Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa: la confessione, una medicina potente per l’anima e la psiche

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Davvero numerosi: circa ottocento chierici!”, Papa Francesco lo sottolinea rivolgendosi ai partecipanti all’annuale Corso sul foro interno, che riguarda il sacramento della Confessione, organizzato in questi giorni dalla Penitenzieria Apostolica. Con loro, nell’Aula Paolo VI, sono presenti il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, il reggente Krzysztof Józef Nykiel, i prelati, gli officiali e il personale della Penitenzieria, i Collegi dei Penitenzieri ordinari e straordinari delle Basiliche Papali in Urbe.

“Il perdono è un diritto umano”

Dando inizio al suo discorso, il Papa ribadisce “quanto sia prezioso e necessario, anche ai nostri giorni, il ministero della Riconciliazione, che rende visibile e realizza la misericordia di Dio per gli uomini”. Quindi spiega il valore del perdono facendo riferimento a una sua precedente espressione: “il perdono è un diritto umano”.

In effetti, esso è ciò a cui più profondamente anela il cuore di ogni uomo, perché, in fondo, essere perdonati significa essere amati per quello che siamo, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. E il perdono è un “diritto” nel senso che Dio, nel mistero pasquale di Cristo, lo ha donato in modo totale e irreversibile ad ogni uomo disponibile ad accoglierlo, con cuore umile e pentito.

I confessori, afferma ancora il Papa, “dispensando generosamente il perdono di Dio”, collaborano “alla guarigione degli uomini e del mondo”.

L’accoglienza apre il penitente alla Grazia 

Accoglienza, ascolto, accompagnamento sono le tre le dimensioni essenziali del ministero del confessore e Francesco desidera offrire spunti di riflessione su ciascuna: l’accoglienza, dice, è l’atteggiamento che aiuta il penitente ad accostarsi al Sacramento aprendosi al dono della Grazia. E spiega:

L’accoglienza è la misura della carità pastorale, che avete maturato nel cammino di formazione al sacerdozio ed è ricca di frutti sia per il penitente sia per lo stesso confessore, che vive la sua paternità, come il padre del figlio prodigo, pieno di gioia per il ritorno del figlio. Abbiamo noi questa accoglienza e questa gioia? La serenità di un confessore che sa accogliere, al giorno o alla sera: “Accomodati”, e lascia parlare. Creare il clima di pace, anche di gioia, no?

L’ascolto fa sentire veramente amati

Per vivere la dimensione dell’ascolto autentico, prosegue Francesco, occorre attenzione, disponibilità, pazienza. E’ “una forma di amore che fa sentire l’altro davvero amato”. E a questo proposito, lasciando il testo scritto, aggiunge: “per favore, togliere ogni curiosità”.

Delle volte ci sono dei penitenti che si vergognano di quello che stanno dicendo, non sanno come dire, ma danno un cenno. Il prefetto ci ha insegnato una cosa buona: quando capiamo la cosa: “Ho capito. Vai avanti. Un’altra cosa”. Risparmiare il dolore di dire le cose che non sanno come dire e non cadere nella curiosità di dire: “E come è stato? E quante volte?” 

Il Papa sottolinea ancora che l’ascolto fa bene anche al confessore:

L’ascolto implica una sorta di svuotamento: svuotarmi del mio io per accogliere l’altro. È un atto di fede nella potenza di Dio e nel compito che il Signore ci ha affidato. Solo per fede i fratelli e le sorelle aprono al confessore il loro cuore; quindi, hanno il diritto di essere ascoltati con fede, e con quella carità che il Padre riserva ai figli. E questo genera gioia!

Fare un tratto di strada insieme

Particolarmente delicato il terzo compito richiesto al confessore, l’accompagnamento. Papa Francesco osserva che non è il confessore il padrone della coscienza dell’altro, ma che a lui spetta semplicemente accompagnare, con prudenza e carità, “al riconoscimento della verità” nella esperienza concreta del penitente.

Accompagnare vuol dire prendersi cura dell’altro, camminare insieme a lui o a lei. Non basta indicare una meta, se poi non si è disposti a fare nemmeno un tratto di strada insieme. Per quanto breve possa essere il colloquio della confessione, da pochi dettagli si comprende già quali siano i bisogni del fratello o della sorella: ad essi siamo chiamati a rispondere, accompagnando soprattutto alla comprensione e all’accoglienza della volontà di Dio.

Il Papa invita a distinguere tra la confessione vera e propria coperta dal sigillo sacramentale e il colloquio spirituale che deve rimanere anch’esso riservato, ma in forma differente.

Che il Giubileo 2025 porti a tutti la misericordia di Dio

Francesco rivolge ai presenti, a cui è affidato questo ministero, la raccomandazione di “abitate volentieri il confessionale”. Dire: “Io ti assolvo dai tuoi peccati”, afferma, significa dire ad una persona che è preziosa agli occhi di Dio e “questa è una potentissima medicina per l’anima e anche per la psiche di tutti”. Per questo, in vista del Giubileo del 2025, il Papa invita la Penitenzieria a fare tutto il possibile perché il prossimo Anno Santo porti frutti abbondanti. “Vi incoraggio – conclude – a utilizzare tutta la creatività che lo Spirito suggerisce, perché la misericordia di Dio possa giungere ovunque e a tutti: perdono e indulgenza!”

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