Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Le fake news e le ideologie sui vaccini. La pandemia e le sue conseguenze a livello sanitario, sociale, economico. L’accesso alle cure e ai vaccini. Le proxy wars e le guerre in Siria, Yemen, Ucraina, Sud Sudan. Poi la pericolosità della cancel culture e del pensiero unico, la responsabilità dell’educazione e la mancanza di lavoro. E ancora, l’economia, la cura della casa comune, il fenomeno delle migrazioni. Entra nei gangli del mondo attuale, Papa Francesco, nel lungo discorso al Corpo diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, denunciando drammi e ingiustizie e domandando azioni e prospettive per il futuro. Un futuro che – dice il Pontefice agli ambasciatori riuniti nell’Aula della Benedizione, per l’importante appuntamento di inizio anno – sarà “un tempo di opportunità per sviluppare nuovi servizi e imprese, adattare quelli già esistenti, aumentare l’accesso al lavoro dignitoso e adoperarsi per il rispetto dei diritti umani e di livelli adeguati di retribuzione e protezione sociale”.
Un ricordo del nunzio Giordano
Francesco ringrazia i rappresentanti dei 183 Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede (87 residenti a Roma). Poi, affrontando il tema del Covid-19, ricorda monsignor Aldo Giordano, nunzio apostolico in Venezuela, scomparso in Belgio il 2 dicembre 2020 a causa del coronavirus.
Vaccinare la popolazione
Giordano è una delle tante vittime di questa pandemia che “continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime” e che richiede ancora “un notevole sforzo da parte di tutti”, dice Francesco, che reitera l’importanza di “proseguire lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione”. “Ciò richiede un molteplice impegno a livello personale, politico e dell’intera comunità internazionale. Anzitutto a livello personale”.
“Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino”, raccomanda il Papa, e mette in guardia dai “forti contrasti ideologici” che ostacolano una serena campagna vaccinale.
Tante volte ci si lascia determinare dall’ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati. Ogni affermazione ideologica recide i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose. Proprio la pandemia ci impone, invece, una sorta di ‘cura di realtà’, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo.
I vaccini, strumento ragionevole
“I vaccini – aggiunge il Papa – non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia”. Alla politica il Vescovo di Roma chiede pertanto di “perseguire il bene della popolazione attraverso decisioni di prevenzione e immunizzazione”, che chiamino in causa anche i cittadini affinché si sentano “partecipi e responsabili”, per evitare confusione, sfiducia, “relativismo sociale”.
Assistenza sanitaria gratuita per tutti
Da qui l’appello alla comunità internazionale perché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura a cure mediche essenziali e vaccini, dal momento che in vaste aree del mondo l’assistenza sanitaria rimane “un miraggio”.
Esorto gli Stati, che si stanno impegnando per stabilire uno strumento internazionale sulla preparazione e la risposta alle pandemie sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad adottare una politica di condivisione disinteressata, quale principio-chiave per garantire a tutti l’accesso a strumenti diagnostici, vaccini e farmaci.
Il dolore di Lesbo
Ripercorrendo eventi, viaggi, udienze con capi di Stato e di governo che hanno scandito la sua agenda nell’anno appena passato, lo sguardo del Papa si sposta poi sui cinque continenti: dal Libano, “stretto dalla morsa di una crisi economica e politica”, al viaggio in Iraq, culla di civiltà il cui popolo “ha diritto a ritrovare la dignità che gli appartiene e di vivere in pace”. Poi i “pellegrinaggi” a Budapest per il Congresso eucaristico, in Slovacchia, e a Cipro e in Grecia. Proprio soffermandosi su quest’ultima tappa, non manca nel discorso del Papa un riferimento al toccante incontro con i migranti nell’isola di Lesbo.
Nei loro occhi c’è la fatica del viaggio, la paura di un futuro incerto, il dolore per i propri cari rimasti indietro e la nostalgia della patria che sono stati costretti ad abbandonare. Davanti a questi volti non possiamo rimanere indifferenti e non ci si può trincerare dietro muri e fili spinati con il pretesto difendere la sicurezza o uno stile di vita.
I migranti non sono un problema di altri
Papa Francesco indica azioni concrete per i profughi, le persone in fuga dall’Afghanistan così come i migranti al confine tra Usa e Messico: accoglienza, protezione, promozione umana, integrazione. Il Pontefice si dice consapevole delle “difficoltà” degli Stati di fronte a flussi ingenti di persone: “A nessuno può essere chiesto quanto è impossibilitato a fare, ma vi è una netta differenza fra accogliere, seppure limitatamente, e respingere totalmente”.
Occorre vincere l’indifferenza e rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri. L’esito di tale approccio lo si vede nella disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte.
Coesione interna nell’Ue sulle politiche migratorie
Purtroppo, annota il Papa, oggi molti migranti sono spesso trasformati in “arma di ricatto politico” o in “merce di contrattazione”. “L’Unione Europea trovi la sua coesione interna nella gestione delle migrazioni, come l’ha saputa trovare per far fronte alle conseguenze della pandemia”, è perciò l’appello del Papa, che chiama in causa agli altri Paesi interessati dal flusso di esuli da Africa e Asia o dagli esodi massicci nel continente americano.
“La questione migratoria, come anche la pandemia e il cambiamento climatico, mostrano chiaramente che nessuno si può salvare da sé, ossia che le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali”, rimarca Francesco, lamentando quella “mancanza di volontà nel voler aprire finestre di dialogo e spiragli di fraternità” che finisce per alimentare ulteriori tensioni e divisioni, nonché un generale senso di incertezza e instabilità.
Occorre, invece, recuperare il senso della nostra comune identità di unica famiglia umana. L’alternativa è solo un crescente isolamento, segnato da preclusioni e chiusure reciproche che di fatto mettono ulteriormente in pericolo il multilateralismo.
Pensiero unico pericoloso
Nel discorso di Francesco anche una critica al “deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali”, dato dal fatto che “non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”.
Papa Francesco ribadisce quanto già affermato in altre occasioni e cioè che si tratta di “una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche”.
In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca.
Valorizzare le diversità e sensibilità storiche
La diplomazia multilaterale è chiamata perciò ad essere “veramente inclusiva, non cancellando ma valorizzando le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli”, non dimenticando mai che ci sono alcuni “valori permanenti” come il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa.
Clima: strada lunga, tempo sempre meno
In tale prospettiva, Francesco rinnova l’urgenza di affrontare la cura della nostra casa comune, che soffre a causa di “un continuo e indiscriminato sfruttamento delle risorse”. La mente torna alla Cop26 dello scorso settembre a Glasgow: diversi i passi avanti nella giusta direzione, ma “piuttosto deboli rispetto alla consistenza del problema da affrontare”, rileva il Papa. La strada per conseguire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è “complessa” e “ancora lunga”, mentre il tempo a disposizione è sempre meno. Il 2022 sia quindi “un altro anno fondamentale” per rafforzare un’azione comune in vista della Cop27, prevista in Egitto a novembre.
Le proxy wars e le guerre dimenticate
“Dialogo e fraternità sono i due fuochi essenziali per superare le crisi del momento presente”, aggiunge il Pontefice. “Tutta la comunità internazionale deve interrogarsi sull’urgenza di trovare soluzioni a scontri interminabili, che talvolta assumono il volto di vere e proprie guerre per procura”, le cosiddette “proxy wars”. Il pensiero è anzitutto per la Siria, “dove ancora non si vede un orizzonte chiaro” per una rinascita, poi il conflitto in Yemen, tragedia che si consuma da anni in silenzio, il processo di pace tra Israele e Palestina, le tensioni istituzionali in Libia, gli episodi di violenza di matrice terroristica nel Sahel e in Sudan, i conflitti tra Sud Sudan ed Etiopia. Papa Francesco denuncia pure i “conflitti sociali” nel continente americano, alimentati da profonde disuguaglianze, ingiustizie e corruzione endemica, invoca “soluzioni accettabili e durature” in Ucraina e nel Caucaso meridionale, e chiede di evitare nuove crisi nei Balcani. Dialogo e fraternità sono quanto mai urgenti anche per la crisi in Myanmar, dove le strade prima luogo di incontro sono ora teatro di scontro.
Immorale il possesso di armi nucleari
Tutti questi conflitti, afferma Francesco, sono agevolati dall’“abbondanza di armi” a disposizione e dalla “mancanza di scrupoli” di quanti si adoperano a diffonderle.
A volte ci si illude che gli armamenti servano solo a svolgere un ruolo dissuasivo contro possibili aggressori. La storia, e purtroppo anche la cronaca, ci insegnano che non è così. Chi possiede armi, prima o poi finisce per utilizzarle.
In tema delle armi, speciale preoccupazione destano quelle nucleari. Papa Francesco ribadisce la posizione della Santa Sede nel sostenere che “le armi nucleari sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è immorale”. Importante, da questo punto di vista, la ripresa a Vienna dei negoziati circa l’Accordo sul nucleare con l’Iran (Joint Comprehensive Plan of Action).
Tutelare l’educazione
A conclusione del suo discorso, il Papa concentra la sua attenzione sui temi di educazione e lavoro. Educazione quale vettore primario dello sviluppo umano integrale, che rende la persona “libera e responsabile” e forma le nuove generazioni: “Il processo educativo è lento e laborioso, talvolta può indurre allo scoraggiamento, ma mai vi si può rinunciare”.
Fare chiarezza sui casi di abusi
“La Chiesa Cattolica ha sempre riconosciuto e valorizzato il ruolo dell’educazione per la crescita spirituale, morale e sociale delle giovani generazioni”, rimarca il Papa, che si dice pertanto profondamente addolorato che in luoghi educativi come parrocchie e scuole “si siano consumati abusi sui minori, con gravi conseguenze psicologiche e spirituali sulle persone che li hanno subiti”. “Si tratta di crimini, sui quali vi deve essere la ferma volontà di fare chiarezza, vagliando i singoli casi, per accertare le responsabilità, rendere giustizia alle vittime e impedire che simili atrocità si ripetano in futuro”, dice il Papa. “Nonostante la gravità di tali atti, nessuna società può mai abdicare alla responsabilità di educare. Duole constatare, invece, come spesso, nei bilanci statali, “poche risorse vengano destinate all’educazione”, mentre “si tratta del miglior investimento possibile”.
Il valore del lavoro
Sulla questione lavoro, Papa Francesco ricorda le conseguenze sull’economia mondiale causate dalla pandemia, con gravi ricadute su famiglie e lavoratori, molti dei quali costretti a “entrare nell’ambito dell’economia sommersa, privandoli dei sistemi di protezione sociale previsti in molti Paesi”. In questo quadro, la consapevolezza del valore del lavoro acquista un’importanza ulteriore:
Non esiste sviluppo economico senza il lavoro, né si può pensare che le moderne tecnologie possano rimpiazzare il valore aggiunto procurato dal lavoro umano
Papa Francesco chiede pertanto una maggiore cooperazione tra tutti gli attori a livello locale, nazionale, regionale e globale, per favorire la crescita umana e dare “un contributo concreto all’edificazione della pace”.