Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Tutto ebbe inizio nel 1980, una guerra definita “lampo”, ma poi durata quasi un decennio; poi la guerra del Golfo, terminata esattamente trent’anni fa. Dodici anni dopo, nel marzo 2003, il conflitto che segnò la fine di Saddam Hussein, e l’ascesa del terrorismo islamico nei dieci anni successivi.Infine quella iniziata nel 2014 e conclusasi meno di quattro anni fa, lasciando irrisolte diverse questioni, tra cui la presenza di milizie armate nel Paese.
Iraq e Iran
L’Iraq è dunque una terra segnata nell’ultimo mezzo secolo da più eventi tragici e da tante ferite ancora aperte. “La prima guerra durò 8 anni, sostanzialmente fu un conflitto che oppose l’Iraq sunnita all’Iran sciita e voluto da Saddam Hussein sia per scongiurare il rischio che gli sciiti iracheni seguissero il modello iraniano, sia per mettere le mani sul petrolio iraniano”. Lo afferma nell’intervista a Vatican News il professor Gianni La Bella, ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia. “Immaginata come ‘guerra lampo’, lasciò sul campo un milione di morti e terminò solo per esaurimento di forze e risorse delle parti”.
Il secondo conflitto
Quell’annoso conflitto causò anche la guerra successiva. “Quella iniziata nel 1990 divenne però anche uno scontro con l’Occidente, perché per la prima volta – sottolinea il docente universitario – gli stivali dei soldati americani calpestarono un territorio considerato sacro, una terra islamica. Questa è la rottura di un universo culturale e simbolico, l’inizio di una frattura profonda”. Ma quali le conseguenze per la popolazione? “Specialmente negli Anni ’90 i danni furono enormi: da un lato le distruzioni materiali, dall’altro quelle sanitarie. Molti bombardamenti furono fatti con il cosiddetto uranio impoverito, che moltiplicò in modo esponenziale i morti per tumore, coinvolgendo numerosi bambini. In una condizione – prosegue – dove anche il reddito monetario si azzera. I salari iracheni raggiunsero minimi storici, rendendo sterile tutto il mondo del lavoro in un Paese schiacciato dalla povertà dinanzi all’indifferenza generale della comunità internazionale. Non fece clamore, perché le sanzioni dovevano reprimere quel Governo”.
La guerra del 2003
Nel XXI secolo si chiude un’epoca per l’Iraq: quella di Saddam Hussein al potere. “Questo conflitto mobilita la comunità internazionale in una guerra che ha origine da una menzogna, quella delle armi in possesso dell’Iraq. L’obiettivo è cacciare definitivamente Saddam, ponendo in essere un conflitto giocato sul confronto tra Iraq e Stati Uniti”. Anche questa guerra produce conseguenze drammatiche per la popolazione. “Sancisce inoltre una frattura – prosegue La Bella – tra mondo arabo musulmano e mondo occidentale, che lascerà ampi strascichi sul terreno fino ai giorni nostri e sarà all’origine dell’ultima guerra, quella iniziata nel 2014”.
Il terrorismo
“Il decennio che va dal 2003 al 2014 con lo scoppio della guerra civile, vede l’Iraq vivere una situazione di povertà assoluta e di forte isolamento internazionale. Tutto ciò – sottolinea – esaspera i conflitti interni, facendo aumentare il settarismo e rompe quella convivenza che era stata alla base della storia dell’Iraq. Quell’armonia tra una componente importante nel nord del Paese, quella curda, e la componente sciita e sunnita”. I conflitti si esasperano e gli iracheni iniziano a combattersi tra loro. “L’Iraq è così una ‘non nazione’, controllata da potenze straniere, dove – prosegue lo storico – aumenta enormemente la voglia di rivincita ed il rancore”. Tutto ciò porta nel 2014 Abū Bakr al-Baghdādī ad estendere il suo potere, nel tentativo di creare il califfato. “Questa ideologia jihadista provoca un grande movimento di aggregazione di vaste fasce della popolazione, che cercano una rivincita attorno a questo credo fondamentalista”. Quindi la guerra civile. “Dal 2014 al 2017 sarà una guerra terribile, con distruzione di chiese, moschee, musei. Un’operazione di azzeramento di ogni brandello di umanità. Anni terribili in cui l’Iraq è stato sottoposto a violenze di ogni tipo che non hanno pari”.
Il viaggio apostolico di Francesco
“Questo dolore provato dalla popolazione – conclude La Bella – è in un certo senso, a mio avviso, il grande interlocutore del viaggio del Papa. Francesco andrà anche ad Ur dei Caldei, lì dove partì Abramo. Questa visita riafferma il no di tutte le grandi religioni ad ogni forma di solidarietà nei confronti della guerra. Credo che questo viaggio si annunci come uno dei punti più alti del suo pontificato”.