Chiesa Cattolica – Italiana

Il cardinale Czerny e il dolore delle donne, vittime della crudeltà della guerra

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Marina e Nadja per scappare dalle bombe su Kharkiv hanno preso un taxi fino al confine con la Moldavia. Natalia ha usato il tavolo di un ristorante come letto. Tamara per la fretta di fuggire ha dimenticato il cellulare a casa e non ha avuto contatti coi figli per settimane. Dana e Danjra hanno viaggiato da sole, a 18 anni, per quindici ore in macchina.

Storie di vita

In un salone di una struttura alla periferia di Budapest, si tocca con mano il dolore che questa “crudele” guerra sta portando a un popolo. Se ne fanno portavoce sei profughe ucraine, tutte donne, ora al sicuro grazie all’aiuto ricevuto dalle équipe dell’Ordine di Malta, che attendono una nuova destinazione. Il cardinale Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale, al suo terzo ed ultimo giorno di missione in Ungheria, le incontra nel pomeriggio del 10 marzo in un centro sportivo trasformato in pochi giorni in centro accoglienza. Aiutato da un traduttore, il porporato si ferma ad ascoltare queste storie, fa domande, guarda le immagini sui cellulari. Foto di bunker, di alloggi di fortuna, di neonati e genitori anziani.

Natalia e le lacrime per i genitori anziani

Genitori come quelli di Natalia a cui la guerra non dà tregua dal 2014. Originaria del Donesk, da dove è fuggita nel 2015, ora si è ritrovata di nuovo tra paura e distruzione e dal 5 marzo si è messa in viaggio con un’altra ragazza di 29 anni, per poi dividersi: una in Germania, l’altra verso la Francia. Quando vede entrare il cardinale è l’unica a non alzare nemmeno lo sguardo, sempre fisso sullo smartphone. Poi, sentendo le storie delle altre connazionali, si alza e ci tiene a mostrare a Czerny le tappe del suo viaggio, documentate sul telefonino: dai sotterranei del suo palazzo, con la figlia dei vicini di pochi mesi a dormire sotto i tubi dell’acqua, alle palestre nei sacchi a pelo, fino al ristorante di un albergo abbandonato. Nella gallery appare la foto dei genitori e Natalia scoppia a piangere: “Non hanno cibo, né medicine, moriranno anche senza bombe”.  

Natalia mostra al cardinale la foto dei suoi genitori anziani rimasti in Ucraina

Marina, fuggita in taxi da Kharkiv

A metterle una mano sulla spalla c’è Marina, 62 anni. Ex impiegata in una fabbrica per la costruzione di space shuttle, è scappata da Kharkiv insieme alla figlia disabile intellettiva. “Abbiamo preso un taxi fino al centro dell’Ucraina”. E quanto avete pagato? “Niente, il tassista ha voluto solo un contributo per la benzina”. Ora Marina attende di essere trasferita in Germania. Non ha visto la sua casa sgretolarsi sotto i colpi di mortaio, ma c’è stato un “punto di non ritorno”: “La trentunesima volta che siamo stati costretti a scendere nei sotterranei. Non sopportavo più il suono continuo della sirena, mi faceva impazzire. Ho deciso di andarmene”. Non rimpiange questa scelta, nonostante “a casa” abbia lasciato marito e padre. Piange invece per “il calore umano” ricevuto a Budapest: “Sono davvero riconoscente”, ripete al cardinale che la benedice e le regala un’immaginetta con una preghiera di Papa Francesco.

Il cellulare dimenticato di Tamara

“Anche io”, risponde Tamara. È una signora minuta sulla sessantina, ha il volto smunto e gli occhi stanchi per i cinque giorni di viaggio. Ride mentre racconta che nella fretta di sistemare la valigia, ha lasciato il telefono in qualche parte della casa. Ma è una risata isterica che si trasforma subito in pianto: “Per quasi una settimana ho girovagato senza poter comunicare. I miei figli sono in città. Li abbiamo sentiti grazie ai volontari, sono al sicuro con la comunità battista in un bunker”.

Czerny benedice una profuga ucraina

Alla stazione ovest di Nyugati

Le donne sono una piccola parte dei 54 profughi attualmente assistiti dall’Ordine di Malta che offre, peraltro, un servizio anche di trasporto di ambulanze (“un ospedale su quattro ruote”) fino alle frontiere, unica realtà caritativa a farlo. Operano pure, a fianco alla Caritas, nella stazione di Keleti a est di Budapest. Czerny l’ha visitata nel primo giorno di viaggio. Ieri mattina – dopo una lunga sosta alla sede del Jesuit Refugee Service, guidato da padre Sajgó Szabolcś – ha voluto visitare la stazione a ovest, Nyugati pálayauvdar. Uno scenario totalmente differente rispetto a Keleti, con profughi ammassati e una scarsa armonizzazione dei servizi. La gente che scende a Nyugati è però il doppio: quasi 3-4mila al giorno. Poco prima dell’arrivo di Czerny, una mail dalla frontiera annuncia un treno con 125 persone provenienti da Zahony. Tante, tantissime le persone di etnia Rom: guardano il passaggio del cardinale con differenza, poi, al primo gesto di lui di avvicinarsi, sono curiosi e raccontano la loro storia. Miriana, ad esempio, dice che a Odessa con la sua famiglia erano mercanti o impiegati in fabbrica. Sono stati evacuati da un’ora all’altra: “Vogliamo raggiungere Berlino ma non ci sono mezzi”. Nessuno li accoglierà in Germania, ma vogliono tentare la sorte “perché lì ci sono più possibilità”.

Il saluto ad alcuni giovani nigeriani, in fuga da Kiev, alla stazione di Nyugati

Il saluto ai giovani ecuadoriani evacuati da Kiev 

Ultima tappa della missione del cardinale è stata la parrocchia di Szent József, a Esztergom, guidata da don András Szili. Ha 35 anni, è prete da dieci e da tre parroco e cappellano degli hispanohablantes. Da settimane vive in mezzo a telefonate del tipo: “Don András? Oggi altri 42”. Sono i giovani profughi ecuadoriani evacuati da Kiev che, in attesa di tornare a casa grazie al consolato, soggiornano nell’oratorio o nelle sale del catechismo. Restano per qualche notte e dividono in 56 un computer e due bagni, con una sola doccia. Accolgono Czerny, accompagnato dal cardinale arcivescovo di Budapest, Peter Ërdo, seduti in cerchio in una sala. “Sono qui perché il Papa vuole esprimere vicinanza e speranza per l’Ucraina”, ha detto il porporato. “Il Santo Padre vi chiede di pregare per contribuire alla pace”.

Al cardinale si avvicinano due bambini che offrono biscotti. Seguono racconti e una stretta di mano, infine una foto di gruppo. L’emissario papale, infine, si congeda: “Non dimenticate la carità ricevuta, quando tornerete nel vostro Paese sarete voi a offrirla”.

Questa mattina il cardinale ha fatto rientro a Roma.

Due bambini offrono dei biscotti al cardinale
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