Presentato oggi a Roma il terzo Incontro delle Scuole di Pace con Francesco che si svolgerà venerdì prossimo, 19 aprile, in Aula Paolo VI. Lotti: “Ripartiremo da qui per proseguire con i ragazzi il cammino per un mondo migliore”. Padre Fortunato: “Le paure delle nuove generazioni devono far interrogare gli adulti”. Cruciani: “Noi insegnanti dobbiamo far capire quanto sia importante la forza del dialogo”.
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
L’incontro di Papa Francesco con 137 Scuole di Pace, provenienti da 94 città di 18 diverse regioni italiane, venerdì 19 aprile, nell’Aula Paolo VI, metterà al centro i giovani, darà vita ad un dialogo con le nuove generazioni. L’evento “Trasformiamo il futuro. Per la pace con la cura”, che vuole educare alla cura di sé, degli altri, della comunità, dell’ambiente e del mondo, come strumento di pace e di trasformazione del futuro, è un punto di arrivo di diversi percorsi, ha spiegato questa mattina Flavio Lotti, direttore della rete Nazionale delle Scuole di Pace, alla conferenza stampa di presentazione, nell’Auditorium del Convento San Massimiliano Kolbe, a Roma, della giornata con Francesco. Intende formare una nuova generazione di costruttori di pace e trovare strade per trasformare il futuro oggi minacciato da tante guerre, ingiustizie e disuguaglianze. Ma vuole anche essere “un punto di ripartenza, perché molte scuole porteranno al Papa i propri impegni e si impegneranno a proseguire il cammino intrapreso”. L’obiettivo è la pace, il programma è trasformare e rendere migliore il futuro, il metodo è la cura, ossia la via da usare per giungere alla pace, dice Lotti, che sottolinea quanto importante sia, in tutto ciò, far parlare i giovani, dare loro la possibilità di esternare le loro paure e preoccupazioni, ma anche di esprimere i loro sogni e desideri e di capire quali strade da percorrere per un domani in cui non si ripetano gli errori di oggi.
L’alfabetizzazione del futuro
A Papa Francesco, saranno presentati i primi risultati del percorso didattico di “alfabetizzazione del futuro”, che vuole far sì che i giovani riflettano sul futuro e condividano le loro idee, preoccupazioni e speranze, si sentano artefici, protagonisti e responsabili della costruzione della propria vita, partecipino attivamente alla costruzione di un nuovo “Patto per il futuro” in vista del “Summit of the future” promosso dall’Onu il 23 e 24 settembre prossimi con i capi di Stato di tutto il mondo. Alla conferenza stampa di stamani sono stati illustrati i dati di un’indagine che ha coinvolto tremila studenti di scuole primarie e superiori italiane, che hanno espresso le loro attese e manifestato le loro paure. Il questionario che è stato proposto lascia emergere che oltre la metà guarda agli anni a venire pensando anzitutto alla propria vita e a quella della famiglia, il 19% si interroga sul futuro dell’umanità e il 13% di quello del Pianeta. Hanno una visione ottimistica del futuro il 63% dei ragazzi, il 15% lo immagina peggiore di oggi o di quello dei propri genitori e il 2% per cento brutto, mentre il 7% lo ritiene pericoloso. Il 13% degli intervistati spera invece in un futuro migliore, ma con la consapevolezza delle difficoltà e dei problemi che ci saranno. I giovani, poi, sognano un mondo di pace senza guerre (14%), di farsi una famiglia e trovare lavoro (13%), la felicità (11%), in pochissimi vorrebbero avere successo e fare carriera. Sono inoltre spaventati dalla guerra (12%), dal futuro (10%) e dal fallimento (6,4%). La guerra è pure ciò che li fa arrabbiare (5,6%), insieme all’ingiustizia (5,5%), alla mancanza di rispetto (4%), all’ignoranza (3,8%), all’inquinamento (3,2%), all’indifferenza (2,9%) e alla falsità (2,5%). E ancora vorrebbero cambiare le persone (15,3%) e la loro mentalità (14,6%) e per un mondo migliore ritengono necessario che non ci fossero più guerre (23%) e odio (22%) ed esistesse più solidarietà (11%) e meno disuguaglianze (10%). Infine, per costruire un futuro migliore il 48% pensa sia necessario studiare, il 18,5% trovare un lavoro e l’11,5% formare una famiglia, mentre il 55% si dice pronto a impegnarsi con gli altri per costruire un mondo migliore per tutti.
I giovani e i bambini
La giornata di venerdì 19 aprile, segnerà l’inizio della quarta edizione della Settimana civica, iniziativa che si protrarrà fino al 25 aprile dedicata alla valorizzazione e promozione dell’educazione civica delle giovani generazioni e voluta dal Parlamento italiano per “formare cittadini responsabili e attivi e promuovere la loro partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità”. Centinaia le attività organizzate dagli insegnanti di diverse scuole per valorizzare le migliori attività di educazione civica realizzate nel corso dell’anno. Ma l’incontro con il Papa del 19 aprile vuole essere pure una tappa del percorso che porterà alla prima Giornata Mondiale dei Bambini, il 25 e 26 maggio, spiega padre Enzo Fortunato, coordinatore dell’evento che vedrà protagonisti i più piccoli, perché i giovani devono essere coscienti che il futuro dipende proprio dai più piccoli che insegnano a “prendersi cura” oltre a sensibilizzarci a guardare agli anni a venire. Per il religioso i giovani, che “non mollano la bandiera della pace”, sono “molto più coinvolti e molto più realisti di noi adulti” e il loro essere spaventati dinanzi al presente e alle “follie e pazzie dei grandi”, deve fare interrogare “profondamente gli adulti”. E per coinvolgerli, poi, in progetti di pace, occorre dar loro la parola, renderli protagonisti, tenendo conto che “il Papa ci ha detto una cosa molto interessante che si fida poco degli adulti e si fida molto dei giovani e moltissimo dei bambini”.
La voce degli studenti
Alla conferenza stampa hanno preso parte alcuni alunni dell’Istituto comprensivo Guido Milanesi e studenti del Liceo artistico Ripetta, entrambi di Roma, coinvolti nel programma nazionale di educazione civica che ha dato il nome al terzo incontro delle Scuole di Pace con il Papa organizzato dalla Rete Nazionale delle Scuole di pace insieme alla Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, al Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, alla Rete delle Università Italiane per la Pace, al Centro Diritti Umani Antonio Papisca e alla Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia, e Pace” dell’Università di Padova, e in collaborazione con padre Fortunato. I più loquaci sono stati i più piccoli, che, grazie al progetto di quest’anno della Rete delle Scuole di Pace, di avere imparato a “prendersi cura di tutti indistintamente” e di avere capito che “cura è pace, stare insieme in gruppo e non essere mai arrabbiati con qualcuno”, “è amicizia” e “prestare cura agli altri” ed “è un valore che non si può mai sostituire nella vita”. I più grandi hanno evidenziato, invece, che per aver cura degli altri “occorrerebbe eliminare le disuguaglianze che generano odio” e che “serve un’educazione sentimentale, educare al sentimento, alla compassione” e hanno anche sottolineato di apprezzare le iniziative che consentono loro di esprimere il loro pensiero e di confrontarsi con gli adulti.
La Rete Nazionale delle Scuole di Pace
La Rete Nazionale delle Scuole di Pace dal 1987 porta avanti percorsi per far sì che l’educazione alla cittadinanza e alla pace sia uno dei tanti momenti vitali della scuola, chiarisce a Vatican News Fabiana Cruciani, dirigente scolastica della scuola Alessandro Volta di Perugia e coordinatrice della Rete, aggiungendo che attraverso programmi appropriati, ogni scuola propone “momenti di confronto tra docenti e studenti, ma anche tra studenti”, perché possano svilupparsi “percorsi di dialogo” su determinati temi. E i ragazzi accolgono con entusiasmo queste proposte, e, “superata una prima ritrosia e un imbarazzo che nasce dal fatto che spesso non sono portati a dialogare tra di loro su questi temi”, mostrano grande slancio nel confronto. Il percorso della Rete Nazionale delle Scuole di Pace, non è solamente rivolto agli studenti, ci sono anche corsi di formazione per i dirigenti e per il personale scolastico, e “questo per far sì – aggiunge la professoressa Cruciani – che anche tra di noi ci sia una cultura comune, un lessico comune ,sui temi della pace, della cura, della condivisione”. Ma in che modo coinvolgere i giovani in una cultura della pace? “Rendendo la parola pace non una parola astratta, ma una parola viva” – risponde la coordinatrice delle Rete delle Scuole di Pace -. Significa che comunque dobbiamo portare su di noi, visto che siamo insegnanti, i segni della pace. Dobbiamo diventare per loro dei modelli positivi. Dobbiamo diventare gli influencer della pace”. “Mai creare delle barriere con i giovani – conclude la professoressa Cruciani – mai creare allontanamenti, ma sempre tendere un ponte, una parola che possa in qualche modo far capire loro quanto sia importante la forza del dialogo”.