Il Papa: i vecchi, una luce per le altre età della vita

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

La catechesi di oggi ha per titolo “Le doglie della creazione. La storia della creatura come mistero di gestazione”. 

“Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. (Rm 8,22-24)”

A pochi giorni dalla festa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, Papa Francesco presenta ai fedeli il compimento del disegno di Dio sulla Madre di Gesù, cioè il suo ricongiungimento con Cristo Risorto celebrato dalla Chiesa d’Oriente e d’Occidente che, afferma, “illumina anche la nostra destinazione”. Francesco non intende tanto collegare questo mistero di Maria al tema della morte, quanto a quello della risurrezione di Gesù “che apre la via della generazione alla vita per tutti noi”. Secondo la fede cristiana, infatti, “il Risorto è primogenito di molti fratelli e sorelle”. Ricordando le parole di Gesù a Nicodemo, il Papa dice che la risurrezione “è un po’ come una seconda nascita”, una nascita al cielo e afferma:

Come, appena usciti dal seno di nostra madre, siamo sempre noi, lo stesso essere umano che era nel grembo, così, dopo la morte, nasciamo al cielo, allo spazio di Dio, e siamo ancora noi che abbiamo camminato su questa terra. Analogamente a quanto è accaduto a Gesù: il Risorto è sempre Gesù: non perde la sua umanità, il suo vissuto, e neppure la sua corporeità, no, perché senza di essa non sarebbe più Lui, non sarebbe Gesù: cioè, con la sua umanità, con il suo vissuto.

Gesù dopo la risurrezione

Apparendo dopo la morte ai suoi, Gesù mostra le sue ferite a dimostrazione che è Lui, ma esse non sono più segno delle brutture subite, quanto la prova del suo amore estremo.

Gesù risorto con il suo corpo vive nell’intimità trinitaria di Dio! E in essa non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Ai suoi amici ha promesso: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto – Lui se ne è andato per prepararci il posto, a tutti noi – e quando sarò andato e avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.

Nel regno di Dio 

Il Risorto ci dice che nel mondo di Dio il nostro corpo sarà trasfigurato ma non sarà cancellata la sua identità.

Noi non possiamo immaginare questa trasfigurazione della nostra corporeità mortale, ma siamo certi che essa manterrà riconoscibili i nostri volti e ci consentirà di rimanere umani nel cielo di Dio.

La saggezza della vecchiaia

Papa Francesco ricorda che Gesù, “quando parla del Regno di Dio, lo descrive come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici” e invita a prendere sul serio queste parole disponendoci “a godere dell’amore operoso e creativo di Dio”. “La vita del corpo risorto sarà cento e mille volte più viva di come l’abbiamo assaggiata su questa terra”, afferma. La riflessione prosegue con un elogio alla vecchiaia, tempo in cui l’importanza delle piccole cose di cui si compone la vita “si rende più acuta”. L’importanza di una carezza, ad esempio, di un sorriso, di un legame fedele.

L’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti e dell’intera comunità. I vecchi dovrebbero essere questo per gli altri: luce per gli altri. L’intera nostra vita appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà.

Solo un passaggio e poi la festa con il Signore

La riflessione di Papa Francesco termina con un pensiero che apre all’attesa e alla speranza: “Sì, cari fratelli e sorelle, specialmente voi anziani, il meglio della vita è ancora tutto da vedere”. E a braccio aggiunge: “Ma siamo vecchi, cosa dobbiamo vedere in più? Il meglio”, “Speriamo, speriamo questa pienezza di vita che ci aspetta tutti, quando il Signore ci chiami”. Poi ritorna sul concetto dell’attesa che, precisa, “non è un’attesa anestetizzata, non è un’attesa annoiata, no, è un’attesa con trepidazione”. E conclude:

Quando verrà il mio Signore? Quando potrò andare là? Un po’ di paura perché questo passaggio non so cosa significa e passare quella porta dà un po’ di paura, ma c’è sempre la mano del Signore che ti porta avanti e passata la porta c’è la festa. Siamo attenti, voi cari vecchi e care vecchiette, coetanei, siamo attenti, Lui ci sta aspettando, soltanto un passaggio e poi la festa.