Francesco sarà il primo Pontefice a recarsi nel Paese asiatico, confinante con Russia e Cina, terra di grandi steppe e contrasti climatici e urbanistici. La comunità cattolica lì conta circa 1.300 battezzati. Lo scorso anno il Papa ha creato cardinale il giovane Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulan Bator. In altre occasioni, Francesco aveva espresso l’intenzione di visitare il Paese, oggi la conferma
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Lo aveva anticipato lui stesso in diverse occasioni, esprimendo il desiderio di recarsi in questo Paese delle grandi steppe, cerniera tra Russia e Cina, dove i cattolici sono pari al 2% e dove lo scorso anno ha creato il primo cardinale, il giovane missionario Giorgio Marengo. Oggi, 3 giugno, giunge la conferma: Papa Francesco si recherà in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre prossimi. Sarà quindi il 43.mo viaggio apostolico internazionale del pontificato.
A darne notizia è stato il direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni, che ha riferito dell’invito ricevuto da parte delle “autorità civili ed ecclesiastiche” e del fatto che “il programma e ulteriori dettagli saranno comunicati nelle prossime settimane”.
Nella terra di Gengis Khan
Era allo studio da tempo l’ipotesi di un viaggio in questa terra – impero, nell’immaginario collettivo, di Gengis Khan – estesa cinque volte più dell’Italia ma al secondo posto della classifica dei meno popolati del mondo a causa anche dei grandi contrasti climatici (+40° d’estate, -40° d’inverno). Terra di nomadi e pastori, dove un terzo del totale vive al di sotto della soglia di povertà. L’intenzione di recarsi in visita l’aveva rivelata lo stesso Francesco in alcune interviste in aereo o in udienze pubbliche. Oltre a questo, il neo cardinale Marengo, missionario della Consolata e prefetto della capitale Ulan Bator, divenuto dopo il Concistoro dell’agosto 2022 con i suoi 48 anni la più giovane porpora del Collegio cardinalizio, aveva reso noto di aver invitato Papa Francesco a visitare il Paese e la piccola ma vitale comunità cattolica: 1.450 battezzati circa su oltre 3,5 milioni di abitanti.
Di ritorno dal viaggio in Sud Sudan, il 5 febbraio scorso, ai giornalisti che lo avevano accompagnato nella trasferta, in risposta ad una domanda sui futuri viaggi, il Papa aveva detto: “Il 23 settembre vado a Marsiglia, e c’è la possibilità che da Marsiglia voli in Mongolia, ma non è ancora definito, è possibile…”.
L’idea iniziale, stando alle parole del Papa, era quindi che la trasferta in Mongolia si agganciasse alla tappa a Marsiglia, dove Francesco potrebbe prendere parte a “Les Rencontres méditerranéennes. Gli Incontri del Mediterraneo”, organizzati dall’arcidiocesi sulla scia dei due eventi di riflessione e spiritualità celebrati a Bari nel 2020 e a Firenze nel 2022.
Papa Francesco aveva ribadito il suo desiderio nell’udienza del 14 aprile con i dipendenti di Ita Airways, la compagnia aerea che ha accompagnato gli ultimi voli papali. “E poi ci sarà Marsiglia, poi la Mongolia… e tutte queste cose che sono in lista d’attesa”, aveva detto il Papa, a braccio, nel suo discorso. Parole simili, infine, nella conferenza stampa in aereo di ritorno dall’ultimo viaggio apostolico in Ungheria: “Poi c’è il viaggio a Marsiglia, poi c’è il viaggio in Mongolia, e poi c’è un ultimo non ricordo dove… Ancora il programma mi fa muovere, vediamo!”. Oggi, quindi, la conferma.
La Chiesa mongola, piccolo gregge “vivace”
Il 43.mo viaggio apostolico inizierà a fine agosto, oltre tre settimane dopo quello a Lisbona per la Giornata Mondiale della Gioventù. Ad attendere il Papa nel Paese ci sarà il nunzio apostolico monsignor Alfred Xuereb, rappresentante pontificio e in Corea del Sud e in Mongolia, e – come detto – il cardinale Marengo, dal 2003 in Mongolia dove con altri missionari della Consolata ha fondato una nuova parrocchia, e da agosto 2020 è prefetto apostolico di Ulaan Bator.
Marengo in diverse interviste in occasione del Concistoro del 2022 aveva parlato della vivacità del “piccolo gregge” di fedeli mongoli, della loro testimonianza silenziosa in uno spirito di fraternità. Poco meno di duemila fedeli per una Chiesa, come quella cattolica, nata nel 1992 dopo settant’anni di regime comunista. I primi missionari inviati appartenevano alla Congregazione del Cuore Immacolato di Maria ed erano i padri Gilbert Sales, Robert Goessens e Wenceslao Padilla, che fu il responsabile della Missione sui iuris dal 1992, e poi il primo prefetto apostolico di Ulan Bator fino alla sua morte, nel 2018. Nel 2003 sono arrivati i Missionari della Consolata, famiglia religiosa fondata dal beato Giuseppe Allamano nel 1901, concentratisi in particolare ad Arvaiheer, nella regione di Uvurkhangai. Al momento i missionari sono 77, tra sacerdoti, religiose e laici. Lo scorso anno hanno celebrato insieme a salesiani e altre piccole realtà ecclesiali il 30° anniversario di presenza della Chiesa Cattolica in Mongolia e hanno celebrato una Messa sulla tomba di Padilla.
Terra di contrasti
Il buddismo rimane la religione maggioritaria in Mongolia, sebbene, in seguito ai decenni di ateismo di Stato, oltre il 30% della popolazione si dichiari tuttora non religiosa. Un dualismo come tanti che segnano il tessuto sociale e religioso della Mongolia, tanto che il cardinale Marengo in una vecchia intervista parlava di “due Mongolie”, quella della capitale – evoluta, tecnologica, dallo stile di vita urbano e le costruzioni moderne – e poi “tutto il resto”, cioè i grandi villaggi di periferia, con gli allevamenti, le distese, le tradizioni antiche, ma anche la povertà (un terzo del totale della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà), l’isolamento, il vuoto.
Da non dimenticare, infine, la dimensione geopolitica di questo Paese di missione, confinante con la Russia e la Cina. “L’importanza è evidente, vuol dire che il Papa ha una attenzione particolare a quest’area del mondo e crede molto nella capacità dei popoli dell’Asia di convivere pacificamente, di trovare soluzioni non violente e sagge anche ai conflitti”, diceva Marengo a Vatican News e altri media in un incontro prima del Concistoro. “L’ Asia – aggiungeva – è la culla delle grandi religioni del mondo, perciò il tema del dialogo interreligioso, della convivenza pacifica, dell’aiuto reciproco tra esponenti di varie fedi è una realtà di tutti i giorni. È prima una realtà che una teoria, e quindi questo può dire molto alla Chiesa e al mondo”.