Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa ai giovani slovacchi: la vera rivoluzione è ribellarsi alla cultura del provvisorio

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Canti e preghiere hanno scandito, in un clima di festa, l’incontro di Papa Francesco con i giovani nello Stadio Lokomotiva di Košice. In una giornata che ha in parte conservato colori e temperature estive, le parole del Pontefice – accolte da oltre 25 mila persone – si sono impresse in occhi pieni di speranza orientati verso il futuro. Sui loro volti si sono riflesse anche dense pagine di storia, come quella legata ad una ragazza – la Beata Anna Kolesárová – uccisa durante la Seconda Guerra mondiale da un soldato sovietico che voleva abusare di lei. La casa natale e la tomba di questa giovane, morta a 16 anni per difendere la propria purezza, sono da diversi anni meta di pellegrinaggi e luoghi di pace per la gioventù slovacca. La storia di Anna, beatificata nel 2018 durante una cerimonia svoltasi proprio nello Stadio Lokomotiva, ha fatto da sfondo all’incontro di Francesco. Il discorso del Papa, che prima dell’abbraccio con i giovani ha incontrato la comunità Rom a Luník, è stato preceduto dal saluto di benvenuto di monsignor Bernard Bober, arcivescovo metropolita di Košice. “Sentiamo questo giorno – ha detto il presule – come un momento di rafforzamento e di incoraggiamento per la nostra vita. Tutti, e specialmente i giovani, viviamo in una strana confusione, propria di questa epoca, e non è facile superarla”. Dopo le parole dell’arcivescovo di Košice, l’incontro è proseguito con le testimonianze e le domande di alcuni giovani.

La misericordia di Dio

Petra Filová, studentessa 29.enne di educazione religiosa presso la Facoltà di Teologia di Košice, ha spiegato che il Sacramento della Riconciliazione ha cambiato la sua vita. “Si tratta del momento – ha detto – in cui ho riconosciuto il motivo della passione di Gesù sulla croce per me”. Come un giovane – ha chiesto Petra Filová – dovrebbe superare gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio?

Rispondendo a questa domanda Francesco ha esortato i giovani a non lasciarsi condizionare “dal male che imperversa”.

Non lasciatevi imprigionare dalla tristezza o dallo scoraggiamento rassegnato di chi dice che nulla mai cambierà. Se si crede a questo ci si ammala di pessimismo. Si invecchia dentro. E si invecchia giovani. Oggi ci sono tante forze disgregatrici, tanti che incolpano tutti e tutto, amplificatori di negatività, professionisti della lamentela. Non ascoltateli, perché la lamentela e il pessimismo non sono cristiani, il Signore detesta tristezza e vittimismo. Non siamo fatti per tenere la faccia a terra, ma per alzare lo sguardo al Cielo, agli altri e alla società. E quando siamo giù, che cosa possiamo fare? C’è un rimedio infallibile per rialzarci. È quello che ci hai raccontato tu, Petra: la Confessione.

Oltrepassare gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio significa concentrarsi su “quello che conta”, ha affermato Francesco, che ha toccato il delicato tasto della Confessione, illuminandone il valore della misericordia, della carezza divina, spesso messo in ombra dall’aspetto dell’umiliazione e della punizione.

Se io vi domando: “A che cosa pensate quando andate a confessarvi?”, sono quasi certo della risposta: “Ai peccati”. Ma – vi chiedo – i peccati sono davvero il centro della Confessione? Dio vuole che ti avvicini a Lui pensando a te, ai tuoi peccati, o a Lui? Qual è il centro, i peccati o il Padre che perdona tutti i peccati? Non si va a confessarsi come dei castigati che devono umiliarsi, ma come dei figli che corrono a ricevere l’abbraccio del Padre. E il Padre ci risolleva in ogni situazione, ci perdona ogni peccato.

“Dio – ha detto il Pontefice – perdona sempre”. E approfondendo, il Papa ha poi dato un consiglio ai giovani.

Dopo ogni Confessione, rimanete qualche istante a ricordare il perdono che avete ricevuto. Custodite quella pace nel cuore, quella libertà che provate dentro. Non i peccati, che non ci sono più, ma il perdono che Dio vi ha regalato. Quello custodite, non lasciatevelo rubare. E quando la volta dopo andate a confessarvi, ricordatelo: vado a ricevere ancora quell’abbraccio che mi ha fatto tanto bene. Non vado da un giudice a regolare i conti, vado da Gesù che mi ama e mi guarisce.

Si deve dare a Dio, ha sottolineato il Papa, “il primo posto nella Confessione”.

Se Lui è il protagonista, tutto diventa bello e confessarsi diventa il Sacramento della gioia. Sì, della gioia: non della paura e del giudizio, ma della gioia. Ed è importante che i preti siano misericordiosi. Mai curiosi, mai inquisitori, per favore, ma fratelli che donano il perdono del Padre, che accompagnano in questo abbraccio del Padre.

Alcuni giovani slovacchi nello stadio Lokomotiva per l’incontro con il Papa

Qualcuno, ha osservato Francesco, potrebbe dire: “Io comunque mi vergogno, non riesco a superare la vergogna di andare a confessarmi”.

Non è un problema, è una cosa buona. Se ti vergogni, vuol dire che non accetti quello che hai fatto. La vergogna è un buon segno, ma come ogni segno chiede di andare oltre. Non rimanere prigioniero della vergogna, perché Dio non si vergogna mai di te. Lui ti ama proprio lì, dove tu ti vergogni di te stesso. E ti ama sempre.

Dio soffre “quando noi pensiamo che non possa perdonarci”, invece gioisce “nel perdonarci, ogni volta”.

Quando ci rialza crede in noi come la prima volta, non si scoraggia. Siamo noi che ci scoraggiamo, Lui no. Non vede dei peccatori da etichettare, ma dei figli da amare. Non vede persone sbagliate, ma figli amati; magari feriti, e allora ha ancora più compassione e tenerezza. E ogni volta che ci confessiamo – non dimenticatelo mai – in Cielo si fa festa. Che sia così anche in terra!

Il valore dell’amore casto

Peter Lešak, sposato con Zuzka, un giovane manager dell’azienda “Laudatosi”, specializzata in costruzioni ecologiche. Nella sua testimonianza, ha ricordato tra l’altro il momento di un pellegrinaggio davanti alla tomba della Beata Anna Kolesárová. “Grazie alla Beata Anna – ha detto Peter – abbiamo riscoperto e compreso il valore della castità nella relazione e l’abbiamo mantenuta fino al nostro matrimonio”.  Come dovremmo sollecitare i giovani – ha chiesto il giovane – a credere nel valore dell’amore casto? Rispondendo a questa domanda Papa Francesco ha sottolineato che “l’amore è il sogno più grande della vita, ma non è un sogno a buon mercato. È bello, ma non è facile, come tutte le cose grandi della vita”. “Servono occhi nuovi, occhi che non si lasciano ingannare dalle apparenze”.

Amici, non banalizziamo l’amore, perché l’amore non è solo emozione e sentimento, questo semmai è l’inizio. L’amore non è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità. La vera originalità oggi, la vera rivoluzione, è ribellarsi alla cultura del provvisorio, è andare oltre l’istinto e oltre l’istante, è amare per tutta la vita e con tutto sé stessi. Non siamo qui per vivacchiare, ma per fare della vita un’impresa.

Il Papa ha esortato a volgere lo sguardo verso il Crocifisso, testimonianza di “un amore sconfinato” e “senza mezze misure”.

Se ci pensate, nelle grandi storie ci sono sempre due ingredienti: uno è l’amore, l’altro è l’avventura, l’eroismo. Vanno sempre insieme. Per fare grande la vita ci vogliono entrambi: amore ed eroismo. Guardiamo a Gesù, guardiamo al Crocifisso, ci sono entrambi: un amore sconfinato e il coraggio di dare la vita fino alla fine, senza mezze misure. C’è qui davanti a noi la Beata Anna, un’eroina dell’amore. Ci dice di puntare a traguardi alti. Per favore, non facciamo passare i giorni della vita come le puntate di una telenovela.

Il Papa ha anche invitato i giovani a sognare “senza paura di formare una famiglia”, di “generare ed educare dei figli”:

Quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale. Ognuno è un dono e può fare della vita un dono. Gli altri, la società, i poveri vi aspettano. Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, al di là delle tendenze della moda. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei.

“I sogni che abbiamo – ha aggiunto Francesco – ci dicono la vita che desideriamo”.

I grandi sogni non sono l’auto potente, il vestito alla moda o la vacanza trasgressiva. Non date ascolto a chi vi parla di sogni e invece vi vende illusioni: sono manipolatori di felicità. Siamo stati creati per una gioia più grande: ciascuno di noi è unico ed è al mondo per sentirsi amato nella sua unicità e per amare gli altri come nessuno può fare al posto suo. Non si vive seduti in panchina a fare la riserva di qualcun altro. No, ciascuno è unico agli occhi di Dio. Non lasciatevi “omologare”; non siamo fatti in serie, siamo unici e liberi, e siamo al mondo per vivere una storia d’amore con Dio, per abbracciare l’audacia di scelte forti, per avventurarci nel rischio meraviglioso di amare. Credete a questo? E sognate questo?

Ai giovani il Papa ha poi dato un altro consiglio:

Perché l’amore porti frutto, non dimenticate le radici. Quali sono le vostre radici? I genitori e soprattutto i nonni: loro vi hanno preparato il terreno. Innaffiate le radici, andate dai nonni, vi farà bene: fate loro domande, dedicate tempo ad ascoltare i loro racconti. Oggi c’è il pericolo di crescere sradicati, perché siamo portati a correre, a fare tutto di fretta: quello che vediamo in internet può arrivarci subito a casa; basta un clic e persone e cose compaiono sullo schermo. E poi succede che diventino più familiari dei volti che ci hanno generato. Pieni di messaggi virtuali, rischiamo di perdere le radici reali. Disconnetterci dalla vita, fantasticare nel vuoto, non fa bene, è una tentazione del maligno. Dio ci vuole ben piantati per terra, connessi alla vita; mai chiusi, ma sempre aperti a tutti!

Abbracciare la croce

I giovani Peter Liška e la moglie Lenka, saliti sul palco insieme ai loro tre figli, hanno ricordato che la loro relazione è stata scossa anche da momenti dolorosi. Peter, che quando aveva dodici anni ha perso la mamma, si è ammalato ed era in pericolo di vita. “Gesù, però, nel momento più difficile – ha detto Peter – ci ha manifestato quanto ci ama e che è morto sulla croce per noi”. “Ringraziamo Dio – ha aggiunto Lenka – anche per la croce”. I due giovani sposi hanno quindi posto questa domanda: come si devono incoraggiare i giovani a non temere di abbracciare la croce nella loro vita?

Rispondendo a questa domanda Francesco ha detto che abbracciare “è un bel verbo”. “Abbracciare aiuta a vincere la paura”.

Quando veniamo abbracciati riacquistiamo fiducia in noi stessi e nella vita. Allora lasciamoci abbracciare da Gesù. Perché quando abbracciamo Gesù riabbracciamo la speranza. La croce non si può abbracciare da sola; il dolore non salva nessuno. È l’amore che trasforma il dolore. Quindi, è con Gesù che si abbraccia la croce, mai da soli! Se si abbraccia Gesù, rinasce la gioia. E la gioia di Gesù, nel dolore, si trasforma in pace. Vi auguro questa gioia, più forte di ogni cosa. Vi auguro di portarla ai vostri amici. Non prediche, ma gioia. Non parole, ma sorrisi, vicinanza fraterna.

Dopo l’incontro con i giovani, conclusosi con la preghiera del padre Nostro, Papa Francesco ha lasciato lo stadio e ha raggiunto l’aeroporto di Košice. Nella giornata di domani mercoledì 15 settembre, solennità della Beata Vergine Maria dei Sette Dolori, il Pontefice presiederà la Santa Messa nel Santuario Nazionale di Šaštín. L’ultima tappa del viaggio apostolico di Francesco sarà, prima del volo di ritorno a Roma, la cerimonia di congedo all’aeroporto di Bratislava.

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