Il Papa: il Sinodo, non una dogana ma esperienza di una Chiesa ospitale

Vatican News

Nella Messa di apertura dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il Papa invita ad affrontare le sfide e i problemi di oggi non con uno spirito divisivo e conflittuale, ma centrando lo sguardo su Dio, per essere una Chiesa che ascolta e dialoga e non si divide. Il protagonista è lo Spirito Santo che frantuma le nostre aspettative e crea cose nuove, dice il Pontefice che chiede di imitare San Francesco d’Assisi per raggiungere tutti con il Vangelo

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Non ci serve uno sguardo immanente, fatto di strategie umane, calcoli politici o battaglie ideologiche. Che si insinuano: se il Sinodo darà questo permesso, dell’altro, aprirà questa porta, l’altra… questo non serve. Non siamo qui per portare avanti una riunione parlamentare o un piano di riforme. Il Sinodo, cari fratelli e sorelle, non è un parlamento, il protagonista è lo Spirito Santo. No. Non siamo qui per fare parlamento: siamo qui per camminare insieme con lo sguardo di Gesù, che benedice il Padre e accoglie quanti sono affaticati e oppressi. Partiamo dunque dallo sguardo di Gesù, che è uno sguardo benedicente e accogliente.

Esorta la Chiesa a contemplare l’azione di Dio e a discernere il presente, Papa Francesco aprendo la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi con la Messa celebrata in piazza San Pietro, nel giorno della memoria liturgica di San Francesco d’Assisi, con i nuovi cardinali e il Collegio cardinalizio. E ancora, nella sua omelia, la incoraggia a non perdersi d’animo “fra le onde talvolta agitate del nostro tempo”, a non cercare “scappatoie ideologiche”, a non barricarsi “dietro convinzioni acquisite”, a non cedere “a soluzioni di comodo” e a non lasciarsi “dettare l’agenda dal mondo”. Il Papa, davanti a 25 mila fedeli, affiancato da 490 concelebranti – 120 porporati e 370 padri sinodali, fra sacerdoti e vescovi – richiama anche il discorso iniziale del Concilio Ecumenico Vaticano II di Giovanni XXIII, che raccomandava alla Chiesa di restare salda nel “sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi” e al contempo “di guardare al presente”, e invita a non affrontare “le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale”, bensì volgendo “gli occhi a Dio che è comunione”.

Il compito primario dell’assemblea sinodale

Ma come far conoscere la rivelazione di Dio all’uomo di oggi, perché diventi salvezza? Per Francesco è proprio il Sinodo ad offrire risposte.

Questo è il compito primario del Sinodo: ricentrare il nostro sguardo su Dio, per essere una Chiesa che guarda con misericordia l’umanità. Una Chiesa unita e fraterna, o almeno che cerca di essere unita e fraterna, che ascolta e dialoga; una Chiesa che benedice e incoraggia, che aiuta chi cerca il Signore, che scuote beneficamente gli indifferenti, che avvia percorsi per iniziare le persone alla bellezza della fede. Una Chiesa che ha Dio al centro perciò non si divide all’interno e non è mai aspra all’esterno. Una Chiesa che rischia con Gesù. Così Gesù vuole la Chiesa, la sua Sposa.

La Chiesa e le sfide culturali e pastorali di oggi

Cuore della riflessione del Pontefice è l’episodio evangelico che mostra Gesù con “uno sguardo capace di vedere oltre”: Giovanni Battista dubita della sua identità, “tante città che ha attraversato, nonostante i prodigi compiuti, non si sono convertite; la gente lo accusa di essere un mangione e un beone, mentre poco prima si era lamentata del Battista perché era troppo austero”, ma Lui “non si lascia risucchiare dalla tristezza”, anzi rende lode a Dio perché si rivela ai piccoli e ai poveri in spirito. Gesù, in pratica, “riesce a scorgere il bene nascosto che cresce, il seme della Parola accolto dai semplici, la luce del Regno di Dio che si fa strada anche nella notte”, spiega il Papa, e si volge “verso i più deboli, i sofferenti, gli scartati”.

Questo sguardo accogliente di Gesù invita anche noi ad essere una Chiesa ospitale. Non con le porte chiuse. In un tempo complesso come il nostro, emergono sfide culturali e pastorali nuove, che richiedono un atteggiamento interiore cordiale e gentile, per poterci confrontare senza paura. Nel dialogo sinodale, in questa bella “marcia nello Spirito Santo” che compiamo insieme come Popolo di Dio, possiamo crescere nell’unità e nell’amicizia con il Signore per guardare alle sfide di oggi con il suo sguardo; per diventare, usando una bella espressione di San Paolo VI, una Chiesa che “si fa colloquio”.

Parla di “una Chiesa “dal giogo dolce”, Francesco, “che non impone pesi”, che si apre a chi ha “smarrito la via” o si sente lontano, una “Chiesa delle porte a aperte a tutti, tutti, tutti”, ripete come ribadito più volte ai giovani, a Lisbona, durante la Giornata mondiale della gioventù.

Camminare sulle orme di San Francesco

Le difficoltà e le sfide di oggi non devono portare la Chiesa ad essere “rigida, una dogana”, ad armarsi “contro il mondo” e guardare “all’indietro”, ad essere “tiepida”, ad arrendersi alle “mode del mondo”, a ripiegarsi su sé stessa, avverte il Papa, che cita il libro dell’Apocalisse, dove Gesù dice: “Io sono alla porta e busso perché la porta sia aperta”.

Ma tante volte, fratelli e sorelle, Lui bussa alla porta ma da dentro della Chiesa perché lasciamo il Signore uscire con la Chiesa a proclamare il suo Vangelo.

C’è da camminare “sulle orme di San Francesco d’Assisi, il Santo della povertà e della pace”, sollecita il Pontefice, aggiungendo che il Poverello si spogliò di tutto per rivestirsi di Cristo – cosa “difficile questa spogliazione interiore e anche esteriore di tutti noi e anche delle istituzioni” – e che non esitò quando “il Crocifisso gli disse: ‘Va’ e ripara la mia chiesa’”.

Il Sinodo serve a ricordarci questo: la nostra Madre Chiesa ha sempre bisogno di purificazione, di essere “riparata”, perché noi tutti siamo un Popolo di peccatori perdonati, ambedue le cose: peccatori perdonati, sempre bisognosi di ritornare alla fonte che è Gesù e di rimetterci sulle strade dello Spirito per raggiungere tutti col suo Vangelo.

Il Sinodo un luogo di grazia e di comunione

E ancora, Francesco chiede di imitare il Poverello di Assisi, che “in un tempo di grandi lotte e divisioni, tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e altri credenti, non criticò e non si scagliò contro nessuno”, imbracciò “solo le armi del Vangelo: cioè l’umiltà e l’unità, la preghiera e la carità”.

E se il Popolo santo di Dio con i suoi pastori, da ogni parte del mondo, nutre attese, speranze e pure qualche paura sul Sinodo che iniziamo, ricordiamo ancora che esso non è un raduno politico, non è un parlamento, è una convocazione nello Spirito; non un parlamento polarizzato, ma un luogo di grazia e di comunione.

Proprio lo Spirito Santo, che “spesso frantuma le nostre aspettative per creare qualcosa di nuovo, che supera le nostre previsioni e le nostre negatività”, è il protagonista dell’assemblea sinodale, chiarisce il Papa. “Apriamoci a Lui e invochiamo Lui” conclude, “e con Lui camminiamo, nella fiducia e con gioia”.