Il cardinale commenta il viaggio del Pontefice nell’isola confermato oggi: “Un regalo che ci stimola alla responsabilità per il futuro”. Francesco vi arriverà il prossimo 15 dicembre, per concludere il congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo: “Non un’occasione di folklore, ma di evangelizzazione. In mezzo a tante guerre, anche nel Mediterraneo, possiamo trasmettere una vita fraterna attraverso le tradizioni”
23/11/2024
Annunciata oggi la visita di un giorno del Pontefice nell’isola del Mediterraneo, luogo di nascita di Napoleone, dove si svolge una conferenza organizzata dalla Diocesi di Ajaccio …
Quale descrizione potrebbe fare della Chiesa in Corsica?
La nostra Chiesa è legata alle tradizioni, molto legata al cattolicesimo, perché è un’isola e come tutti i Paesi piccoli ha conservato le tradizioni legate a un santo, a un martire, alla Madonna. Quindi è una Chiesa che ha conservato la dimensione tradizionale e spirituale religiosa. Quello che mi sembra importante è di non rimanere a un livello solo di tradizione esteriore, ma sottolineare come queste tradizioni ci stimolano per vivere fino in fondo e con passione la fede. Il messaggio è sempre il Vangelo. Gesù ci dice: “Andate per le strade. Andate a due a due…”. Quindi ci invita a rischiare nell’incontro con l’altro e quando ci sono manifestazioni popolari, c’è l’incontro con gli altri. E magari, tra gli altri, c’è gente di destra, di sinistra, amici, nemici, ci ritroviamo tutti, perché la fede unisce. Questo, secondo me, è importante. Nella mia terra e nella mia diocesi ci sono queste tradizioni. La gente è legata a queste tradizioni e ci tiene al fatto che nel paese il sacerdote, il parroco o il vescovo vadano a celebrare un evento anche nelle strade delle città.
I cattolici corsi sono cattolici francesi ma vivono la loro cattolicità diversamente rispetto al resto del continente?
C’è più serenità, secondo me. Anche con le autorità civili, i deputati, senatori, sindaci, non ci sono molte difficoltà nei reciproci rapporti. C’è una laicità, ognuno ha la sua responsabilità nella città ma la viviamo in maniera serena e anche responsabile: ognuno al suo posto, ma volendo sempre il bene di tutti e il bene del popolo.
Sappiamo quanto Papa Francesco è legato alle questioni dei Paesi del Mediterraneo. La Corsica è stata quasi sempre rappresentata agli incontri mediterranei. Qual è la vocazione dell’isola nel laboratorio di pace che è il Mare Nostrum?
Noi siamo in un posto proprio strategico. Siamo vicini alla Sardegna quindi è importante che possiamo lavorare sulle nostre tradizioni perché possano andare oltre la nostra isola. È per questo che è bello parlare di laboratorio e poter trasmettere ad altre realtà una vita pacifica, serena tra autorità civili, autorità religiose, e il legame con il popolo. Vediamo che ci sono tante guerre anche qui nel Mediterraneo, quindi possiamo trasmettere una vita fraterna attraverso le nostre tradizioni. Per questo vogliamo che le autorità civili e quelle ecclesiastiche possano dialogare. Oggi non possiamo essere nemici istituzionali. Ci vuole anche una responsabilità per il bene del popolo, perché alla fine, se rimaniamo tra noi, dimentichiamo la gente. E questa gente ha bisogno di autorità che si impegnano per il bene loro e autorità spirituali che pensano alla loro anima, che ricordano che ci sono valori, ideali. E lì possiamo ritrovarci.