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Il Cile dice “no” alla riforma della Costituzione voluta dal presidente Gabriel Boric e dalla maggioranza di centrosinistra che lo sostiene. Oltre il 60% degli elettori, quindi circa 15 milioni di persone, chiamati obbligatoriamente ieri alle urne hanno votato in sfavore della nuova Carta preferendo mantenere quella “ultra-liberista” scritta nel 1980, sotto il regime di Augusto Pinochet. La notizia, secondo gli analisti, potrebbe far insorgere nuove proteste nel Paese latinoamericano e far cadere il governo di Boric, in carica da meno di un anno. La decisione di scrivere una nuova Costituzione era stata presa dagli stessi cittadini cileni nell’ottobre 2020 quando oltre il 78% dell’elettorato ha votato al referendum per redigere il testo che avrebbe potuto rappresentare un cambio radicale per il Paese.
Il testo e le possibili riforme
La nuova Costituzione era composta da 388 articoli e scritta da un’Assemblea formata da 154 cittadini, tra politici, attivisti, avvocati, scienziati. Tra loro, per la prima volta, anche i popoli indigeni che, grazie a una legge apposita, hanno ottenuto 17 posti per i loro rappresentanti. Si trattava anche della prima Costituzione paritaria, scritta al 50% da uomini e donne; essa avrebbe approvato inoltre politiche sostenibili a livello ambientale. Per mesi i sondaggi hanno dato in vantaggio il numero di cittadini che avrebbero votato per il rechazo (rifiuto) ma la realtà ha superato ampiamente le previsioni.