Michele Raviart – Città del Vaticano
“La riconciliazione tra cristiani separati, quale contributo alla pacificazione dei popoli in conflitto, risulta oggi quanto mai attuale, mentre il mondo è sconvolto da un’aggressione bellica crudele e insensata, nella quale tanti cristiani combattono tra di loro”. Ad affermarlo è Papa Francesco, nell’udienza a Casa Santa Marta ad una delegazione del Patriarcato ecumenico, giunto a Roma per la celebrazione della festi dei Santi Pietro e Paolo, patroni di Roma.
Un segno tangibile di fraterno dialogo
Una presenza, quella della delegazione, alla liturgia eucaristica celebrata ieri in San Pietro, che è “un segno tangibile che il tempo della distanza e dell’indifferenza, durante il quale si pensava che le divisioni fossero un fatto irrimediabile, è stato superato”. Oggi infatti, spiega Francesco, ringraziando il “caro fratello Bartolomeo”, Patriarca ecumenico e il Santo Sinodo per aver inviato la delegazione, “le nostre Chiese portano avanti un fraterno e proficuo dialogo e sono impegnate in modo convinto e irreversibile nel cammino verso il ristabilimento della piena comunione”.
Piangere, soccorrere, convertirsi davanti alla guerra
Di fronte allo scandalo della guerra, ribaadisce Francesco, “non c’è da fare considerazioni”, ma c’è da “piangere, soccorrere e convertirsi”:
C’è da piangere le vittime e il troppo sangue sparso, la morte di tanti innocenti, i traumi di famiglie, città, di un intero popolo: quanta sofferenza in chi ha perso gli affetti più cari ed è costretto ad abbondonare la propria casa e la propria patria.
Soccorrere questi fratelli e sorelle “è un richiamo alla carità che, in quanto cristiani, siamo tenuti a esercitare nei riguardi di Gesù migrante, povero e ferito”, mentre c’è anche bisogno di convertirsi, “per capire che conquiste armate, espansioni e imperialismi non hanno nulla a che vedere con il Regno che Gesù ha annunciato”.
Non trasformare il Dio di tutti nel Dio delle proprie ragioni
“Aiutiamoci, cari fratelli”, è l’invito del Papa, “a non cedere alla tentazione di imbavagliare la novità dirompente del Vangelo con le seduzioni del mondo” e di trasformare il Padre di tutti “nel Dio delle proprie ragioni e delle proprie nazioni”.
Da Lui ripartiamo, per comprendere che non è più il tempo di regolare le agende ecclesiali secondo le logiche di potere e convenienza del mondo, ma secondo l’audace profezia di pace del Vangelo. Con umiltà e tanta preghiera, ma anche con coraggio e parresia.
Realizzare un’autentica fraternità universale
“Chiese sorelle, popoli fratelli”, diceva infatti “l’indimenticabile patriarca ecumenico Athenagoras, pastore saggio e coraggioso”, scomparso cinquant’anni fa e continua a essere, per il Papa e per tanti, “fonte di ispirazione”:
La ricerca dell’unità dei cristiani non è dunque solo una questione interna alle Chiese. È una condizione imprescindibile per la realizzazione di un’autentica fraternità universale, che si manifesta nella giustizia e nella solidarietà verso tutti.
Camminare insieme da fratelli
In questo senso, ricorda in conclusione Papa Francesco, “un segno di speranza, nel cammino verso il ristabilimento della piena comunione, viene dalla riunione del Comitato di coordinamento della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa”, sospeso per due anni a causa della pandemia. L’auspicio è “che il dialogo teologico progredisca promuovendo una mentalità nuova che, conscia degli errori del passato, porti a guardare sempre più insieme al presente e al futuro, senza lasciarci intrappolare nei pregiudizi di altre epoche”:
Non accontentiamoci di una “diplomazia ecclesiastica” per rimanere gentilmente sulle proprie idee, ma camminiamo insieme da fratelli: preghiamo gli uni per gli altri, lavoriamo gli uni con gli altri, sosteniamoci vicendevolmente guardando a Gesù e al suo Vangelo.