Francesco incontra in Aula Paolo VI oltre seimila studenti della rete nazionale che conta 137 istituti di 94 città in tutta Italia. Ragazzi e ragazze con striscioni e cartelli con appelli di pace e ringraziamenti al Pontefice, poi il grido: “Cessate il fuoco!”. Il Papa: “In questo tempo segnato dalla guerra, siate artigiani di pace. Importante il Summit sul Futuro dell’Onu a New York”. Un pensiero ai piccoli ucraini “che hanno perso il sorriso” e di Gaza “mitragliati” che “hanno fame”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Cessate il fuoco!’”. Non è uno slogan ma un grido urgente alla luce delle ultime notizie giunte nelle scorse ore dal Medio Oriente, quello che elevano in Aula Paolo VI gli oltre seimila studenti di 137 Scuole di Pace, provenienti da 94 città di 18 diverse regioni del nord, sud e centro Italia che Papa Francesco ha incontrato questa mattina esortandoli a essere “artigiani di pace” in un tempo segnato dalle guerre. Anzitutto quella in Ucraina che ha “rubato il sorriso” ai bambini e quella nella Striscia di Gaza dove sempre i bambini “hanno fame” e “soffrono sotto le mitraglie”.
In una società ancora prigioniera della cultura dello scarto, vi chiedo di essere protagonisti di inclusione; in un mondo attraversato da crisi globali, vi chiedo di essere costruttori di futuro, perché la nostra casa comune diventi luogo di fraternità, di solidarietà e di pace.
“Grazie Papa Francesco”
Giunti già da ieri a Roma, ragazzi e ragazze delle Scuole, accompagnati da presidi e insegnanti, sventolano nell’aula vaticana bandiere con scritte come “Scegli la pace”, “Diffondiamo la pace”, “Prendiamoci cura”, “Trasformiamo il futuro”, o ancora striscioni sui quali sono scritti i nomi dei Paesi dove imperversano i conflitti. Tutti hanno in mano cartelli rossi che recitano “Grazie Papa Francesco”. “È il nostro ringraziamento al Papa appena arriverà”, grida dal palco Flavio Lotti, coordinatore della tavola della pace nonché organizzatore della Marcia per la pace Perugia-Assisi. È lui a guidare canti, cori, musica e testimonianze che preparano l’arrivo del Papa, e a introdurre i diversi ospiti. Tra loro anche il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro, che afferma: “Fate sentire al Papa che voi lo incoraggiate sulle vie di pace che lui traccia”, e la sindaca di Assisi, Stefania Proietti, che incoraggia: “La guerra la fanno gli uomini, ma anche la pace la possono fare gli uomini. E comincia dai bambini, va realizzata con cura…”.
Con il sottofondo dell’orchestra e l’assemblea che ripete “Grazie, grazie, grazie”, Francesco fa il suo ingresso alle 10.10. Si ferma un istante a guardare la folla chiassosa di giovani, quelli che – dice nel successivo discorso – devono diventare “protagonisti del futuro” di un mondo gravato da varie crisi. Poi raggiunta a piedi, retto a un bastone, la sedia, subito condivide la gioia di vedere così tanti ragazzi riuniti per un nobile obiettivo come quello di “trasformare il futuro”, come recita il titolo dell’evento.
Un pensiero ai bambini di Ucraina e Gaza
Una gioia che fa presto posto al dolore nel pensare a tanti coetanei, o anche bimbi più piccoli, in questi stessi momenti sotto missili e bombe. A loro il Papa rivolge un pensiero, distaccandosi dal testo scritto.
Io vorrei parlarvi due minuti sulla guerra: pensate ai bambini che sono in guerra, pensate ai bambini ucraini che hanno dimenticato di sorridere. Pregate per questi bambini, metteteli al cuore. I bambini che sono in guerra… Pensate ai bambini di Gaza, mitragliati, che hanno fame. Pensate ai bambini…
Franceso chiede un “piccolo” minuto di silenzio per queste vittime innocenti: “Ognuno di noi pensi ai bambini ucraini e ai bambini di Gaza. E vi siano a cuore i bambini ucraini che dimenticano di sorridere e i bambini di Gaza che soffrono sotto le mitraglie”, ripete.
Vincere la tentazione di una vita appiattita sull’oggi
Gratitudine è l’altro sentimento che il Papa esprime per tutti coloro che si impegnano da anni a realizzare un cammino, come quello delle Scuole di Pace, che insegue “obiettivi di bellezza e di bontà, in mezzo a situazioni drammatiche, ingiustizie e violenze che sfigurano la dignità umana”.
Grazie perché con passione e generosità vi impegnate a lavorare nel “cantiere del futuro”, vincendo la tentazione di una vita appiattita soltanto sull’oggi, che rischia di perdere la capacità di sognare in grande.
Il Summit del Futuro dell’Onu di New York
Con lo sguardo all’avvenire, Jorge Mario Bergoglio ricorda il Summit del Futuro che si svolgerà a New York a settembre, convocato dall’Onu per affrontare le grandi sfide globali di questo momento storico e firmare un “Patto per il Futuro” e una “Dichiarazione sulle generazioni future”.
Si tratta di un evento importante, e c’è bisogno anche del vostro contributo perché non rimanga soltanto “sulla carta”, ma diventi concreto e si realizzi attraverso percorsi e azioni di cambiamento.
Sì, c’è bisogno dei giovani, afferma Francesco. O meglio, c’è bisogno di giovani che siano “protagonisti e non spettatori del futuro”. “Tutti – ribadisce – siamo interpellati dalla costruzione di un avvenire migliore e, soprattutto, che dobbiamo costruirlo insieme! Non possiamo solo delegare le preoccupazioni per il ‘mondo che verrà’ e per la risoluzione dei suoi problemi alle istituzioni deputate e a coloro che hanno particolari responsabilità sociali e politiche”. È vero che queste sfide richiedono “competenze specifiche”, ma è altrettanto vero che esse “toccano la vita di tutti e chiedono a ciascuno di noi partecipazione attiva e impegno personale”.
In un mondo globalizzato, dove siamo tutti interdipendenti, non è possibile procedere come singoli individui che si prendono cura soltanto del proprio “orto”: occorre invece mettersi in rete e fare rete, entrare in connessione, lavorare in sinergia e in armonia.
Un sogno collettivo
Significa, in altre parole, “passare dall’io al noi”. Un noi che lavora “per il bene comune, per il bene di tutti”, perché “le sfide odierne, e soprattutto i rischi che, come nubi oscure, si addensano su di noi” sono anch’essi diventati “globali”. “Ci riguardano tutti, interrogano l’intera comunità umana, richiedono il coraggio e la creatività di un sogno collettivo che animi un impegno costante, per affrontare insieme le crisi ambientali, economiche, politiche e sociali che il nostro pianeta sta attraversando”, sottolinea il Papa.
Si tratta di un sogno che richiede di essere svegli e non addormentati! Sì, perché lo si porta avanti lavorando, non dormendo; camminando per le strade, non sdraiati sul divano; usando bene i mezzi informatici, non perdendo tempo sui social; e poi – ascoltate bene – questo tipo di sogno si realizza pregando, cioè insieme con Dio, non con le nostre sole forze.
“I care” e no “non mi importa”
Pace e cura sono quindi i due obiettivi da portare avanti. Pace che, rimarca il Papa, “non è soltanto silenzio delle armi e assenza di guerra” ma “un clima di benevolenza, di fiducia e di amore che può maturare in una società fondata su relazioni di cura, in cui l’individualismo, la distrazione e l’indifferenza cedono il passo alla capacità di prestare attenzione all’altro, di ascoltarlo nei suoi bisogni fondamentali, di curare le sue ferite, di essere per lui o lei strumenti di compassione e di guarigione”. E cura come quella che predicava don Milani che “al ‘non mi importa’, tipico dell’indifferenza menefreghista, opponeva l’I care, cioè il ‘mi sta a cuore’, ‘mi interessa’”.
Che anche a voi stia sempre a cuore la sorte del nostro pianeta e dei vostri simili; vi stia a cuore il futuro che si apre davanti a noi, perché possa essere davvero come Dio lo sogna per tutti: un futuro di pace e di bellezza per l’umanità intera.