Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Ecco che un uomo senza nome, un padrone di casa, gli presta la sua camera più bella. Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande sacramento ci vuole tutto grande, camera e cuore, parole e gesti”. Richiama le parole di don Primo Mazzolari, Papa Francesco, nella sua omelia per la solennità del Corpus Domini, per prefigurare l’immagine di una Chiesa che è “una sala grande”, dalle “porte aperte”, “dove tutti possono entrare”. E “non un circolo piccolo e chiuso”, ma “una Comunità con le braccia spalancate, accogliente verso tutti”. Una comunità dove si guarda all’Eucarestia con “stupore e adorazione”: se manca quello, avverte il Papa a braccio, “non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il Sinodo”.
La Chiesa dalle porte aperte
“La Chiesa dev’essere una sala grande”, afferma più riprese Francesco nella messa celebrata anche quest’anno all’Altare della Cattedra di San Pietro e non – a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia – nel tradizionale scenario del sagrato di San Giovanni in Laterano, con la processione fino a Santa Maria Maggiore, oppure in luoghi di periferia come avvenuto nel 2018, con la celebrazione a Ostia, e nel
Quella della sala grande è una delle tre immagini proposte dal Vangelo della Solennità, che il Pontefice usa come spunti di riflessione per la sua omelia. L’altra è l’uomo che porta una brocca d’acqua. “Seguitelo”, dice Gesù ai due discepoli inviati in città, perché dove li avrebbe condotti quell’uomo, là si sarebbe celebrata la Cena della Pasqua. Un uomo “anonimo” diventa dunque “guida per i discepoli”, mentre la brocca d’acqua è “segno di riconoscimento” che, dice il Papa, fa pensare all’“umanità assetata”, sempre alla ricerca di una sorgente d’acqua che la disseti e la rigeneri”.
Non possiamo farcela da soli
Bisogna riconoscerla, però, questa “sete di Dio” per celebrare l’Eucaristia. Bisogna sentirsi, cioè, “bisognosi di Lui”, “consapevoli che non possiamo farcela da soli ma abbiamo bisogno di un Cibo e di una Bevanda di vita eterna che ci sostengono nel cammino”, afferma il Pontefice. “Il dramma di oggi – osserva – è che spesso la sete si è estinta. Si sono spente le domande su Dio, si è affievolito il desiderio di Lui, si fanno sempre più rari i cercatori di Dio. Dio non attira più perché non avvertiamo più la nostra sete profonda”. Eppure, è il Signore “Colui che dona la vita nuova, che nutre di speranza affidabile i nostri sogni e le nostre aspirazioni, presenza d’amore che dona senso e direzione al nostro pellegrinaggio terreno”. La sete di Dio, rimarca il Papa, “ci porta all’altare”; se manca “le nostre celebrazioni diventano aride”.
Dio si fa piccolo come un pezzo di pane
Francesco si sofferma quindi sull’immagine della “sala grande, arredata e già pronta” per celebrare la cena pasquale: “Una sala grande per un piccolo pezzo di Pane. Dio si fa piccolo come un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare e accogliere”. “La presenza di Dio è così umile, nascosta, talvolta invisibile, che ha bisogno di un cuore preparato, sveglio e accogliente per essere riconosciuta”, rileva il Pontefice. “Invece se il nostro cuore, non ha una grande sala, somiglia a un ripostiglio dove conserviamo con rimpianto le cose vecchie; se somiglia a una soffitta dove abbiamo riposto da tempo il nostro entusiasmo e i nostri sogni; se somiglia a una stanza angusta, una stanza buia perché viviamo solo di noi stessi, dei nostri problemi e delle nostre amarezze, allora sarà impossibile riconoscere questa silenziosa e umile presenza di Dio”.
Stupore e adorazione davanti all’Eucarestia
Ci vuole una sala grande che, concretamente, significa che “allargare il cuore”. Quindi “uscire dalla piccola stanza del nostro io ed entrare nel grande spazio dello stupore e dell’adorazione”. Proprio lo stupore e l’adorazione, annota il Papa a braccio, è quello che ” ci manca tanto”: “Di tanti movimenti che noi facciamo per incontrarci, riunirci, pensare insieme la pastorale… Se manca questo, se manca lo stupore, l’adorazione, non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il Sinodo, niente”.
Dio non chiede nulla ma dona tutto
Infine una terza immagine: Gesù che spezza il Pane. “Il gesto eucaristico per eccellenza, il gesto identitario della nostra fede”, ma al contempo “un gesto sconvolgente”, dice Papa Francesco, perché se fino a quel momento si immolavano agnelli come sacrificio a Dio, “ora è Gesù che si fa agnello e si immola per donarci la vita”.
Delle solenni liturgie, solo l’amore resta
Questo “amore” siamo chiamati a vivere per celebrare l’Eucaristia. Perché, rimarca Papa Francesco, “non puoi spezzare il Pane della domenica se il tuo cuore è chiuso ai fratelli. Non puoi mangiare questo Pane se non dai il pane all’affamato. Non puoi condividere questo Pane se non condividi le sofferenze di chi è nel bisogno”. “Alla fine di tutto, anche delle nostre solenni liturgie eucaristiche, solo l’amore resterà. E fin da adesso le nostre Eucaristie trasformano il mondo nella misura in cui noi ci lasciamo trasformare e diventiamo pane spezzato per gli altri”.
Una Chiesa con la brocca in mano
“Diventiamo una Chiesa con la brocca in mano, che risveglia la sete e porta l’acqua”, è dunque l’esortazione conclusiva del Papa per questa festa del Corpus Domini. “Spalanchiamo il cuore nell’amore, per essere noi la sala spaziosa e ospitale dove tutti possano entrare a incontrare il Signore. Spezziamo la nostra vita nella compassione e nella solidarietà, perché il mondo veda attraverso di noi la grandezza dell’amore di Dio”.
Al termine della celebrazione, viene esposto il Santissimo Sacramento. Il Papa e i fedeli presenti in Basilica si raccolgono in adorazione silenziosa.