Francesco celebra la Messa in Coena Domini del Giovedì Santo a Rebibbia femminile, davanti a circa 200 recluse delle varie sezioni del penitenziario, tra cui una mamma col figlio di 3 anni. Diverse età, provenienze e religioni. Accolgono il Pontefice con applausi, lacrime e cori di “W il Papa!”. Nell’omelia l’invito a non stancarsi mai di chiedere perdono a Dio. Poi saluti, abbracci, scambi di regali e uova di Pasqua. Il Papa consola una donna che piange a dirotto e confida la sua sofferenza
Salvatore Cernuzio – Roma
“Oh, famo Tu sei la mia vita che me vié bene!”. Sotto la tensostruttura del carcere di Rebibbia femminile, alla periferia di Roma, dove il Papa ha scelto quest’anno di celebrare la Messa in Coena Domini del Giovedì Santo le detenute che fanno parte del coro ci tengono a fare bella figura per Francesco. Ci sono loro, insieme a guardie, volontari, e alle suore con il cartellino “Articolo 17” (francescane, domenicane, dell’Ordo Virginum) che svolgono tra queste mura il loro apostolato, a distribuire libretti, sistemare le sedie e il cesto da donare al Papa con finocchi, cipolle, carciofi e altri ortaggi coltivati dalle stesse recluse nella serra interna al carcere. Oltre 200 sedie sono state allestite sul campo da calcio dove gioca la squadra del penitenziario e dove si svolgono i corsi per diventare allenatrici. La tenda bianca, dove il Papa ha compiuto il gesto sempre commovente della Lavanda dei Piedi – quello con cui “Gesù ci insegna la strada del servizio”, come dice nell’omelia – a 12 donne di diversa nazionalità, età e religione, è invece lo spazio in cui si svolgono manifestazioni culturali, cerimonie, premi.
Un’umanità diversificata
Le recluse di Rebibbia femminile, circa 200 sulle 300 ristrette che stanno scontando una pena definitiva (alcune anziane o malate non sono riuscite a partecipare), tra cui una giovane mamma col suo piccolo Jairo Massimo, di 3 anni (lei da 9 mesi a Rebibbia), arrivano una alla volta, in fila indiana. Qualcuna già piange, qualcuna fuma, qualcuna si regge a un bastone o cammina a braccetto con la compagna di cella. Sono nigeriane, peruviane, filippine, sri lankesi, etiopi, bulgare, ucraine, italiane, alcune russe e anche una cinese. La maggior parte sono di etnia Rom. “Camerotti!”, “Cellulari!”, gridano le guardie. Sono i nomi delle sezioni in cui sono divise: media sicurezza, per reati come furti, rapine o spaccio; alta sicurezza, dove sono recluse i capi promotori di associazioni di mafia, tra cui alcuni componenti di un noto clan romano; la Z, con i parenti di collaboratori di giustizia. E poi l’Infermeria, con le detenute affette da malattie psichiatriche. Volti tutti diversi, giovani, anziani, scavati, truccatissimi, con dei tagli evidenti, o con piercing colorati. Masticano chewing-gum, indossano tute colorate, sneakers o anche ciabatte. Alcune tra le più giovani hanno fatto delle treccine per l’occasione, altre indossano una t-shirt bianca con il volto del Papa, quasi tutte hanno al collo un Rosario di plastica. “Tié, zì, t’aiuto io”, dice una ragazza all’amica con le stampelle, baciando prima la croce.
Cori e applausi e il saluto al Papa
Cantano insieme al coro durante l’attesa del Papa, poi esplodono in un applauso e in un grido: “Libertà, libertà” – ripetuto pure a fine Messa – quando Francesco fa il suo ingresso, poco prima delle 16, dal portoncino in ferro blu, accolto dalla direttrice Nadia Fontana. Con la sedia a rotelle percorre la fila di marmo che traccia un percorso sull’erba dal profumo di bagnato. “W il Papa, W il Papa!”, gridano le recluse di Rebibbia e con loro le suore. Jorge Mario Bergoglio prima di addentrarsi tra le file di sedie apre le braccia a mo’ di saluto. Urla, qualche spintone, qualcuna si butta addosso per baciare la mano. “Piano, piano”, raccomandano le assistenti. “Io ci sono riuscita!”, “io l’ho salutato due volte”, si sente, mentre Francesco compie ancora il giro. Poi fatto il suo ingresso e indossata la stola, inizia la celebrazione che ricorda l’Ultima Cena del Signore.
L’omelia di Francesco
Una Messa breve, sobria, partecipata. L’omelia di Francesco si snoda a partire dal Vangelo e si focalizza su due “episodi”. Anzitutto la lavanda dei piedi: “Gesù si umilia, Gesù con questo gesto ci fa capire quello che lui aveva detto: ‘Io non sono venuto per essere servito, ma per servire’. Ci insegna il cammino del servizio”. L’altro episodio “triste, dice il Pontefice, “è il tradimento di Giuda che non è capace di portare avanti l’amore, e poi i soldi, l’egoismo lo portano a questa cosa brutta. “Ma Gesù perdona tutto. Gesù perdona sempre. Soltanto chiede che noi chiediamo il perdono”, afferma il Papa. E ricorda la vecchietta “saggia” che una volta gli disse: “Gesù non si stanca mai di perdonare: siamo noi a stancarci di chiedere perdono”. Al Signore, incoraggia il Papa, chiediamo “la grazia di non stancarci”: “Sempre, tutti noi abbiamo piccoli fallimenti, grandi fallimenti – ognuno ha la propria storia. Ma il Signore ci aspetta sempre, con le braccia aperte, e non si stanca mai di perdonare”.
La Lavanda dei Piedi a 12 donne di diversa nazionalità e religione
Segue il rito della Lavanda dei Piedi. Dodici donne – tra cui bulgare, italiane, Rom, nigeriane, peruviane, croate, bosniache, tra i 40 e i 50 anni, anche di altre confessioni – si sistemano su una pedana e si siedono su seggiole in legno. La più anziana si mette la mano sul petto e respira profondamente mentre il Papa, in sedia a rotelle, inizia a lavare i piedi alle compagne. Una ragazza, con la faccia poggiata su un fazzoletto, stretta in un pile bianco, scoppia in un pianto a dirotto. Un’altra manda a Francesco un bacio. Si sporgono per dire “Grazie” in varie lingue.
Doni e abbracci
Un nuovo applauso sale dalla folla, dove si vedono in prima fila due sorelle abbracciate in lacrime. Qualcuna invece fa battute ad alta voce per stemperare la tensione. Il piccolo Jairo invece sgranocchia patatine e biscotti. Con la mamma, da 9 mesi in cella, si avvicina a fine Messa dal Papa che gli regala un uovo Kinder. Un altro regalo il Papa lo consegna per l’intero penitenziario: una Madonna col bambino. “Me l’hanno regalata dipinta e ho pensato subito a voi”, spiega Francesco. Un pensiero a tutte le donne che soffrono la lontananza dai loro figli. Una, albanese, trova il tempo di confidarlo al Pontefice, chiedendo preghiere. Il Papa le regala un Rosario e lo stesso fa con tutte le altre recluse che trova sulla via d’uscita. Con una, Gioia, senegalese, anziana, scherza per il fatto che entrambi sono in sedia a rotelle. Lei si lancia in avanti e gli bacia la mano.
Il Papa consola una donna in lacrime
Prima di fare il suo ingresso in Infermeria, un fuori programma: una donna, anche lei di origine africana, retta da due assistenti, urla e scoppia in un pianto incontrollabile. Già durante la Messa aveva manifestato il suo dolore. “Soffro troppo, non ce la faccio più, soffro tanto”, dice a Papa Francesco che la accarezza, prova a tranquillizzarla, poi le poggia una mano sopra la fronte e le assicura preghiere, invitando anche lei a pregare.
Successi e difficoltà
Un altro giro di saluti avviene nell’Infermeria: in semicerchio guardie, volontari, recluse attendono il loro turno per stringere la mano del Vescovo di Roma. “Ammazza, che bella giornata!”, esclama una signora coi capelli arruffati dal vento. Anche qui un regalo: un uovo gigante di cioccolato con la scritta “Buona Pasqua”. In una saletta, infine, il saluto alla direttrice Fontana che poco prima a fine Messa diceva al Pontefice: “La Sua presenza qui, oggi, è per ciascuno di loro un raggio di sole che scalda il cuore e ravviva la speranza di poter ricominciare, anche quando ci si trova a ripartire da zero”. Parole che ripete ora nel saluto finale a Francesco, non nascondendo le difficoltà dentro al penitenziario ma anche i tanti “successi” che si registrano. Il Papa incoraggia ad andare avanti. Poi si congeda per fare ritorno in Vaticano. Ma prima di salire nella Fiat 500 L, il saluto a una signora che aveva avuto un malore durante la Messa e non era riuscita a salutarlo. Corsa dal Pontefice, anche lei ha ricevuto un abbraccio e una benedizione.