Francesco incontra le ragazze e i ragazzi dell’Ungheria nel pomeriggio della seconda giornata del suo viaggio apostolico a Budapest. Tra loro prende forma un dialogo caloroso e sincero: i giovani raccontano al Papa la ricerca di Dio e di una vita autentica e felice, Francesco indica loro la via: oltrepassare i propri interessi e come Gesù mettersi in gioco per servire i fratelli
Adriana Masotti – Città del Vaticano
La Papp László Budapest Sportarena è il più grande palazzetto dello sport al coperto di Budapest: è qui che Papa Francesco incontra nel pomeriggio di oggi i giovani ungheresi, circa 11 mila, in rappresentanza degli oltre 45 mila studenti delle scuole superiori e delle università cattoliche del Paese, dei ragazzi e ragazze impegnati nelle parrocchie e di quelli appartenenti ai movimenti ecclesiali giovanili. “L’età della giovinezza è un tempo di grandi domande: qual è il senso della vita, come sarò felice, perché esiste la sofferenza, esiste davvero la vita eterna, ecc.”, dice nel suo saluto di benvenuto al Papa, il vescovo Ferenc Palánki responsabile per la pastorale giovanile. E le quattro testimonianze che seguono lo confermano: due ragazze e due ragazzi raccontano a Francesco con sincerità e coraggio i propri sentimenti, le fragilità e le paure.
Il Papa: non si diventa grandi scavalcando gli altri
Francesco prende la parola raccogliendo quanto ascoltato. Se la gioventù è tempo di grandi domande c’è bisogno, afferma, che qualcuno aiuti i giovani “a sfidare senza paura l’avventura della vita”. E questo è ciò che faceva Gesù, dice. Il Maestro era “molto bravo nel porre domande”, prosegue, invece di fare prediche camminava insieme ai suoi, mostrando come Dio non condanna mai, ma perdona sempre. Lui, afferma ancora il Papa, “non vuole che i suoi discepoli siano scolari che ripetono una lezione, ma Lui vuole che i discepoli siano giovani liberi e in cammino, compagni di strada di un Dio che ascolta, che ascolta i loro bisogni ed è attento ai loro sogni”. E porta un esempio tratto dal Vangelo: quando due discepoli fanno a Gesù una richiesta sbagliata – cioè di poter stare alla destra e alla sinistra del suo trono una volta diventato Re -, Lui non li rimprovera.
No, Gesù non abbatte i loro sogni, non abbatte, ma li corregge sul modo di realizzarli; accetta il loro desiderio di arrivare in alto, ma insiste su una cosa, da ricordare bene: non si diventa grandi scavalcando gli altri, ma abbassandosi verso gli altri; non a discapito degli altri, ma servendo gli altri.
Nella vita, puntate in alto e fate allenamento
Per vincere nella vita, come ciascun giovane desidera per se stesso, occorre fare due cose, afferma Papa Francesco. Come nello sport occorre “puntare in alto” e “allenarsi”. E dice:
Dimmi, hai un talento? Di sicuro ce l’hai! Tutti l’abbiamo! Non metterlo da parte pensando che per essere felice basti il minimo indispensabile: un titolo di studio, un lavoro per guadagnare, divertirsi un po’… No, metti in gioco quello che hai. Hai una buona qualità? Investi su quella, senza paura, vai avanti! Senti nel cuore che hai una capacità che può far bene a tanti? Senti che è bello amare il Signore, creare una famiglia numerosa, aiutare chi è bisognoso? Vai avanti, non pensare che siano desideri irrealizzabili, ma investi sui grandi traguardi della vita!
Essenziale il silenzio per parlare con il Signore
E’ necessario poi l’allenamento da fare non in solitaria, afferma il Papa, ma facendo squadra: “mai da soli ma con gli altri, nella Chiesa, nella comunità, insieme”. Riprendendo la testimonianza ascoltata da una giovane che parla della frenesia e della velocità a cui i giovani sono continuamente sollecitati, il Papa sottolinea che c’è “una cosa essenziale che manca oggi”, specie ai giovani e questa cosa è il silenzio. E allora avverte:
Non abbiate paura di andare controcorrente, di trovare un tempo di silenzio ogni giorno per fermarvi e pregare. Oggi tutto vi dice che bisogna essere veloci, efficienti, praticamente perfetti, come delle macchine! Ma poi ci accorgiamo che spesso finiamo la benzina e non sappiamo cosa fare. Fa tanto bene sapersi fermare per fare il pieno, per ricaricare le batterie.
Il silenzio però, spiega ancora, non serve per “immergersi nelle proprie malinconie” o nel passato e neppure per stare con il cellulare in mano incollati ai social, perchè “la vita è reale, non virtuale, non avviene su uno schermo, ma la vita avviene nel mondo!”.
Gesù ha bisogno di persone vere
Il Papa insiste sul valore del silenzio come porta della preghiera a sua volta porta dell’amore. Ai giovani raccomanda: “Quando pregate, non abbiate paura di portare a Gesù tutto quello che passa nel vostro mondo interiore: gli affetti, i timori, i problemi, le aspettative, i ricordi, le speranze. La preghiera è dialogo, è vita.” Ciò che conta con Dio è il coraggio della verità.
Il Signore, come racconta a ogni pagina il Vangelo, non fa grandi cose con persone straordinarie, ma con persone vere. Invece, chi si basa sulle proprie capacità e vive di apparenze per sembrare a posto, tiene lontano Dio dal cuore. Gesù con le sue domande, con il suo amore, con il suo Spirito, ci scava dentro per fare di noi persone vere. E oggi c’è tanto bisogno di persone vere!
Aiutare il mondo a vivere in pace
Francesco sollecita le ragazze e i ragazzi presenti all’incontro a fare un passo ulteriore: trovato il rapporto con Dio, bisogna spingersi oltre se stessi e fa cenno allo “zelo per la missione”, citato in una delle precedenti testimonianze, che rischia di essere “anestetizzato dal nostro vivere nella sicurezza e nell’agio”, mentre poco distante da noi c’è la guerra e la sofferenza. Ecco allora l’invito del Papa ai giovani: “prendere in mano la vita per aiutare il mondo a vivere in pace“.
Lasciamoci scomodare da questo, chiediamoci, ciascuno di noi: io che cosa faccio per gli altri, per la Chiesa, per la società? Vivo pensando al mio bene o mi metto in gioco per qualcuno, senza calcolare i miei interessi? Interroghiamoci sulla nostra gratuità, sulla nostra capacità di amare secondo Gesù, cioè di servire.
La fede porta alla condivisione, porta alla libertà del dare
Il Papa ricorda ancora ai giovani il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci compiuto da Gesù a partire dal poco – cinque pani e due pesci – che un ragazzo, in mezzo alla folla accorsa per ascoltare le sue parole, aveva portato con sé. Era poco, ma donato a Gesù, quel cibo si moltiplica e basta per tutti. Da quel gesto di condivisione avviene il miracolo. E Francesco conclude:
Ecco dove porta la fede: alla libertà di dare, all’entusiasmo del dono, al vincere le paure, a mettersi in gioco! Amici, ciascuno di voi è prezioso per Gesù, e anche per me! Ricordati che nessuno può prendere il tuo posto nella storia della Chiesa e del mondo: nessuno può fare quello che solo tu puoi fare. Aiutiamoci allora a credere che siamo amati e preziosi, che siamo fatti per cose grandi.
Le testimonianze dei giovani
Berci, 15 anni, studente di liceo, era stato il primo ragazzo a dare la propria testimonianza di fronte al Papa, a dire la sua scoperta che “Dio e Gesù non sono personaggi di qualche libro di fiabe lontano da noi, né supereroi di un fumetto, ma infinitamente più di essi”. La religione era lontana da lui fino a quando una sera partecipa alla sua prima riunione di chierichetti: “Sebbene si ridesse molto – ricorda – questo non significava che qualcuno fosse anche solo per un momento poco serio riguardo a Dio”. Krisztina studia invece in una università cattolica e ha 20 anni. Parla della sua difficoltà nel vivere in un mondo frenetico e di come nei momenti difficili trova conforto guardando alla croce alla parete delle aule universitarie. “Non ci concediamo tempo per il silenzio nel rumore – riconosce – perché abbiamo paura della solitudine e poi ogni giorno finiamo per essere stanchi”.
La terza testimonianza è di Dora, studente di 16 anni. Dopo un periodo di profonda crisi spirituale, dice di aver partecipato a un evento per giovani un paio d’anni fa, e di come lì ha ritrovato la fede e ora guida i bambini, come insegnante, nel loro cammino verso Dio. Infine, Tòdor che studia in Ungheria ma che proviene dall’Ucraina e ha 17 anni. E’ figlio di un prete greco-cattolico. Al Papa dice che sente sempre di più il bisogno di testimoniare la sua fede perché molte persone sono indifferenti. “Il nostro senso della missione è spesso addormentato dal fatto che possiamo vivere in sicurezza e in pace”, afferma, ma dobbiamo vedere che a pochi chilometri di distanza, la guerra e la sofferenza sono all’ordine del giorno.