Adriana Masotti – Città del Vaticano
Papa Francesco risponde alle domande di Repubblica e La Stampa a Casa Santa Marta, nell’imminenza delle feste. Il significato del Natale oggi e il Natale della sua infanzia a Buenos Aires, le sue letture e gli sport preferiti, i poveri, i bambini ammalati e quelli abusati, il futuro dell’umanità: di questo ed altro Francesco parla nella conversazione con i giornalisti Paolo Rodari e Domenico Agasso.
Natale in famiglia con i cappelletti
Dei suoi ricordi del Natale in Argentina Francesco racconta che nella sua famiglia lo si festeggiava la mattina del 25 dicembre, sempre dai nonni. Una volta, dice, “siamo arrivati e la nonna stava ancora facendo i cappelletti, li faceva a mano. Ne aveva fatti 400! Eravamo sbalorditi! Tutta la nostra famiglia era lì: venivano anche zii e cugini”. Oggi, per il Papa il Natale “è sempre una sorpresa. È il Signore che viene a visitarci”, una sorpresa a cui si prepara predisponendosi a “incontrare Dio”. Poi dice di amare tanto le canzoni natalizie come “Silent Night” o “Tu scendi dalle stelle” che “trasmettono pace, speranza, creano l’atmosfera di gioia per il Figlio di Dio che nasce sulla terra come noi, per noi”.
Nei suoi pensieri i poveri e i bambini in ospedale
A Natale il suo pensiero va ai poveri, che sono come Gesù nato povero, e poi “a tutti i dimenticati, gli abbandonati, gli ultimi, e in particolare i bambini abusati e schiavizzati. A me fa piangere e arrabbiare – afferma – sentire le storie di adulti vulnerabili e di bimbi che vengono sfruttati”. Trovano spazio nel suo cuore anche i bambini che vivranno il Natale in ospedale. Di fronte alla loro sofferenza non ci sono parole, “possiamo solo aggrapparci alla fede”, mentre ai genitori dei bimbi sani il Papa raccomanda di non dimenticare “quanto sono fortunati” e di dedicarsi di più a loro. Papa Francesco dice di ammirare il lavoro del personale medico e sanitario negli ospedali. “Spesso – sostiene – non ci accorgiamo della grandezza dell’opera quotidiana di questi medici, infermieri e collaboratori sanitari, e invece dobbiamo tutti essere grati a ciascuno di loro”.
Il gioco a calcio nel ruolo di portiere, i libri più cari
Ricordando che pochi giorni fa ha compiuto 85 anni, una domanda al Papa è di raccontare come festeggiava il suo compleanno da bambino. “Era una festa per tutta la famiglia”, risponde Francesco. “Mia mamma faceva il cioccolato da bere, molto denso”. Riguardo ai suoi giochi d’infanzia, il Papa parla del calcio giocato in una piazza vicino a casa con tutti i ragazzi del quartiere. Spesso il pallone era fatto di stracci, la “pelota de trapo”, diventato un simbolo culturale nell’Argentina di quell’epoca. Ma di sé Francesco dice che non era molto bravo. “Allora stavo in porta, dove mi arrangiavo. Fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere ai pericoli che possono arrivare da ogni parte…”. Giocava anche a basket il giovane Jorge Maria Bergoglio, e in famiglia si teneva in gran conto la lettura. In particolare il papà era un lettore appassionato. Il Papa cita alcuni tra i volumi che l’hanno aiutato a formarsi, a crescere, come ad esempio “Cuore” di Edmondo De Amicis, i romanzi di Jorge Luis Borges e Fëdor Dostoevskij, e le poesie di Friedrich Hölderlin. Anche “i promessi sposi” e poi la “Divina Commedia” di cui il padre recitava a memoria alcuni passaggi. “Da lui sentii per la prima volta questi versi: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura”. E poi il terzo canto dell’Inferno: “Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”. La mamma raccontava ai figli le opere liriche trasmesse alla radio e li portava anche a teatro. Leggere, afferma Francesco, “è un dialogo con il libro stesso, è un momento di intimità che né la tv né il tablet possono dare”.
Qualche momento di nostalgia, ma non di malinconia
La conversazione prosegue con una domanda che riporta a Papa Francesco oggi: c’è in lui un po’ di nostalgia della giovinezza? Qualche volta, ammette il Papa, ricordando le cose belle. Come quando al compimento dei suoi 16 anni, com’era tradizione in Argentina, ha indossato i suoi primi pantaloni lunghi, da uomo – ed era come un’entrata in società – e la commozione della nonna materna Maria nel vederlo così. Nonna Rosa, “era più riservata, parlava poco ma capiva tutto”. Dei momenti vissuti con loro e con i nonni ho nostalgia, dice, ma “la malinconia non mi prende” e aggiunge: “Forse per mia formazione personale, non me la permetto. E un po’ forse perché ho ereditato il carattere di mia mamma, che guardava sempre avanti”. Tra le persone di cui sente di più la mancanza sono i suoi tre fratelli a cui pensa però con serenità immaginandoli “in pace”.
Una giornata che comincia alle quattro di mattina
Alla domanda sulla sua attuale salute, dopo l’intervento al Gemelli, il Papa risponde che sta bene tanto che ha potuto fare diversi viaggi “e altri viaggi ne farò, se il Signore vorrà, nel 2022”. E descrive la sua giornata il cui ritmo non è cambiato: “Mi alzo sempre alle 4 di notte e inizio subito a pregare. E poi avanti con gli impegni e appuntamenti vari. Mi concedo solo una breve siesta dopo pranzo”.
Dalla solidarietà a tutti i livelli dipenderà il nostro futuro
L’intervista si conclude con lo sguardo del Papa sul futuro dell’umanità colpita dalla pandemia, da conflitti e divisioni. L’avvenire dipenderà, afferma, “se sarà costruito o ricostruito insieme”, perché ci salveremo solo se vivremo la fraternità universale. E prosegue: “Questo però significa che la comunità internazionale, la Chiesa a cominciare dal Papa, le istituzioni, chi ha responsabilità politiche e sociali e anche ogni singolo cittadino in particolare dei paesi più ricchi, non possono né devono dimenticare le regioni e le persone più deboli, fragili e indifese, vittime dell’indifferenza e dell’egoismo”. A questo va la mia preghiera, afferma Papa Francesco, “prego Dio affinché in questo Natale trasmetta sulla Terra più generosità e solidarietà”, nei fatti. “Spero – conclude – che il Natale scaldi il cuore di chi soffre, e apra e rafforzi i nostri affinché ardano dal desiderio di aiutare di più chi è nel bisogno”.