Il Papa: la Trinità ci insegna che non si può mai stare senza l’altro

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Amedeo Lomonaco Città del Vaticano

Lo Spirito Santo parla “ma non di sé stesso: annuncia Gesù e rivela il Padre”. All’Angelus Papa Francesco, nel giorno della Solennità della Santissima Trinità, sottolinea che il Padre “dà al figlio tutto quello che possiede” e si “dona interamente al Figlio”.

“Tutto quello che il Padre possiede è mio e lo Spirito ve lo annuncerà (Dal Vangelo secondo Giovanni)”

Ho bisogno di donarmi agli altri?

Se invece guardiamo a noi, spiega il Papa sempre vogliamo, quando parliamo, “che si dica bene di noi e spesso parliamo solo di noi stessi e di quello che facciamo”. Quanta fatica facciamo, aggiunge il Pontefice, a condividere con gli altri quello che possediamo, “anche con chi manca del necessario”.

Festeggiare la Santissima Trinità non è tanto un esercizio teologico, ma una rivoluzione del nostro modo di vivere. Dio, nel quale ogni Persona vive per l’altra, non per sé stessa, ci provoca a vivere con gli altri e per gli altri. Oggi possiamo chiederci se la nostra vita riflette il Dio in cui crediamo: io, che professo la fede in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, credo davvero che per vivere ho bisogno degli altri, ho bisogno di donarmi agli altri, ho bisogno di servire gli altri? Lo affermo a parole o con la vita?

Cosa vuol dire amare?

Papa Francesco sottolinea poi che “il Dio trino e unico va mostrato così, con i fatti prima che con le parole”. “Dio, che è autore della vita, si trasmette meno attraverso i libri e più attraverso la testimonianza di vita”.

Egli che, come scrive l’evangelista Giovanni, «è amore» (1 Gv 4,16), si rivela attraverso l’amore. Pensiamo alle persone buone, generose, miti che abbiamo incontrato: ricordando il loro modo di pensare e di agire, possiamo avere un piccolo riflesso di Dio-Amore. E che cosa vuol dire amare? Non solo volere bene e fare del bene, ma prima ancora, alla radice, accogliere gli altri, fare posto agli altri, dare spazio agli altri.

Sono anche io un riflesso della Trinità?

Papa Francesco pensando ai nomi delle Persone divine, “che pronunciamo ogni volta che facciamo il segno della croce”, sottolinea che “in ciascun nome c’è la presenza dell’altro”. “Il Padre, ad esempio, non sarebbe tale senza il Figlio; così pure il Figlio non può essere pensato da solo, ma sempre come Figlio del Padre. E lo Spirito Santo, a sua volta, è Spirito del Padre e del Figlio”.

La Trinità ci insegna che non si può mai stare senza l’altro. Non siamo isole, siamo al mondo per vivere a immagine di Dio: aperti, bisognosi degli altri e bisognosi di aiutare gli altri. E allora, poniamoci quest’ultima domanda: nella vita di tutti i giorni sono anch’io un riflesso della Trinità? Il segno di croce che faccio ogni giorno rimane un gesto fine a sé stesso o ispira il mio modo di parlare, di incontrare, di rispondere, di giudicare, di perdonare?

“La Madonna, figlia del Padre, madre del Figlio e sposa dello Spirito – afferma infine il Pontefice ci aiuti ad accogliere e testimoniare nella vita il mistero di Dio-Amore”.

Post Angelus

Dopo la preghiera mariana, il Pontefice si è rivolto “alle popolazioni e alle autorità della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan”. “Carissimi, con grande dispiacere, a causa dei problemi alla gamba – ha detto – ho dovuto rinviare la mia visita nei vostri Paesi, programmata per i primi giorni di luglio. Provo davvero un grande rammarico per aver dovuto rinviare questo viaggio, a cui tengo moltissimo”. Il pensiero di Francesco è inoltre andato all’Ucraina: “è sempre vivo nel mio cuore il pensiero per la popolazione ucraina, afflitta dalla guerra. Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata”. Il Santo Padre ha anche ricordato che “oggi ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Impegniamoci tutti per eliminare questa piaga, perché nessun bambino o bambina sia privato dei suoi diritti fondamentali e costretto o costretta a lavorare”. Francesco è poi tornato alla giornata di ieri a Breslavia, in Polonia, dove “sono state beatificate suor Pasqualina Jahn e nove consorelle martiri, della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta, uccise alle fine della seconda guerra mondiale in un contesto ostile alla fede cristiana”. “Il loro esempio di fedeltà a Cristo ha affermato – aiuti tutti noi”