Il servizio a Dio, alla Chiesa e al prossimo è il tratto che accomuna le Congregazioni delle Suore di San Felice da Cantalice e delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, ricevute oggi in udienza da Papa Francesco. Nelle parole del Pontefice, anche il ricordo personale di suor María Dolores Tortolo, sua prima catechista
Isabella Piro – Città del Vaticano
Un’udienza segnata da un ricordo personale d’infanzia quella concessa oggi, 6 giiugno, in Vaticano da Papa Francesco alle congregazioni delle Suore di San Felice da Cantalice e delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, in occasione dei rispettivi Capitoli generali. Alle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, infatti, il Pontefice è legato sin dall’infanzia:
È in una delle vostre scuole, a Buenos Aires, nel quartiere Flores, che molti anni fa ho ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Come dimenticare la cara Hermana Dolores, da cui tanto ho imparato e che per tanto tempo ho continuato a visitare? Per questo ringrazio il Signore e tutte voi, perché il mio attuale servizio alla Chiesa è anche frutto del bene che ho ricevuto, in tenera età, dalla vostra famiglia religiosa.
Non è la prima volta che il Pontefice ricorda suor María Dolores Tortolo: ad esempio, già nel volume “Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore”, pubblicato nel 2020, racconta come la religiosa gli rimase vicina, nel 1957, in occasione del suo ricovero in ospedale per una grave polmonite. “Venne a vedermi, mi prese per mano, mi diede un bacio e se ne stette zitta per un bel po’ – racconta Francesco -. Poi mi disse: ‘Stai imitando Gesù’. Non c’era bisogno che aggiungesse altro. La sua presenza, il suo silenzio, mi donarono una profonda consolazione”.
“Cuore a Dio, mani al lavoro!”
Nate in Italia, a Savona, nel 1837, le Figlie di Nostra Signora della Misericordia devono le loro origini a una giovane donna, Benedetta Rossello, poi Suor Maria Giuseppa, che decide di porsi al servizio di poveri, bambini e giovani donne. Un impegno ricordato dal Papa, nel corso dell’udienza odierna, con queste parole:
Benedetta era una giovane decisa che, pur essendo indigente, aveva rinunciato alla prospettiva di una ricca eredità per seguire la chiamata alla consacrazione, scegliendo il motto “Cuore a Dio, mani al lavoro!”. Si buttò nella nuova avventura d’amore con mezzi poveri ma potenti: “un crocifisso, una statuetta della Madonna Mater Misericordiae e cinque lire di capitale”, sempre pronta a svolgere per prima qualsiasi genere di servizio.
Al servizio di tutti, senza distinzioni
Le Suore di San Felice da Cantalice nascono, invece, nel 1855 a Varsavia, “in una Polonia travagliata dalla guerra”, ricorda il Papa, e si pongono sin da subito “a servizio di bambini, disabili e giovani a rischio”. A ispirare la fondazione della Congregazione è un’intuizione di Sofia Camilla Truszkowska, poi suor Angela Maria:
Di fronte all’inasprirsi dei conflitti armati, lei e le sorelle decisero di curare tutti i feriti, a qualunque schieramento appartenessero.
La vera sostanza è l’amore di Dio e del prossimo
Per questa loro opera di accoglienza, le religiose furono incolpate di tradimento e la Congregazione venne soppressa. Tempo dopo, nel 1865, continua Francesco, “ci pensò la Provvidenza a farla risorgere, forse anche grazie al loro sacrificio coraggioso, e a diffonderla ancora di più, oltre oceano, in America, sempre sotto l’impulso del servizio, questa volta per l’assistenza ai migranti polacchi. E da allora in tante altre parti del mondo”.
È un segno importante questo per voi: un segno che vi invita a non temere di perdere la sicurezza di strutture e istituzioni, pur di rimanere fedeli alla carità! E vi farà bene tenerlo presente, nei vostri incontri, per ricordarvi che le strutture non sono la sostanza: sono solo un mezzo. La sostanza è l’amore di Dio e del prossimo, esercitato con generosità e nella libertà: «L’amore del Cristo infatti ci possiede»
Strumenti poveri, ma potenti, perché fondati sull’amore a Dio e al prossimo, entrambe le Congregazioni sono accomunate da un elemento: “Il servizio di Dio e della Chiesa”. Di qui, l’invito conclusivo del Pontefice a ricordare che “siamo tutti strumenti nelle mani sapienti di Dio”, Colui che sa cosa trarre “dai nostri piccoli ‘sì’”.