Alessandro De Carolis e Benedetta Capelli – Città del Vaticano
“Mi sono commosso”: scrive così in una lettera Papa Francesco alla rivista “Alfa y Omega”, dopo aver ricevuto la fotocopia di un registro conservato negli archivi della Basilica del Santissimo Sacramento di Buenos Aires nel quale venivano annotati i nomi degli “adoratori notturni”, ovvero persone che la sera dalle ore 21 si alternavano in turni di preghiera davanti all’Eucaristia, una pratica in uso nella Basilica fin dal 1917. Tra quei nomi spiccano quelli di Jorge Mario Bergoglio e di suo fratello Oscar, che tra il 1954 e il 1955 condivisero questa esperienza segnata da una figura fondamentale, quella di padre José Aristi, religioso sacramentino, provinciale della sua Congregazione, che trascorse infinite della sua vita di sacerdote ore in confessionale. Una figura della misericordia, amata e centrale nella vita di colui che sarebbe diventato Papa.
Sabati di preghiera
“Venite adoremus” è la frase che Francesco ricorda con “emozione”. La usavano i vari adoratori per svegliare la persona che veniva in turno dopo di loro. Dalla sua casa di Flores, alla periferia di Buenos Aires, il giovane Jorge – rievoca la rivista – andava in autobus al centro città per raggiungere la Basilica del Santissimo Sacramento, e molti sono stati i sabati sera trascorsi pregando. L’adorazione iniziava verso le nove di sera, dopo la predicazione di padre Aristi”, spiega il Papa nella lettera. La fiammella della vocazione in lui si era già accesa ma, scrive, quella che conduceva era “una vita cristiana normale”. Poi è arrivata l’esperienza di quelle notti di adorazione a segnarlo nel profondo.
Questa croce non può finire sottoterra
Quando padre Aristi muore nella Veglia di Pasqua del 1996, monsignor Bergoglio, allora vescovo ausiliare, scende nella cripta della Basilica dove è stato posto il corpo e mentre depone dei fiori compie un gesto quasi d’impulso. Ho preso, racconta Francesco, “la croce del rosario e l’ho staccata con un po’ di forza”. “In quel momento ho guardato il prete e ho detto: ‘Dammi la metà della tua misericordia’” e “ho sentito qualcosa di forte che mi ha dato il coraggio di farlo”. Unico testimone di quel gesto, annota la rivista, è il sacerdote sacramentino Andrés Taborda. “Ricordo che disse: “Era il mio confessore. Con questo rosario in mano ha assolto molti, molti peccatori; non è possibile per lui portarlo sottoterra’”.
Il rosario nella tasca che non c’è
La rivista riporta anche l’aneddoto riferito da Diego Vidal, un laico che da anni coordina gli adoratori notturni nella basilica. Racconta: “A un congresso eucaristico, in una provincia lontana da Buenos Aires, l’allora arcivescovo mi passò accanto e gli chiesi se conosceva padre Aristi. Si fermò immediatamente e mi rispose: ‘Lo conosco? E tirò fuori il rosario del prete dal suo abito”. Da allora per il vescovo e cardinale Bergoglio, e oggi per Papa Francesco, la croce del Rosario di padre Aristi è compagna inseparabile. “L’ho messa qui, nella mia tasca”, scrive ancora. “Le camicie del Papa non hanno tasche, ma io porto sempre un piccolo sacchetto di stoffa”, e da allora fino ad oggi la mia mano va sempre qui. Sento la grazia! L’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite fa molto bene”.