Il Papa: annunciamo insieme “miti e buoni come agnelli” che Dio è vicino

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Nell’udienza generale, dedicata ancora alla passione di evangelizzare, Francesco ha analizzato il “discorso missionario” di Gesù ai discepoli: l’annuncio “nasce dall’incontro col Signore” e deve coinvolgere con passione tutta la persona, “mente, cuore, mani”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La chiave dell’annuncio del Vangelo è “andare miti e buoni come agnelli, senza mondanità, insieme”, dicendo che “Dio è vicino” e ci ama, perché “la gioia di essere figli di Dio, va condivisa con i fratelli e le sorelle che ancora non lo sanno!”. E il nostro annuncio come discepoli “nasce dall’incontro col Signore”, ma senza annuncio “la relazione con Lui non cresce”. Così Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di questo mercoledì, la quarta dedicata alla passione di evangelizzare “che ti coinvolge tutto, mente, cuore, mani”, nella quale ha analizzato il “discorso missionario” di Gesù ai discepoli, prima di inviarli in missione.

Non si può stare con Gesù senza andare ad annunciarlo

Un discorso che si trova nel capitolo 10 del Vangelo di Matteo, che il Papa definisce la “costituzione” dell’annuncio. Infatti, dopo aver visto in Gesù “il modello e il maestro dell’annuncio”, la catechesi guarda “ai primi discepoli”. Matteo dice che Gesù “li chiama perché stiano con Lui e perché vadano a predicare”. E in questo, spiega Francesco, non c’è contraddizione, perché “per Gesù non c’è andare senza stare e non c’è stare senza andare”. L’annuncio, infatti, “nasce dall’incontro con il Signore; ogni attività cristiana, soprattutto la missione, comincia da lì”. Dunque, “può portare il Vangelo di Gesù solo chi sta con Lui”. Ma anche “non c’è stare senza andare”.

Infatti seguire Cristo non è un fatto intimistico: senza annuncio, senza servizio, senza missione la relazione con Lui non cresce. Notiamo che nel Vangelo il Signore invia i discepoli prima di aver completato la loro preparazione: poco dopo averli chiamati, già li invia! Questo significa che l’esperienza della missione fa parte della formazione.

Perchè, cosa e come annunciare

Proseguendo nell’analisi del “discorso missionario” di Gesù, il Pontefice ne trae tre aspetti: “perché annunciare, che cosa annunciare e come annunciare”. Il perché sta nelle parole: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Infatti abbiamo ricevuto gratis, senza merito, la possibilità di “incontrare Gesù, conoscerlo, scoprire di essere amati e salvati”. È un dono così grande “che non possiamo tenerlo per noi, sentiamo il bisogno di diffonderlo; però nello stesso stile, nella gratuità”.

Abbiamo un dono, perciò siamo chiamati a farci dono; c’è in noi la gioia di essere figli di Dio, va condivisa con i fratelli e le sorelle che ancora non lo sanno! Questo è il perché dell’annuncio.

Annunciare che Dio è vicino, tenero e misericordioso

Che cosa, poi, annunciare? Gesù dice: “Predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino”. Ecco che cosa va detto, sottolinea Papa Francesco, prima di tutto e in tutto: Dio è vicino. E’ “il Vicino, il Tenero, il Misericordioso”.

Noi, predicando, spesso invitiamo la gente a fare qualcosa, e va bene; ma non scordiamoci che il messaggio principale è che Lui è vicino a noi. Vicinanza, misericordia e tenerezza. Accogliere l’amore di Dio è più difficile perché noi vogliamo essere sempre al centro, protagonisti, siamo più portati a fare che a lasciarci plasmare, a parlare più che ad ascoltare.

Ma, ricorda il Papa, “se al primo posto sta quello che facciamo, i protagonisti saremo ancora noi. Invece l’annuncio deve dare il primato a Dio, e agli altri l’opportunità di accoglierlo, di accorgersi che Lui è vicino”.

Annunciare “come pecore in mezzo ai lupi”

Infine, come annunciare. Questo “è l’aspetto sul quale Gesù si dilunga maggiormente”, lo stile essenziale nella testimonianza. Che “coinvolge tutto, mente, cuore, mani”. E spiega: “Io vi mando come pecore in mezzo a lupi”. Non ci chiede, sottolinea Francesco, di saper affrontare i lupi, “cioè di essere capaci di argomentare, controbattere e difenderci”.

Noi penseremmo così: diventiamo rilevanti, numerosi, prestigiosi e il mondo ci ascolterà e ci rispetterà. No, vi mando come pecore, come agnelli. Ci chiede di essere così, di essere miti e innocenti, disposti al sacrificio; questo infatti rappresenta l’agnello: mitezza, innocenza, dedizione. E Lui, il Pastore, riconoscerà i suoi agnelli e li proteggerà dai lupi.

Nessun discepolo annuncia da solo

Invece, chiarisce il Pontefice, “gli agnelli travestiti da lupi vengono smascherati e sbranati”. E cita un’omelia san Giovanni Crisostomo: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli”. E ancora sul “come annunciare”, Gesù dice cosa “non” portare in missione: “Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone”. Dice “di non appoggiarsi sulle certezze materiali, di andare nel mondo senza mondanità”. Ma “con semplicità”. Infatti, “per la Chiesa, cadere nella mondanità è il peggio che possa accadere”.

Ecco come si annuncia: mostrando Gesù più che parlando di Gesù. E, infine, andando insieme: il Signore invia tutti i discepoli, ma nessuno va da solo. La Chiesa apostolica è tutta missionaria e nella missione ritrova la sua unità. Dunque: andare miti e buoni come agnelli, senza mondanità, insieme. Qui sta la chiave dell’annuncio.