Gabriella Ceraso – CIttà del Vaticano
Promuovere la cultura dell’incontro. Il Papa lo ribadisce più volte nel suo saluto consegnato stamattina alla delegazione di accademici e diplomatici di diversi Paesi, che lavorano per l’Istituto Europeo di Studi Internazionali di Stoccolma, incontrati in Vaticano assieme al cardinale Anders Arborelius, vescovo della capitale svedese. L’Istituto, che ha le sue origini a Salamanca in Spagna, è uno spazio di dialogo tra istituzioni e organizzazioni internazionali e anche un centro di ricerca e di educazione nelle relazioni internazionali, nei campi della diplomazia, della governance globale, dello sviluppo sostenibile e della crescita economica a servizio del settore publico e privato.
Francesco prende spunto da un volume intitolato La cultura dell’incontro: relazioni internazionali, dialogo interreligioso e pace, e frutto di un recente seminario organizzato dalla Diocesi di Stoccolma e dall’Istituto, che rappresenta insieme uno sforzo e una proposta nella direzione della creazione di una rete interreligiosa internazionale, con l’obiettivo di lavorare per una “cultura dell’incontro”. L’idea è quella di una piattaforma internazionale paragonabile a quella che l’UNESCO offre per l’educazione, la scienza e la cultura, ma in questo caso diretta all’incontro e al dialogo tra civiltà e religioni.
Il volume e le idee sono state al centro dell’incontro odierno con la delegazione degli studiosi cui il Papa ha raccomandato, in sostanza, la preparazione delle generazioni future sui temi cruciali del dialogo e dello sviluppo integrale per costruire un mondo più unito e riconciliato. Punto di partenza e di arrivo ancora una volta “la cultura dell’incontr”o che la pandemia ha reso ancor più necessaria e improrogabile:
La persistente crisi sanitaria globale ha dolorosamente evidenziato l’urgente necessità di promuovere una cultura dell’incontro per l’intera umanità, affinché cresca tra gli uomini e le donne del nostro tempo il desiderio di incontrare gli altri, di cercare punti di contatto, di costruire ponti, di elaborare progetti che includano tutti. In tale contesto, accolgo con particolare favore la ricerca di risposte alle opportunità e alle sfide che questa prospettiva pone alle religioni del mondo.
Quale il ruolo dell’Istituto in questo contesto, quale, in relazione alla cultura dell’incontro? Un “ruolo importante” da condividere con i leader politici e religiosi, afferma Francesco e spiega:
Per sua natura, il vostro contributo chiede di fondarsi sia su un’analisi organica, sia su un orientamento alle applicazioni e ai risultati pratici e relazionali, con particolare attenzione ai diritti dei più poveri ed emarginati. In altre parole, le menti e i cuori devono essere in armonia nel perseguire il bene comune universale e – secondo la migliore tradizione della Scuola di Salamanca – nel cercare lo sviluppo integrale di ogni persona, senza eccezioni o ingiuste discriminazioni.
Questo “approccio integrato alla difesa e alla promozione dei diritti di tutti” – fa notare il Papa – “spetta ai leader politici e religiosi, perché è proprio una cultura dell’incontro che può fornire la base per un mondo più unito e riconciliato. Solo questa cultura, inoltre, può portare a una giustizia sostenibile e alla pace per tutti, così come a un’autentica cura per la nostra casa comune”. Quindi agli studiosi affida un compito insieme ad un incoraggiamento:
Mentre l’umanità continua ad affrontare le incertezze e le sfide del presente, vi incoraggio a rimanere impegnati nella ricerca di strade nuove e creative, che portino alla crescita di questa cultura dell’incontro, a vantaggio anche della concordia e del benessere delle generazioni future.