Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Papa Francesco prende spunto dal tema che l’Unione Superiori Generali (USG) – riunita dal 23 al 25 novembre a Sacrofano – ha scelto per la sua 98.ma Assemblea, “Chiamati ad essere artigiani della pace”, per sottolineare, nel suo discorso consegnato, che costruire la pace è un appello urgente che ci riguarda tutti e “in modo particolare le persone consacrate”. Decide di parlare a braccio ai 150 superiori generali incontrati nell’Aula del Sinodo e offre nel suo testo scritto un’ampia riflessione sulla pace, specificando che quella donata da Dio agli uomini “e che ci fa sentire tutti fratelli” non è “una situazione di non-guerra o di fine-guerra, uno stato di tranquillità e di benessere”, è, semmai, “frutto della carità, non è mai una conquista dell’uomo”, “è l’insieme armonico delle relazioni con Dio, con sé stessi, con gli altri e con il creato”. E “pace è anche l’esperienza della misericordia”, aggiunge il Papa, “del perdono e della benevolenza di Dio, che ci rende capaci a nostra volta di esercitare misericordia, perdono, respingendo ogni forma di violenza e di oppressione”.
La pace frutto di un lavoro artigianale
E ancora la pace si fonda “sul riconoscimento della dignità della persona umana”, fa notare Francesco, “e richiede un ordine a cui concorrono inseparabilmente la giustizia, la misericordia e la verità”.
“Fare la pace” è, dunque, un lavoro artigianale, da fare con passione, pazienza, esperienza, tenacia, perché è un processo che dura nel tempo. La pace non è un prodotto industriale ma un’opera artigianale. Non si realizza in modo meccanico, necessita dell’intervento sapiente dell’uomo. Non si costruisce in serie, col solo sviluppo tecnologico, ma richiede lo sviluppo umano. Per questo i processi di pace non si possono delegare ai diplomatici o ai militari: la pace è una responsabilità di tutti e di ciascuno.
Le responsabilità dei consacrati
Il Papa si rivolge, poi, più direttamente ai consacrati esortandoli ad impegnarsi a seminare pace con le “azioni quotidiane con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia” e a pregare incessantemente per ottenere da Gesù il dono della pace. Tutto questo cominciando “dalle proprie comunità”, costruendo ponti e non muri dentro e fuori di esse.
Quando ognuno contribuisce facendo con carità il proprio dovere, nella comunità c’è la pace. Il mondo ha bisogno di noi consacrati anche come artigiani di pace!
Il servizio dell’autorità non degeneri in dispotismi e abusi
E ancora c’è un altro aspetto che deve caratterizzare la vita consacrata, indica Francesco: è la sinodalità
Come consacrati, poi, siamo tenuti in modo particolare a parteciparvi, in quanto la vita consacrata è sinodale per sua natura. Essa ha anche molte strutture che possono favorire la sinodalità.
Ma il Papa evidenzia che tali strutture – capitoli, visite fraterne e canoniche, assemblee, commissioni, e ad altre strutture proprie dei singoli istituti – andrebbero rivisitate.
Si deve vedere e forse rivedere anche il modo di esercitare il servizio dell’autorità. Infatti, è necessario vigilare sul pericolo che esso possa degenerare in forme autoritarie, a volte dispotiche, con abusi di coscienza o spirituali che sono terreno propizio anche per abusi sessuali, perché non si rispetta più la persona e i suoi diritti. E inoltre vi è il rischio che l’autorità venga esercitata come privilegio, per chi la detiene o per chi la sostiene, quindi anche come una forma di complicità tra le parti, affinché ognuno faccia quello che vuole, favorendo così paradossalmente una specie di anarchia, che tanto danno comporta per la comunità.
La sinodalità dei consacrati prezioso apporto per la Chiesa
L’auspicio di Francesco è “che il servizio dell’autorità venga esercitato sempre in stile sinodale, rispettando il diritto proprio e le mediazioni che esso prevede, per evitare sia l’autoritarismo, sia i privilegi, sia il “lasciar fare”; favorendo un clima di ascolto, di rispetto per l’altro, di dialogo, di partecipazione e di condivisione”. Camminare insieme, ascoltarsi, valorizzare la varietà dei doni ed essere comunità accoglienti è il modo di vivere la sinodalità, aggiunge il Papa, e i consacrati, con la loro testimonianza, “possono apportare molto alla Chiesa” proprio nel processo di sinodalità che sta vivendo.
Salvaguardare la comunione
Infine le riorganizzazioni e le riconfigurazioni degli istituti. Il Papa raccomanda che si facciano sempre salvaguardando la comunione, “per non ridurre tutto ad accorpamenti di circoscrizioni, che poi possono risultare non facilmente gestibili o motivo di contrasti” e che “i superiori stiano attenti a evitare che qualche persona non sia ben occupata, perché questo, oltre a danneggiare i soggetti, genera tensioni nella comunità”. E concludendo, l’augurio di Francesco ai superiori generali è di “portare avanti con serenità e con frutto” il loro servizio, ribadendo l’invito ad essere artigiani di pace.