Adriana Masotti – Città del Vaticano
“Dio fu a tal punto amareggiato per la diffusa malvagità degli uomini, divenuta uno stile normale di vita, che pensò di avere sbagliato a crearli e decise di eliminarli”. Inizia con questa forte costatazione la catechesi del Papa di oggi che prosegue il ciclo dedicato all’età anziana.
La rappresentazione inconscia della catastrofe finale
Francesco fa riferimento al racconto biblico letto poco prima e osserva una contraddizione dei nostri tempi: Da una parte, dice, noi “abbiamo l’ottimismo di una giovinezza eterna” e i progressi della scienza e della tecnica ci fanno intravedere un futuro meraviglioso; dall’altra, “la nostra fantasia appare sempre più concentrata sulla rappresentazione di una catastrofe finale che ci estinguerà”. E’ “quello che succede con un’eventuale guerra atomica”.
Il “giorno dopo” di questo – se ci saremo ancora, giorni ed esseri umani – si dovrà ricominciare da zero. Distruggere tutto per ricominciare da zero. Non voglio rendere banale il tema del progresso, naturalmente. Ma sembra che il simbolo del diluvio stia guadagnando terreno nel nostro inconscio.
E sottolinea un sentimento che abita in noi guardando ai tanti drammi della storia:
Non accade a volte anche a noi – sopraffatti dal senso di impotenza contro il male o demoralizzati dai “profeti di sventura” – di pensare che era meglio non essere nati? Dobbiamo dare credito a certe teorie recenti, che denunciano la specie umana come un danno evolutivo per la vita sul nostro pianeta?
Noè “il giusto” è colui che salva dal diluvio
A salvare l’umanità dalla corruzione e dalla distruzione, nel racconto della Bibbia, è il più anziano di tutti, Noè, il “giusto”. “La vecchiaia – si chiede Papa Francesco – salverà il mondo? Mi domando: in che senso?”, in vista solo della sopravvivenza fino al dramma finale o in vista della vita oltre la morte? Gesù parlando dei tempi di Noè dice che in quei giorni, si mangiava, si beveva, si prendevano moglie e marito”, fino al momento del diluvio che “fece morire tutti”. E commenta che mangiare, prendere moglie ecc… sono atti di una vita normale. Dove sta allora la corruzione? E spiega che Gesù intende dire che gli uomini quando “si limitano a godere della vita, smarriscono perfino la percezione della corruzione” e la vivono in modo spensierato. E fa un esempio vicino alla nostra esperienza quotidiana:
Quando tu vai a fare qualcosa e la cosa è lenta, quel processo di fare è un po’ lento, quante volte si sente dire: “Ma, se mi dai una mancia io accelero questo”. Tante volte. “Dammi qualcosa e io vado più avanti”. Lo sappiamo bene, tutti noi.
La normalizzazione della corruzione
La corruzione, insiste Francesco, entra a far parte della normalità della vita e in questo modo tutto perde senso e valore:
I beni della vita sono consumati e goduti senza preoccupazione per la qualità spirituale della vita, senza cura per l’habitat della casa comune. Tutto si sfrutta, senza preoccuparsi della mortificazione e dell’avvilimento di cui molti soffrono, e neppure del male che avvelena la comunità. Finché la vita normale può essere riempita di “benessere”, non vogliamo pensare a ciò che la rende vuota di giustizia e di amore. “Ma, io sto bene! Perché devo pensare ai problemi, alle guerre, alla miseria umana, a quanta povertà, a quanta malvagità?
La corruzione che nasce dalla “spensieratezza che si rivolge solo alla cura di sé stessi”, afferma ancora il Papa, offusca la nostra coscienza “e ci rende, anche involontariamente, dei complici”. E dice che proprio la vecchiaia è nella posizione adatta per cogliere “l’inganno di questa normalizzazione di una vita ossessionata dal godimento e vuota di interiorità”.
Saremo noi a dare l’allarme, l’allerta: “State attenti, che questa è la corruzione, non ti porta niente”. La saggezza dei vecchi: ci vuole tanto, oggi, per andare contro la corruzione. Le nuove generazioni aspettano da noi vecchi, da noi anziani, una parola che sia profezia, che apra delle porte a nuove prospettive fuori da questo mondo spensierato della corruzione, dell’abitudine alle cose corrotte.
La vocazione alla cura dell’età anziana
Papa Francesco indica il senso della vecchiaia, una vocazione che le appartiene: essere profeti contro la corruzione, indicare ai giovani la via giusta facendo tesoro della propria esperienza. Dio sceglie il carisma della vecchiaia per prendersi cura “del futuro della generazione che è in pericolo”, sull’esempio di Noè “esempio di questa vecchiaia generativa”. Costruendo l’arca dell’accoglienza dove trovano riparo uomini e animali, egli “adempie il comando di Dio ripetendo il gesto tenero e generoso della creazione”. Così, “noi anziani dobbiamo prenderci cura dei giovani, dei bambini che sono in pericolo.” E conclude con un appello a tutte le persone, dice, “che hanno una certa età”:
State attenti: voi avete la responsabilità di denunciare la corruzione umana nella quale si vive e nella quale va avanti questo modo di vivere di relativismo, totalmente relativo, come se tutto fosse lecito. Andiamo avanti. Il mondo ha bisogno, ha necessità di giovani forti, che vadano avanti, e di vecchi saggi. Chiediamo al Signore la grazia della saggezza.