Il Papa: evitare ogni forma di violenza in Centrafrica

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Dopo aver concluso la recita dell’Angelus nel giorno dell’Epifania, Papa Francesco ha assicurato di seguire “con attenzione e preoccupazione gli eventi nella Repubblica centrafricana”. 

Si sono recentemente svolte delle elezioni con le quali il popolo ha manifestato il desiderio di proseguire sulla via della pace. Invito perciò tutte le parti a un dialogo fraterno e rispettoso, a respingere l’odio ed evitare ogni forma di violenza.

La Repubblica Centrafricana è uno dei Paesi più poveri e instabili di tutta l’Africa, nonostante sia ricca di risorse, come i diamanti e l’uranio. Secondo l’ONU, metà della popolazione del Paese è dipendente dagli aiuti umanitari e un quinto è sfollata.

Il difficile voto

Domenica 27 dicembre 2020 nella Repubblica Centrafricana si è votato per rinnovare il parlamento ed eleggere il presidente, nonostante i timori di attacchi e l’aumento delle violenze tra governo e ribelli. Dall’inizio di dicembre scorso, la situazione nel Paese è diventata molto tesa. Un sodalizio di gruppi armati, la Coalizione dei patrioti per il cambiamento (Cpc), ha intensificato gli attacchi dopo la decisione della Corte costituzionale di escludere dai candidati l’ex presidente François Bozizé, appoggiato dai ribelli e avversario dell’attuale presidente, Faustin Archange Touadéra, in cerca del secondo mandato. Il governo centrafricano e l’Onu si sono opposti alla richiesta dei ribelli di rinviare le elezioni. Il presidente Touadéra ha accettato l’aiuto di Paesi stranieri per cercare di mantenere il controllo sul territorio nazionale.

Un appello all’unità, alla responsabilità e alla pace per un Paese che ha sofferto tanto: è stato quello levato dai vescovi della Repubblica Centrafricana a pochi giorni dalle elezioni presidenziali. 

Il principale sfidante di Touadéra è Anicet-Georges Dologuélé, ex primo ministro appoggiato da Bozizé. Proprio la competizione tra Touadéra e Bozizé ha alimentato di recente le tensioni nel Paese.

La crisi tra il 2013 e il 2016

Bozizé era arrivato al potere nel 2003 con un colpo di stato, e negli anni successivi aveva vinto due elezioni considerate da molti non regolari a causa di brogli: tra il 2008 e il 2013 il suo primo ministro era stato Touadéra. Nel 2013 Bozizé aveva lasciato il paese dopo che Séléka, una coalizione di forze provenienti per lo più della minoranza musulmana, era riuscita a prendere il controllo di numerose città, tra cui la capitale. Touadéra era diventato presidente con le elezioni che si erano tenute tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016.

Gli ultimi sviluppi

Due settimane fa il Cpc ha preso il controllo di Bambari, la quarta città per grandezza della Repubblica Centrafricana, e ha minacciato di arrivare fino a Bangui, la capitale. Il governo ha parlato di “tentato colpo di stato” e Russia, Francia e Rwanda sono intervenute in sostegno del presidente Touadéra. Bambari è poi tornata sotto il controllo del governo, grazie all’intervento dell’esercito centrafricano e delle forze Onu. Solo qualche giorno fa la città  di Bangassou, nel sud,  è caduta nelle mani dei ribelli, “molti dei quali mercenari e gente del Niger; la mattinata è stata frenetica. Artiglieria pesante dalle 5 del mattino e trenta tra morti e feriti  di cui diversi sono bambini”. A riferirlo è stato monsignor Juan José Aguirre Muñoz, vescovo di Bangassou,  in una dichiarazione all’agenzia Fides. Di fronte alla crescente insicurezza, il vescovo ha raccolto un gruppo di orfani per tenerli al sicuro. Dopo aver cercato di resistere all’offensiva dei ribelli, i soldati governativi  hanno abbandonato la loro posizione e sono rientrati nella base,  ha spiegato il capo dell’ufficio regionale della missione Onu.

La coalizione Cpc è formata da sei gruppi, alcuni dei quali in passato sono stati anche avversari. Secondo l’organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch, negli ultimi cinque anni i gruppi ribelli che di recente hanno formato la Cpc si sono resi responsabili di numerosi crimini di guerra, tra cui uccisioni deliberate di civili e stupri di donne e ragazze. Pochi giorni prima del voto, Lewis Mudge, direttore del programma sull’Africa centrale di Human Rights Watch, ha detto: «La nuova coalizione di ribelli sta forzando migliaia di persone a lasciare le loro case. Il governo nazionale e le Nazioni Unite dovrebbero mobilitarsi per proteggere i civili in questa escalation della crisi».