Il Papa: ciascuno sia accolto e amato senza etichette e pregiudizi

Vatican News

All’Angelus Francesco si sofferma sul duplice racconto evangelico della guarigione dell’emorroissa, che sfiora il mantello di Gesù, e della figlia di Giairo. Spiega il senso del toccare e del lasciarsi toccare, espressione di un Dio che entra in contatto con il dolore delle persone e non discrimina. “Abbiamo bisogno di una Chiesa e di una società che non escludono nessuno, che non trattano nessuno da impuro”

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Sono gli episodi biblici che hanno a che fare con il senso del tatto come canale di guarigione e di resurrezione, presentati dalla liturgia di oggi, 30 giugno, a ispirare il Papa, nell’ultimo Angelus domenicale del mese, per la sua catechesi dalla finestra del Palazzo Apostolico. Le protagoniste, che vengono riabilitate alle relazioni, sono due donne: l’emorroissa incontrata per strada da Gesù, che gli sfiora il lembo del mantello in modo da essere incrociata dal suo sguardo, e la figlia di Giairo la quale, sebbene già dichiarata morta, riceve la visita di Gesù e viene riportata in vita attraverso quell’uomo Figlio di Dio che la prende per mano.

L’impurità viene da un cuore impuro

Cosa è l’impurità? Le due donne sono considerate impure dalla società del tempo, con loro non può esserci un contatto fisico. Gesù scardina questa consuetudine: si lascia toccare e non ha paura di toccare. È un tratto rivoluzionario dell’agire del Messia che Papa Francesco sottolinea dicendolo due volte: Gesù si lascia toccare e non ha paura di toccare.

Prima ancora della guarigione fisica, Egli mette in crisi una concezione religiosa sbagliata, secondo cui Dio separa i puri da una parte e gli impuri dall’altra. Invece, Dio non fa questa separazione, perché tutti siamo suoi figli, e l’impurità non deriva da cibi, malattie, e nemmeno dalla morte, ma viene da un cuore impuro

Dio non si vergogna di noi, non ci giudica

Il Dio cristiano è un Dio che si fa vicino, che prende per mano, esorta a rialzarsi dal proprio lettuccio o angolo di sofferenza, a camminare, ad andare avanti. Il Papa insiste sulla peculiarità di un Dio che ha “subito tutte le conseguenze del peccato” per salvare l’uomo. “È bello questo”, osserva Francesco.

Davanti alle sofferenze del corpo e dello spirito, alle ferite dell’anima, alle situazioni che ci schiacciano, e anche davanti al peccato, Dio non ci tiene a distanza, non si vergogna di noi, non ci giudica; al contrario, Egli si avvicina per farsi toccare e per toccarci, e sempre ci rialza dalla morte.

Abbiamo bisogno di una Chiesa e di una società accoglienti

Come fa abitualmente, Francesco conclude la sua catechesi ponendo degli interrogativi per stimolare il discernimento alla luce del Vangelo, un Vangelo vivo. Il Papa invita a considerare quale eventuale scoglio ci frappone agli altri, ci intimidisce, ci porta a non sporcarci le mani. Entriamo in relazione solo con chi condivide i nostri gusti e alle nostre preferenze? “Ognuno si risponda. ‘Dio etichetta le persone? E io vivo continuamente etichettando le persone?”. Ecco l’appello del Papa:

Abbiamo bisogno di una Chiesa e di una società che non escludono nessuno, che non trattano nessuno da “impuro”, perché ciascuno, con la propria storia, sia accolto e amato senza etichette e pregiudizi, sia amato senza aggettivi.