Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Francesco sceglie l’esperienza di Ignazio di Loyola, nella sua seconda catechesi dedicata al tema del discernimento spirituale, per spiegare concretamente in che modo “Dio lavora attraverso eventi non programmabili, e anche nei contrattempi”. Ed è un’affollata piazza San Pietro ad ascoltarlo. Prima di giungere sul sagrato della Basilica vaticana, il Pontefice accoglie nella papamobile alcuni bambini e insieme a loro percorre l’emiciclo del Bernini salutando i fedeli. Poi illustra il percorso che ha portato Sant’Ignazio a preferire la vita religiosa, quella riflessione interiore attraverso la quale è giunto alla sua scelta.
Il discernimento è l’aiuto a riconoscere i segnali con i quali il Signore si fa incontrare nelle situazioni impreviste, perfino spiacevoli, come fu per Ignazio la ferita alla gamba. Da esse può nascere un incontro che cambia la vita, per sempre.
Le letture che portarono Ignazio al discernimento
Il giovane basco, colpito in battaglia, era convalescente nella sua casa quando chiese qualcosa da leggere per scacciare la noia, ma non c’erano che vite di santi a disposizione. Lui che prediligeva i racconti cavallereschi dovette adattarsi a quei libri, nei quali però scoprì un altro mondo che lo conquistò. Rimase “affascinato dalle figure di San Francesco e San Domenico”, racconta il Papa, e sentì il desiderio di imitarli. Tuttavia il mondo cavalleresco continuava a esercitare il suo fascino su di lui, sicché avvertiva “dentro di sé questa alternanza di pensieri”, che sembravano equivalersi.
I pensieri del mondo e i pensieri di Dio
Poi, però, Ignazio cominciò a notare delle differenze. “Pensando alle cose del mondo provava molto piacere, ma quando, per stanchezza, le abbandonava si sentiva vuoto e deluso”. L’idea, invece, di praticare tutte quelle austerità che leggendo “aveva conosciute come abituali ai santi”, come “andare a Gerusalemme a piedi nudi”, o “non cibarsi che di erbe”, lo consolava e inoltre, anche dopo essersene allontanato era “soddisfatto e pieno di gioia”. Francesco fa notare che “i pensieri del mondo all’inizio sono attraenti, ma poi perdono smalto e lasciano vuoti, scontenti, “i pensieri di Dio, al contrario, suscitano dapprima una certa resistenza, ma quando li si accoglie portano una pace sconosciuta, che dura nel tempo”.
All’inizio la situazione non sembra così chiara. C’è uno sviluppo del discernimento: per esempio capiamo cosa sia il bene per noi non in modo astratto, generale, ma nel percorso della nostra vita.
Discernere ascoltando il proprio cuore
Il Papa chiarisce che nel discernimento occorre anzitutto conoscere la propria storia, quanto già vissuto. Lì dove si è percorsa un po’ di strada, arriva il momento in cui ci si domanda il perché della direzione intrapresa, si fa, appunto, discernimento.
Perché il discernimento non è una sorta di oracolo o di fatalismo, o una cosa di laboratorio, no, come gettare la sorte su due possibilità. Le grandi domande sorgono quando nella vita abbiamo già fatto un tratto di strada, ed è a quel percorso che dobbiamo tornare per capire cosa stiamo cercando.
Ignazio aveva intrapreso la carriera militare, e “quando si trovava ferito nella casa paterna, non pensava affatto a Dio o a come riformare la propria vita”. Ma ascoltando il proprio cuore, fa la sua prima esperienza di Dio, racconta Francesco, nota che “le cose a prima vista attraenti lo lasciano deluso” mentre “in altre, meno brillanti, avverte una pace” duratura. È qualcosa che accade anche a noi, evidenzia il Pontefice, quando pensiamo a qualcosa e restiamo delusi, facciamo opere di carità, cose buone e avvertiamo felicità, gioia. E allora occorre imparare ad ascoltarlo il proprio cuore, insiste Francesco.
Per conoscere cosa succede, quale decisione prendere, fare un giudizio su una situazione, ascoltare il proprio cuore. Noi ascoltiamo la televisione, la radio, il telefonino, siamo maestri dell’ascolto, ma ti domando: tu sai ascoltare il cuore? Tu ti fermi per dire: “Ma il mio cuore come sta? È soddisfatto, è triste, cerca qualcosa?”. Per prendere delle decisioni belle ci vuole ascoltare il proprio cuore.
Una possibile svolta negli accadimenti della vita
Il fondatore della Compagnia di Gesù suggerirà poi “di leggere le vite dei santi, perché mostrano in modo narrativo e comprensibile lo stile di Dio nella vita di persone non molto diverse da noi” e perché “le loro azioni parlano alle nostre e ci aiutano a comprenderne il significato”. Ma da quanto accadutogli c’è un importante insegnamento da trarre, fa capire il Papa: ciò che negli accadimenti della vita sembra un’apparente casualità o un contrattempo, un evento non programmato, in realtà “racchiude una possibile svolta”. Bisogna chiedersi cosa ci dice Dio in quel momento, cosa ci dice la vita. Quando Ignazio di Loyola capì quanto Dio gli stava indicando, vi dedicò tutta la sua attenzione.
Un consiglio che vi do: state attenti alle cose inattese, questo che dice: “ma questo per caso io non lo aspettavo”. Lì ti sta parlando la vita, ti sta parlando il Signore o ti sta parlando il diavolo? Qualcuno? Ma c’è una cosa da discernere, come reagisco io di fronte alle cose inattese.
Francesco invita a chiedersi cosa si avverte in questi casi, se amore o qualcos’altro. A fare discernimento, appunto, a “vedere cosa succede quando viviamo cose che non aspettiamo e lì impariamo a conoscere il nostro cuore come si muove”. Insomma, conclude Francesco, occorre stare attenti, perché il filo conduttore più bello è nelle cose inattese e nella maniera in cui ci muoviamo di fronte ad esse, è lì che c’è da capire se è Dio che ci parla o è un’altra cosa.