In una realtà complessa come quella di oggi in cui tanti, “tirati da mille parti”, si sentono “frammentati dentro” e “incapaci di trovare un punto fermo”, Gesù “ci indica il segreto della stabilità nel rimanere in Lui”, come i tralci innestati nella vite da cui traggono la linfa per vivere. Da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità, sottolinea l’omelia del Papa letta dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che nel pomeriggio, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, ha celebrato i Vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nella Solennità della Conversione di San Paolo. Per il ripresentarsi della sciatalgia, analogamente alla Messa di ieri, Francesco non ha potuto presiedere la cerimonia che ha visto insieme molti esponenti delle varie comunioni cristiane.
Come primo atto, assieme al cardinale Koch, due rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali – l’ortodosso Atanasie di Bogdania, vescovo vicario della Diocesi ortodossa romena d’Italia, e l’anglicano Sua Grazia Ian Ernest, arcivescovo direttore del Centro Anglicano di Roma e rappresentante della Comunione Anglicana presso la Santa Sede – scendono alla tomba dell’Apostolo delle genti, dove sostano per alcuni istanti in preghiera. La pandemia segna anche questa celebrazione come si vede dall’esigua presenza di fedeli, tutti muniti di mascherina.
Tre livelli di unità
“Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto” (Gv 15, 5-9) è il tema su cui, dal 18 al 25 gennaio, le Chiese e le confessioni cristiane hanno riflettuto e che il Papa dipana nel suo discorso centrato sull’”indispensabile unità” che, nota, ha più livelli, come tre anelli concentrici di un tronco. Il primo, “quello più interno è rimanere in Gesù” da cui scaturisce “la nostra integrità personale”, il secondo riguarda l’unità con i cristiani, con l’invito a mettere in secondo piano “gli ostacoli di un tempo”, e il terzo, il più ampio, con l’umanità intera. Un forte anelito in questo senso si sprigiona dall’auspicio del Papa:
Rimaniamo uniti in Cristo: lo Spirito Santo, effuso nei nostri cuori, ci faccia sentire figli del Padre, fratelli e sorelle tra di noi, fratelli e sorelle nell’unica famiglia umana. La Santissima Trinità, comunione d’amore, ci faccia crescere nell’unità.
La preghiera e l’adorazione, concretamente, costituiscono “l’essenziale del rimanere in Lui” mettendo ciò che popola il nostro cuore, gioie e paure, nel cuore del Signore.
Crescere nell’amore
Come “vasi comunicanti”, il bene e il male fatto da ciascuno si riversa sugli altri, si ricorda ancora nell’omelia, facendo riferimento a quell’unità con i cristiani che costituisce il secondo cerchio. Il Papa nota che nella vita spirituale vige una sorta di “legge della dinamica” per cui “nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e nella misura in cui ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio”.
La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo. Non è infatti possibile incontrare Gesù senza il suo Corpo, composto di molte membra, tante quanti sono i battezzati. Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono, perché, anche se non sono “dei nostri”, sono suoi.