Il Papa: gli adulti imparino dai bambini la cura della casa comune

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Francesco firma la prefazione del libro di padre Enzo Fortunato e Aldo Cagnoli, “L’Enciclica dei bambini. Rieducare il mondo degli adulti” edito da San Paolo, che sarà presentato domenica 29 ottobre alle 17.30, nell’Auditorium Kolbe in via san Teodoro 42 a Roma. Un testo dedicato ai bimbi, ma che si rivolge anche agli adulti, che affronta il tema dell’ecologia e dell’importanza che riveste la cura del pianeta e del Creato

Papa Francesco

Sono passati più di cinquant’anni da quando a Stoccolma, il 5 giugno 1972, si riunì la prima grande Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente umano. Quell’incontro costituì l’inizio di un percorso che ha portato la comunità internazionale a confrontarsi sul tema della cura della casa comune. È così che quella data, il 5 giugno, è divenuta oggi la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Non dimentico quando nel 2014, invitato dal Parlamento europeo, incontrai la ministra dell’Ambiente, Ségolène Royal. Con quest’ultima parlai di quello che stavo scrivendo sull’ambiente e del progetto di un lavoro comune con scienziati e teologi. «Per favore, lo pubblichi prima della Conferenza sul clima di Parigi»: furono queste le parole della ministra. E in effetti il 2015 fu l’anno dell’enciclica Laudato si’.

Ma dopo Parigi purtroppo le cose non sono andate come speravo, e questo continua a preoccuparmi. Sono tornato sul tema nel 2020 quando ho pubblicato la Querida Amazonia. Ho sempre pensato che la crisi ecologica sia l’altra faccia della crisi sociale, culturale e spirituale della modernità. «Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali» (Laudato si’, 119).

Ecologia e fratellanza corrono sullo stesso sentiero: se vogliamo risolvere in modo efficace il problema della cura del nostro pianeta dobbiamo prima compiere una conversione del cuore. A questo proposito mi piace ricordare una citazione di Konrad Adenauer del 1952: «Il futuro dell’Occidente non è tanto minacciato dalla tensione politica, quanto dal pericolo della massificazione, dell’uniformità del pensiero e del sentimento; in breve, da tutto il sistema di vita, dalla fuga delle responsabilità, con l’unica preoccupazione per il proprio io».

Il fenomeno del cambiamento climatico ci richiama insistentemente alle nostre responsabilità: esso investe in particolare i più poveri e più fragili, coloro che meno hanno contribuito alla sua evoluzione. È dapprima una questione di giustizia e poi di solidarietà. Il cambiamento climatico ci riporta anche a fondare la nostra azione su una cooperazione responsabile da parte di tutti: il nostro mondo è ormai troppo interdipendente e non può permettersi di essere suddiviso in blocchi di Paesi che promuovano i propri interessi in maniera isolata o insostenibile. «È necessario che oggi l’intera comunità internazionale ponga come priorità l’attuazione di azioni collegiali, solidali e lungimiranti» (Messaggio al Presidente della COP26, 29 ottobre 2021) ri-conoscendo «la grandezza, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta» ( Laudato si’ , 15).

Una sfida grande, urgente e bella, che richiede una dinamica coesa e propositiva. Una sfida «grande» e impegnativa, perché richiede un cambio di rotta, un deciso cambiamento dell’attuale modello di consumo e di produzione, troppo spesso impregnato nella cultura dell’indifferenza e dello scarto, scarto dell’ambiente e scarto delle persone. Abbiamo recentemente assistito all’incredibile operazione di salvataggio dei quattro bambini colombiani dispersi nella giungla, dopo quaranta giorni di ricerca. Salvi, grazie alla loro forza, alla loro «capacità di vita» che noi adulti spesso sottovalutiamo, e salvi grazie ai preziosi insegnamenti della nonna materna, a quell’indispensabile eredità tra generazioni che andrebbe coltivata e custodita con più consapevolezza. Tra l’altro un’azione di salvataggio compiuta dall’Esercito, e mi rallegra il fatto che in questo caso le forze armate siano state impiegate in azioni diverse da quelle belliche.

Ma i miracoli accadono dove è ancora esistente questo legame ancestrale tra generazioni, e nello specifico, e in modo ancora più significativo, quello tra nonni e nipoti, in questo caso in una cultura diversa da quella occidentale. È necessario allora accelerare questo cambiamento di rotta a favore di una cultura della cura come si curano i bambini che ponga al centro la dignità umana e il bene comune e che sia alimentata da «quell’alleanza tra essere umano e ambiente che dev’essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 50).

È necessario altresì un passaggio di consegne simbolico dagli adulti ai bambini. È necessaria una cura della casa comune questo nostro pianeta maltrattato, con la corresponsabilità più o meno gravosa di tutti noi. Solo questa inversione di paradigma, con i bambini che insegnano e sensibilizzano gli adulti, può portare una vera speranza di cambiamento. I bambini custodiscono un senso della bellezza ancora intatto. Lasciamo che ci parlino. E come questi ascoltano i propri nonni, noi proviamo ad ascoltare loro. «Non rubiamo alle nuove generazioni la speranza in un futuro migliore». Cari bambini, vi abbraccio, e sappiate che il vostro Papa e «nonno» farà di tutto perché possiate vivere in un mondo bello e buono. In questo viaggio vi accompagni san Francesco, un esempio bello e incoraggiante. Lui che è stato un attento ascoltatore della Buona Notizia.