Riuniti a Benevento il 16 e 17 luglio per ripensare la presenza della Chiesa nell’entroterra italiano, i presuli di 14 regioni evidenziano la necessità di aprirsi “a forme nuove, capaci di valorizzare al meglio le risorse”, si impegnano a restare in quei territori fragili, che tuttavia custodiscono “potenzialità straordinarie”, e ad aiutare i giovani e chiedono alla politica “un piano globale” per i comuni più trascurati e “in condizione di marginalità”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Serve “una pastorale il più possibile idonea alle Aree interne”, “nuova pastorale rurale, capace di valorizzare il mondo dei lavoratori della terra”, dunque vanno superati vecchi stereotipi e “l’ottica ristretta del campanile” per aprirsi “a forme nuove, capaci di valorizzare al meglio le risorse” a disposizione. A sottolinearlo nel “Messaggio alle nostre Chiese”, sono i vescovi delle Aree interne, al termine dell’incontro svoltosi a Benevento, il 16 e 17 luglio, per ripensare la presenza della Chiesa nelle “Aree interne” individuando prospettive nuove e soluzioni concrete. Durante la due giorni, oggetto di riflessione di una trentina di presuli di 14 diverse regioni, è stato anche l’allarme lanciato da Papa Francesco, il 20 gennaio scorso, ricevendo l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, sui piccoli comuni dell’entroterra della penisola italiana “spesso trascurati” e “in condizione di marginalità”, i cui cittadini, “una porzione significativa della popolazione, scontano divari importanti in termini di opportunità, e questo resta una fonte di disuguaglianza”.
Aiutare i giovani
I vescovi ribadiscono il loro impegno “a restare”, ripetendo, come già affermato due anni fa, che “la Chiesa non vuole abbandonare questi territori” e non intende “irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla”, per questo si impegnano ad aiutare i “giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta”, e “ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove”. Nel Messaggio si evidenzia che “le Aree interne costituiscono la parte consistente e fragile” di tutta l’Italia, ma custodiscono “potenzialità straordinarie”, tanto da rivelarsi “una ricchezza sorprendente”, soprattutto “in un tempo in cui la distanza relazionale crea vere e proprie disconnessioni umane e lo spazio, quello verde soprattutto, va rarefacendosi”, essendo “dotate di paesaggio e di un ricco patrimonio storico-artistico ed enogastronomico, dove le relazioni umane sono vissute in modo autentico”.
Sostegno alle periferie dalla Chiesa e dallo Stato
Come ha detto il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, le Aree interne “hanno la forza di essere comunità, luoghi dove i legami si rinsaldano e ci si ritrova”, ricordano i presuli, e dunque “è necessario partire dalle ‘periferie’, espressione felice di Papa Francesco, per capire anche tutto il resto”. E allora, oltre a una “nuova pastorale rurale”, occorre che la “politica, con il concorso dei corpi intermedi”, elabori “un piano globale per valorizzare tale risorsa”. “Trascurare la questione delle Aree interne – che attraversa per intero il Paese, da nord a sud – rischia di ledere i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione – si legge ancora nel Messaggio – e di allargare ulteriormente il fossato tra zone ricche e povere, fossato che in molte situazioni è vissuto già all’interno di una stessa Regione”. Come il cardinale Zuppi, i vescovi, dunque, auspicano “politiche serie e stabili a sostegno della natalità e della famiglia” e suggeriscono “un’idea seria di accoglienza” per “dare futuro alle Aree interne e anche al nostro Paese”.