Il Papa all’udienza generale: è bello rivedersi faccia a faccia

Vatican News

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Il Papa torna a presiedere l’udienza generale con la presenza dei fedeli. Le sue parole risuonano, tra volti di pellegrini di vari Paesi del mondo, dal Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico.

Sono contento di riprendere questo incontro faccia a faccia, perché vi dico una cosa: non è bello parlare davanti al niente, a una camera. Non è bello. 

Il Papa aggiunge che è invece bello “trovare la gente, e trovare ognuno con la propria storia”, anche “la gente che è lontana ma sempre si fa vicino”:

Grazie per la vostra presenza e la vostra visita. Portate il messaggio del Papa a tutti. Il messaggio del Papa è che io prego per tutti, e chiedo di pregare per me uniti nella preghiera.

Pregare non è una cosa facile

Incentrando la propria catechesi sulla preghiera, Francesco sottolinea che la vita cristiana “non è una passeggiata”. “Chi vuole pregare deve ricordarsi che la fede non è facile, e qualche volta procede in un’oscurità quasi totale, senza punti di riferimento”.

La preghiera cristiana, come tutta la vita cristiana, non è una “passeggiata”. Nessuno dei grandi oranti che incontriamo nella Bibbia e nella storia della Chiesa ha avuto una preghiera “comoda”. Sì, si può pregare come i pappagalli ma questa non è preghiera. La preghiera certamente dona una grande pace, ma attraverso un combattimento interiore, a volte duro, che può accompagnare periodi anche lunghi della vita. Pregare non è una cosa facile e per questo noi scappiamo dalla preghiera. Ogni volta che vogliamo farlo, subito ci vengono in mente tante altre attività, che in quel momento appaiono più importanti e più urgenti. Questo succede a me, anche! A me succede.

“Noi – sottolinea il Papa – fuggiamo dalla preghiera: “Quasi sempre, dopo aver rimandato la preghiera, ci accorgiamo che quelle cose non erano affatto essenziali, e che magari abbiamo sprecato del tempo. Il Nemico ci inganna così”.

La preghiera è combattimento

“In qualche momento – ricorda il Papa – è una dura lotta tenere fede ai tempi e ai modi della preghiera”. “Il silenzio, la preghiera, la concentrazione sono esercizi difficili, e qualche volta la natura umana si ribella”. “I nemici peggiori della preghiera sono dentro di noi”. Il Catechismo li chiama così: “Scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo ‘molti beni’, delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferimento del nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera”.

Francesco, parlando a braccio, torna ad un episodio accaduto in Argentina. Ricorda la vicenda di una famiglia. Ad un padre viene comunciato che la figlia è gravemente malata a causa di una infezione. Per i medici non potrà superare la notte. Quell’uomo, piangendo, lascia la moglie e la figlia all’ospedale. Sale su un treno e raggiunge la Basilica di Luján dove trascorre la notte in preghiera. Arriva quando la Basilica è già chiusa e si aggrappa alle grate del cancello. Prega tutta la notte e poi la mattina presto entra in Basilica e si rivolge alla Madonna. Quella scena è indelebile: “l’ho visto io! L’ho vissuto io”, dice il Papa. Il combattimento di quel padre nella preghiera precede un sorriso: quello della moglie che gli dice, una volta tornato a casa, che la figlia inspiegabilmente è guarita. “La Madonna lo ha ascoltato”. “La preghiera – sottolinea il Papa ricordando questo episodio – fa dei miracoli”. 

Gesù è sempre con noi

Cosa fare – chiede il Pontefice – nel tempo della tentazione, quando tutto sembra vacillare? Nei tempi di prova, sottolinea il Santo Padre, “è bene ricordarsi che non siamo soli, che qualcuno veglia al nostro fianco e ci protegge”. Gesù è sempre con noi.

Se in un momento di cecità non riusciamo a scorgere la sua presenza, ci riusciremo in futuro. Capiterà anche a noi di ripetere la stessa frase che disse un giorno il patriarca Giacobbe: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo» (Gen 28,16). Alla fine della nostra vita, volgendo all’indietro lo sguardo, anche noi potremo dire: “Pensavo di essere solo, invece no, non lo ero: Gesù era con me”.