Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Lo sguardo dei cristiani e della Chiesa deve sempre abbracciare dal basso e cercare “chi è perduto, con compassione”, come quello di Gesù verso Zaccheo, e non può essere “uno sguardo dall’alto, che giudica, disprezza ed esclude”. Sguardo che a volte rivolgiamo anche a noi stessi, quando “ci sentiamo inadeguati e ci rassegniamo”, e non cerchiamo invece “l’incontro con Gesù” che guarda “con infinita fiducia a ciò che possiamo diventare”. Chiediamo a Maria il dono “di uno sguardo nuovo su di noi e sugli altri”. Sono le parole più forti con le quali Papa Francesco commenta, prima della preghiera dell’Angelus, il Vangelo della liturgia dei questa 31.ma domenica del tempo ordinario, che narra “l’incontro tra Gesù e Zaccheo, capo dei pubblicani nella città di Gerico”.
L’incontro tra Gesù e Zaccheo, nel segno del “cercare”
Il Papa sottolinea che al centro del racconto dell’evangelista Luca racconto c’è il verbo “cercare”. Zaccheo “cercava di vedere chi era Gesù” e Gesù, dopo averlo incontrato, afferma: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Ci sono quindi, per Francesco, due sguardi che si cercano: “Lo sguardo di Zaccheo che cerca Gesù e lo sguardo di Gesù che cerca Zaccheo”. Analizzando il primo, ricorda che Zaccheo è un pubblicano, “uno di quegli ebrei che raccoglievano le tasse per conto dei dominatori romani, un traditore della Patria, e approfittavano di questa loro posizione”. Per questo, “era ricco, odiato da tutti e additato come peccatore”.
Zaccheo ci insegna che nella vita non è mai tutto perduto
Luca scrive che “era piccolo di statura”, e con questo, spiega il Pontefice, “forse allude anche alla sua bassezza interiore, alla sua vita mediocre, disonesta, con lo sguardo sempre rivolto in basso”. Eppure, Zaccheo vuole vedere Gesù, e per riuscirci “salì su un sicomoro, perché doveva passare di là”. Lui “l’uomo che dominava tutto, fa il ridicolo e va sulla strada del ridicolo – per vedere Gesù. Pensiamo un po’ cosa accadrebbe se, per esempio, un ministro dell’economia salisse su un albero per guardare un’altra cosa: rischia la beffa. E Zaccheo ha rischiato la beffa per vedere Gesù”. Nella sua bassezza, commenta ancora il Papa, “sente il bisogno di cercare un altro sguardo, quello di Cristo”.
Ancora non lo conosce, ma aspetta qualcuno che lo liberi della sua condizione, che lo faccia uscire dalla palude in cui si trova. Questo è fondamentale: Zaccheo ci insegna che, nella vita, non è mai tutto perduto. Sempre possiamo fare spazio al desiderio di ricominciare, di ripartire, di convertirci.
Dio ci ha guardato dal basso, restituendoci dignità
Per questo è decisivo il secondo sguardo, quello di Gesù, che “è stato inviato dal Padre a cercare chi si è perduto”. E quando arriva a Gerico, “passa proprio accanto all’albero dove sta Zaccheo”. Luca narra che “Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua’”. È un’immagine molto bella, commenta Papa Francesco, “perché se Gesù deve alzare lo sguardo, significa che guarda Zaccheo dal basso”.
Gesù ci guarda con amore, ci chiama per nome e viene da noi
Ricordiamoci questo, è l’invito del Papa: “lo sguardo di Dio non si ferma mai al nostro passato pieno di errori, ma guarda con infinita fiducia a ciò che possiamo diventare”.
E se a volte ci sentiamo persone di bassa statura, non all’altezza delle sfide della vita e tanto meno del Vangelo, impantanati nei problemi e nei peccati, Gesù ci guarda sempre con amore: come con Zaccheo ci viene incontro, ci chiama per nome e, se lo accogliamo, viene a casa nostra.
Qual’è il nostro sguardo su di noi e sugli altri, se sbagliano?
Quindi, sottolinea Francesco, “possiamo chiederci: come guardiamo a noi stessi? Ci sentiamo inadeguati e ci rassegniamo, oppure proprio lì, quando ci sentiamo giù, cerchiamo l’incontro con Gesù? E poi: che sguardo abbiamo verso coloro che hanno sbagliato e faticano a rialzarsi dalla polvere dei loro errori?”
È uno sguardo dall’alto, che giudica, disprezza ed esclude? Ricordiamoci che è lecito guardare una persona dall’alto in basso soltanto per aiutarla a sollevarsi: niente di più. Ma noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre, lo sguardo di Cristo, non lo sguardo condannatore.
Preghiamo Maria, “di cui il Signore ha guardato l’umiltà” è l’invito finale del Pontefice, “e chiediamole il dono di uno sguardo nuovo su di noi e sugli altri”.