Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Mai come in questi anni l’attività dell’Acnur, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati, agenzia nata nel dicembre 1950, si è rivelata essenziale per far fronte ad emergenze quali l’immigrazione, l’organizzazione dei campi di raccolta di chi fugge da guerre, fame e persecuzioni di ogni genere. Oggi l’Alto commissario dell’organismo dell’Onu, Filippo Grandi, è stato ricevuto in udienza da Papa Francesco. Ai microfoni di Radio Vaticana–Vatican News, Grandi sottolinea la difficile opera di dialogare con un mondo indifferente alle istanze dei più poveri e vulnerabili.
Commissario Grandi, l’udienza con Papa Francesco giunge in un momento difficile per tutta la comunità internazionale, per noti motivi, primo tra tutti la pandemia. Quali i temi dell’incontro con il Pontefice?
R. – Innanzitutto, proprio questo contesto internazionale difficile, nel quale i gruppi più vulnerabili, quelli di cui ci occupiamo noi – rifugiati, sfollati – sono particolarmente esposti, soprattutto alle conseguenze economiche della pandemia. Poi, il contesto anche politico, che resta molto difficile per queste persone, anche perché è stato molto politicizzato, e l’accoglienza, che dovrebbe essere un gesto umanitario, come ci ricorda appunto Papa Francesco, è diventata molte volte un argomento di dibattito politico. Ma poi anche situazioni specifiche: abbiamo parlato di America Centrale, di America del Sud, soprattutto dell’esodo dei venezuelani, di Libano: un Paese in profonda crisi. E anche di Europa e della necessità per l’Europa di dotarsi al più presto di uno strumento comune per accogliere, identificare i rifugiati, integrare, e così via. E devo dire che tra il Santo Padre e noi su questi temi c’è piena identità di vedute.
Chi sono i rifugiati oggi? Quali le loro storie, anche drammatiche, che si portano dietro?
R. – Sono, secondo la definizione storica, persone che fuggono da violenza, discriminazione, persecuzioni. E sempre di più, come il Papa ha ricordato stamattina, conflitti e guerre che sembrano moltiplicarsi e mai risolversi. E questi esodi, questi esili, si mescolano ad altre situazioni: di povertà, di cambiamento climatico, di pandemia oggi. Quindi, sono flussi di popolazione molto complessi che anche per i governi sono difficili da gestire; ma senza una buona gestione, non soltanto si creano tensioni anche con le comunità locali, che vanno risolte, ma soprattutto si lasciano queste persone in situazioni “sospese”, molto dure dal punto di vista umano e umanitario.
È difficile a volte dialogare con un mondo spesso sordo alle istanze dei più poveri, dei più vulnerabili…
R. – Un mondo sordo, un mondo indifferente, un mondo distratto anche da molti altri problemi, e la pandemia è una distrazione molto reale purtroppo. Ma anche un mondo in cui purtroppo c’è chi invece grida troppo e utilizza la sofferenza di queste persone per guadagnare voti, vincere le elezioni, e avere più potere. E questo è quello che disturba ed è quello a cui dobbiamo contrapporre proprio il messaggio di Papa Francesco: il messaggio di solidarietà, di umanità, il messaggio di fratellanza che lui costantemente cerca di diffondere in tutti i Paesi del mondo.
I rifugiati: persone alla ricerca sicuramente di un futuro migliore, ma che spesso sono costrette a rimanere in luoghi di raccolta in condizioni difficilissime. Una di queste è l’isola di Lesbo, dove tra l’altro cinque anni fa si è recato Papa Francesco…
R. – Certo, perché oggi questi flussi umani non soltanto sono il modo per queste persone di uscire da situazioni disperate, ma purtroppo attraversano altri Paesi che sono anch’essi in situazione disperata, o contesti nei quali queste persone non trovano quella protezione, quella stabilità e quell’accoglienza che dovrebbero trovare. Non è soltanto l’isola di Lesbo… Pensiamo alla Libia, che è anch’essa un Paese di transito. Pensiamo alla rotta balcanica – ne abbiamo parlato con Papa Francesco – che oggi in Italia sta diventando di nuovo una fonte di arrivi e di complicati movimenti. Quindi, purtroppo, in un mondo in cui siamo diventati tutti più mobili, anche i rifugiati ed i migranti, questa mobilità, che spesso è sfruttata da criminali e da trafficanti, può mettere persone in fuga in altre situazioni di pericoli.
L’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati è un organismo nato nel 1950. Due i Premi Nobel per la Pace assegnati a questa agenzia dell’Onu, nel 1954 e nel 1981. Ciò vuol dire che da più di 70 anni l’opera dell’Acnur è essenziale?
R. – E pensi che l’Alto Commissariato era stato appunto fondato nel 1950 per durare tre anni. E dopo più di 70 anni siamo ancora, purtroppo – insisto sulla parola “purtroppo” – necessari. Tra l’altro quest’anno, il 2021, è il 70° anniversario della Convenzione sui diritti dei rifugiati: un documento che, nonostante la sua età che ormai comincia ad essere avanzata, continua ad essere di grandissima attualità.