Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
“Guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo, lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza”. Francesco affida a twitter il suo pensiero in occasione dell’odierna Giornata internazionale per i diritti dei migranti. Già all’Angelus dello scorso 8 dicembre, nella Solennità dell’Immacolata Concezione, il Papa aveva riferito queste parole parlando del suo viaggio a Cipro e in Grecia, ma in particolare a Lesbo.
Lojudice: il Papa a Cipro e in Grecia esempio di fede incarnata
L’arcivescovo di Siena, il cardinale Paolo Lojudice, in un dialogo con Telepace, invita proprio a concentrarsi sul “magistero dei segni di Francesco” per coglierne il significato evangelico. Segni concreti come quelli prodotti nel 35 esimo viaggio apostolico, terminato lo scorso 6 dicembre. La fede cristiana, afferma il porporato, richiede di vivere il Vangelo attuandolo nella realtà, altrimenti è un’altra cosa. L’arcivescovo di Siena utilizza questa cornice per descrivere l’essenza del recente viaggio di Papa Francesco. Ripercorrendo le immagini chiave delle giornate trascorse ai confini dell’Europa, il presule invita soprattutto a concentrarsi sull’instancabile opera di traduzione del Vangelo da parte del Papa specie nelle situazioni dolorose del mondo.
“Colpisce sempre – afferma – vedere questo abbraccio così spontaneo del Papa con alcuni bambini, uno dei quali gli si è letteralmente buttato al collo”. Uno dei momenti destinato a rimanere impresso nella mente e nei cuori di tutti che spinge il cardinale Lojudice a parlare del “magistero dei gesti di Papa Francesco”. Si tratta – spiega – di quelle scene alle quali il successore di Pietro ci ha ormai abituati che si basano sulla coerenza e cioè sulla dimostrazione pratica dell’annuncio attraverso il proprio corpo. “È l’idea di una fede cristiana che va declinata e tradotta nella realtà: una fede incarnata, che non può fare a meno di questa immediatezza e di questo esserci”.
Gli sguardi che interrogano
Sulla scia dell’esempio degli altri Papi, anche Francesco vuole andare agli estremi confini della terra per guardare negli occhi le persone più bisognose e sofferenti. “E questo – afferma il cardinale Lojudice – significa dare quella concretezza che il Vangelo porta inevitabilmente con sé, ricordandoci che la fede cristiana ha a che fare con la vita di tutti i giorni e che per nessun motivo può essere distillata o tento meno messa in un archivio o in un museo”. L’auspicio è che le scelte di Francesco possano provocare conseguenze, in particolare per quanto riguarda le scelte dell’Europa in tema di accoglienza dei migranti.
Un cambio di passo
“Speriamo che questi gesti tocchino effettivamente le coscienze di chi ha il compito e il dovere di intervenire in certe direzioni”, dice l’arcivescovo di Siena evocando il prezioso lavoro sotterraneo delle associazioni caritative. Allo stesso tempo, non bisogna trascurare le resistenze a fronte dei continui richiami del Papa su alcuni temi. “Purtroppo – avverte – anche nelle nostre comunità ci sono delle frange che colgono meno la valenza e l’importanza evangelica di questi discorsi, sebbene quello che essenzialmente il Papa dice sull’accoglienza non è nient’altro che un’esortazione ad applicare il Vangelo nella realtà”. Ma qual è la ragione dell’atteggiamento messo in campo da alcuni cristiani? “Non nascondiamo che oltre ad essere distratti dalle preoccupazioni legate al lavoro e alla pandemia, c’è un piccolo zoccolo che magari pensa che la fede cattolica vada solamente difesa e che quindi tutto ciò che proviene dall’altro rappresenti una minaccia. Tuttavia – conclude – questo è chiaramente un travisamento del pensiero cristiano ed evangelico”.