesù nel Vangelo

Un aiuto offerto dall’accompagnamento spirituale, afferma il Papa, è la possibilità di “smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nella relazione con il Signore”. E ricorda quante volte il Vangelo riferisce colloqui fatti da Gesù che diventano esperienza di liberazione e di salvezza per l’altro come nel caso della Samaritana, di Zaccheo, della donna peccatrice, di Nicodemo, dei discepoli di Emmaus.

Raccontare di fronte a un altro ciò che abbiamo vissuto o che stiamo cercando aiuta a fare chiarezza in noi stessi, portando alla luce i tanti pensieri che ci abitano, e che spesso ci inquietano con i loro ritornelli insistenti. Quante volte, in momenti bui, ci vengono pensieri così: “Ho sbagliato tutto, non valgo niente, nessuno mi capisce, non ce la farò mai, sono destinato al fallimento”, quante volte ci è venuto da pensare queste cose. Pensieri falsi e velenosi, che il confronto con l’altro aiuta a smascherare, così che possiamo sentirci amati e stimati dal Signore per come siamo, capaci di fare cose buone per Lui.

Si va avanti se non si cammina da soli

Papa Francesco sottolinea poi che chi fa accompagnamento “non si sostituisce al Signore”, n’è alla persona accompagnata, ma “cammina al suo fianco”, incoraggiandola a leggersi dentro. Ma l’accompagnamento porta frutti se si vive la “figliolanza e la fratellanza spirituale”, se non si è soli, ma “inseriti in una comunità”:

Non siamo soli, siamo gente di un popolo, di una nazione, di una città che cammina, di una chiesa, di una parrocchia, di questo gruppo … una comunità in cammino. Non si va al Signore da soli: questo non va. Dobbiamo capirlo bene. Come nel racconto evangelico del paralitico, spesso siamo sostenuti e guariti grazie alla fede di qualcun altro che ci aiuta ad andare avanti (…) altre volte siamo noi ad assumerci tale impegno a favore di un altro fratello o di una sorella, e siamo accompagnatori per aiutare quell’altro. Senza esperienza di figliolanza e di fratellanza l’accompagnamento può dare adito ad attese irreali, a equivoci, a forme di dipendenza che lasciano la persona allo stato infantile. No: accompagnamento, ma come figli di Dio e fratelli con noi.

L’esempio di Maria 

Maestra di discernimento è la Vergine Maria, osserva il Papa: Maria “parla poco, ascolta molto e custodisce nel cuore”. Lei indica sempre Gesù, ma le sue parole: “Fate quello che vi dirà” sono una consegna per tutti i cristiani: 

Fare quello che Gesù ci dice. Così è la Madonna. Maria sa che il Signore parla al cuore di ciascuno, e chiede di tradurre questa parola in azioni e scelte. Lei ha saputo farlo più di ogni altro, e infatti è presente nei momenti fondamentali della vita di Gesù, specialmente nell’ora suprema della morte di croce.

La voce del Signore ci dice: non temere

Francesco conclude la sua riflessione sottolineando che “il discernimento è un’arte” che si può imparare per crescere spiritualmente e soprattutto è “un dono di Dio” da chiedere sempre: “Signore, dammi la grazia di discernere nei momenti della vita, cosa devo fare, cosa devo capire. Dammi la grazia di discernere, e dammi la persona che mi aiuti a discernere”. Il Signore, afferma il Papa, ci incoraggia e ci sostiene, quante volte nel Vangelo leggiamo le parole di Gesù: “non temere” o “non abbiate paura”: 

“Non temere!”, ripete anche a noi il Signore oggi; “non temere”: se ci fidiamo della sua parola, giocheremo bene la partita della vita, e potremo aiutare altri. Come dice il Salmo, la sua Parola è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino.