Il presidente della Cei parla a un incontro organizzato dalla Focsiv e ribadisce il valore del negoziato per mettere fine al conflitto nel Paese dell’est europeo. Sulle riforme in Italia mette l’accento sulla necessità di proseguire con un accordo comune, come avvenne durante la Costituente. Poi, sulla cooperazione allo sviluppo lancia la proposta di stati generali
Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Guerra in Ucraina, lotta allo sfruttamento del lavoro, autonomia differenziata, cooperazione allo sviluppo. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, incontra a Roma una sessantina di esponenti della Focsiv, la Federazione delle ong d’ispirazione cattolica, e con i volontari affronta i temi di più stretta attualità, e allo stesso tempo lancia l’idea degli stati generali della cooperazione allo sviluppo.
L’Europa nasce per risolvere i conflitti ma c’è una logica militare
Il porporato è anche inviato del Papa proprio per tentare di risolvere la crisi della guerra in Ucraina, e chiede che si arrivi presto a un negoziato. “Penso che dobbiamo preoccuparci moltissimo se la logica è solo quella del riarmo. E quando l’Europa investe o pensa che sia quella l’unica via, dobbiamo preoccuparci ancora di più – dice il cardinale – perché l’Europa nasce esattamente al contrario, dalla convinzione profonda che bisogna risolvere i conflitti non con le armi, ma con una sovranità che sia in grado di trovare gli strumenti per questo. Nella complessità, penso che c’è molto da lavorare in questo senso qui, purtroppo c’è una logica militare, se la pace è la vittoria quanti rischi di questo! Dobbiamo credere che ci sia un altro modo, l’insistenza del negoziato non è accanimento terapeutico. Risolvere i conflitti pensandoci insieme e trovando gli strumenti sovranazionali per risolvere”.
In Italia le riforme non creino squilibri
Sul premierato, il cardinale ha ribadito che la sua precedente presa di posizione era dettata dalla necessità di trovare un accordo comune tra le forze politiche, “un discorso un po’ da prete”, ha detto scherzando . Tutto questo in una logica di “grande consenso”, come avvenne nella Costituente quando c’erano differenze molto più forti tra i costituenti. Il presidente della Cei, inoltre, sull’autonomia differenziata, riprende il pensiero espresso dal cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, affinché essa non crei “squilibri”. Ed ancora, su “cosa diventerà ci sono molti interrogativi, non ci hanno ascoltato”.
Sorprendersi del caporalato è un’ipocrisia
Da sempre, poi, la Chiesa lavora per arginare la piaga del caporalato soprattutto nelle campagne. E lo fa anche col Progetto Policoro che, attraverso l’animazione delle comunità territoriali, si propone di essere una presenza evangelizzatrice nel mondo del lavoro. Il cardinale Zuppi afferma che “ci si sorprende che ci sia il caporalato, che ci siano i morti sul lavoro, ma è un’ipocrisia”. Da anni, infatti, in Italia, ogni giorno, in media muoiono tre persone nelle imprese e nelle aziende, e lo scorso anno ci sono state almeno 585 mila denunce di infortunio. Sul fatto di Latina, ha ricordato che il giovane bracciante è morto perché non soccorso, ma che comunque non tutti sono insensibili al tema dell’immigrazione, perché colui che lo ospitava a casa lo ha fatto ricordandosi del padre che da migrante in Svizzera dormiva nelle cabine del telefono.
Gli stati generali per rafforzare la cooperazione
Il cardinale Matteo Zuppi lancia, infine, l’idea degli stati generali della cooperazione, “perché siamo in un momento di grandi sfide, per motivare, rispiegare. Non c’è futuro senza cooperazione e allora occorre dare risposte. Serve quindi un maggior sostegno a questo settore”, ma c’è purtroppo la tendenza a riempire gli arsenali invece che i granai. Ad oggi, per la maggior parte dei Paesi industrializzati, è lontano l’obiettivo di destinare alla cooperazione lo 0,7% del Pil. D’accordo Ivana Borsotto, presidente della Focsiv, convinta che “gli stati generali sarebbero un percorso di cui c’è bisogno, perché non dobbiamo avere un atteggiamento difensivo, troppi Paesi non vogliono la cooperazione allo sviluppo. Ne consegue che serve tornare a fare proposte politiche alle istituzioni e ai partiti, anche sull’intelligibilità della politica estera italiana”. La Focsiv, che comprende un centinaio di ong per 15 mila volontari, da parte sua chiede che l’Europa sia più presente in Africa, evitando che tutto lo spazio sia occupato da Cina e Russia.