Il presidente della Conferenza episcopale turca, monsignor Martin Kmetec, racconta l’udienza con il Pontefice del 9 febbraio a conclusione della visita ad limina: “Con Francesco abbiamo condiviso i nostri problemi e le nostre speranze. Dopo l’attentato alla chiesa di Istanbul i fedeli hanno paura ma occorre uscire dal clima di terrore”. La Chiesa è sempre più impegnata a curare le ferite del terremoto del 2023, che ha causato più di 50 mila morti
Federico Piana- Città del Vaticano
“Prima di tutto, abbiamo ringraziato il Santo Padre per il suo interesse dimostrato alla nostra Chiesa”. A raccontare l’udienza di ieri, venerdì 9 febbraio, di Papa Francesco ai vescovi della Turchia è monsignor Martin Kmetec. Come arcivescovo metropolita di Smirne e presidente della Conferenza episcopale turca, il presule ci tiene a far sapere ciò che, in quel momento, è traboccato dal suo cuore: “La più grande gratitudine per le attenzioni, la vera cura, che il Pontefice non c’ha mai fatto mancare”, dice. Per poi aggiungere che con “Francesco abbiamo condiviso alcune problematiche, molto importanti, che riguardano la nostra situazione”.
Dialogo intenso
L’udienza di ieri ha chiuso ufficialmente la visita “ad limina apostolorum” che i vescovi turchi avevano iniziato qualche giorno prima, incontrando quasi tutti i vertici dei dicasteri della Curia Romana. “E’ stato tutto molto inteso – spiega monsignor Kmetec- in questi incontri, abbiamo potuto far conoscere le cose positive che sta vivendo la Chiesa turca”. Nella nazione dell’Asia occidentale a maggioranza musulmana, la Chiesa cattolica rappresenta lo 0,07 per cento della popolazione: “Ma anche se siamo minoranza assoluta – afferma il vescovo – viviamo intensamente per confermare la nostra presenza in questa terra, anticamente terra di cristianesimo”.
Coraggio e speranza
Dopo l’attentato compiuto il 28 gennaio scorso nella chiesa della Natività di Nostra Signora a Büyükdere, nel distretto di Sariyer a nord di Istanbul, costato la vita ad un uomo di 52 anni, i fedeli hanno sempre più paura. Quell’atto criminale “è stato concepito anche con lo scopo di terrorizzare tutti i cristiani del Paese” ammette il presidente della Conferenza episcopale turca che però, allo stesso tempo, è convinto che “e nostre comunità ecclesiali non possono rimanere in uno stato di prostrazione e paura. L’ho detto molte volte e lo ripeto: la vita deve riprendere con coraggio e speranza”. Una speranza che fa delineare a monsignor Kmetec un futuro prossimo ricco di spunti missionari interessanti: “Ci sono molte possibilità ecclesiali per creare attività fino ad oggi non considerate. Ma dobbiamo fare tutto con grande umiltà, senza fare troppo rumore”.
Ricostruire, nuova sfida
La Chiesa turca è impegnata anche su un’altra sfida: curare le ferite del terremoto che nel 2023 investì anche la Siria, provocando decine di migliaia di morti. “Caritas Turchia e Caritas Anatolia stano facendo tutto per aiutare, in base alle loro possibilità. Ma le chiese che sono cadute, compresa la cattedrale di Iskenderun, aspettano ancora le procedure necessarie affinché la ricostruzione possa cominciare. Sono sicuro che con le nostre autorità si troverà una soluzione soddisfacente per tutti”, conclude monsignor Kmetec.