Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Don Orione chiedeva a Dio “una fornace di carità” per infiammare e rinnovare “il freddo e gelido mondo”. Papa Francesco si ispira alle parole del santo di Pontecurone, a 150 anni dalla sua nascita, nell’indicare una strada futura alla famiglia orionina al termine del Capitolo Generale:
È importante curare la qualità della vita comunitaria, le relazioni, la preghiera comune: questo è già apostolato, perché è testimonianza. Se tra noi c’è freddezza, o, peggio, giudizi e pettegolezzi, che apostolato vogliamo fare? Per favore, niente chiacchiericcio. Il chiacchiericcio è un tarlo, un tarlo che corrompe, un tarlo che uccide la vita di una comunità, di un ordine religioso. Niente chiacchiericcio. So che non è facile, questo vincere il chiacchiericcio non è facile e qualcuno mi domanda: “Ma come si può fare?”. Ma, c’è una medicina molto buona, molto buona: morderti la lingua. Ti farà bene.
Don Luigi, grande testimone di carità
E mentre ringraziate e fate festa, sentite viva la forza del carisma, sentite l’impegno che esso richiede per essere seguaci e familiari di un grande testimone della carità di Cristo; l’impegno di rendere presente, con la vostra vita e la vostra azione, il fuoco di questa carità nel mondo di oggi, segnato dall’individualismo e dal consumismo, dall’efficienza e dall’apparenza.
Un fuoco non un focolare
Ricordando il tema del Capitolo Generale, il Papa riporta quindi un’espressione tipica dell’ardore apostolico di don Orione: “Facciamoci il segno della croce e gettiamoci fidenti nel fuoco dei tempi nuovi per il bene del popolo”.
Per favore, che il fuoco non resti solo nel vostro focolare e nelle vostre comunità, e neppure solo nelle vostre opere, ma che possiate “gettarvi nel fuoco dei tempi nuovi per il bene del popolo”.
Il fuoco di Gesù, aggiunge il Papa, “è un fuoco di amore, un fuoco che accende il cuore delle persone, un fuoco che dà luce, riscalda e vivifica”.
Preghiera e opere
Fuoco che diventa carità, opere verso gli uomini e il Signore, e che si nutre soprattutto di preghiera perché “amare Dio e amare i fratelli – diceva don Orione – sono due fiamme di un solo sacro fuoco”.
Il fuoco si alimenta ricevendolo da Dio con la vita di preghiera, la meditazione della Parola, la grazia dei Sacramenti. Don Orione fu uomo di azione e di contemplazione.
L’apostolato che guarda al mondo
Francesco ricorda che una comunità che respira il fuoco dell’amore di Dio “diventa attraente anche di nuove vocazioni” e che i dolori del mondo sono la bussola per portare avanti la missione non con “spirito triste” né con “spirito chiuso”.
Questo richiede di guardare il mondo di oggi da apostoli, cioè con discernimento ma con simpatia, senza paura, senza pregiudizi, con coraggio; guardarlo come lo guarda Dio, sentendo nostri i dolori, le gioie, le speranze dell’umanità…Dobbiamo vedere le miserie di questo nostro mondo come la ragione del nostro apostolato e non come un ostacolo.
“Il nostro tempo – afferma il Papa – chiede di aprirci a nuove frontiere, di scoprire nuove forme di missione”. Da qui l’invito a guardare a Maria che andando di fretta verso Elisabetta scoprì i piani di Dio. “A me piace pregarla – conclude Francesco – come Nostra Signora in fretta, non perde tempo: va e fa”.