Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
La Chiesa del Sudan guarda con apprensione gli sviluppi del golpe militare del 25 ottobre scorso Ad esprimere la sua preoccupata sollecitudine è il presidente della Conferenza episcopale del Sudan, monsignor Yunan Tombe Trille, vescovo della diocesi di El Obeid, che ha lanciato un appello alla comunità internazionale, perché esorti i militari a mostrare rispetto e a dare valore alla vita umana. Il riferimento è alle dieci persone che hanno perso la vita durante le manifestazioni contro il colpo di Stato dei giorni scorsi, ma anche agli arresti dei membri civili del governo, tra i quali il premier Abdallah Hamdok, ricondotto ieri nella sua abitazione.
Le pressioni della comunità internazionale
Il capo del governo Hamdok ha anche avuto un colloquio telefonico con Anthony Blinken. Anche il segretario di Stato americano ha chiesto al governo golpista di rilasciare tutti i dirigenti civili arrestati. Stati Uniti, Unione Europea e altri Paesi chiedono di poter incontrare il premier deposto, mentre una forte presa di posizione di condanna è stata adottata dall’Unione Africana, che ha sospeso il Sudan dall’organizzazione. L’istituzione panafricana definisce incostituzionale il colpo di Stato che ha esautorato il governo di transizione democratica. La sospensione rimarrà in vigore sino a quando non verrà effettivamente restaurata in Sudan l’autorità civile.
Quale futuro per il Sudan
Tutti gli interrogativi rimangono in piedi sulla giunta militare che dovrà guidare l’esecutivo sino alle elezioni del 2023. Proprio per questo monsignor Trille chiede che si faccia pressione sulla giunta militare, perché rispetti le norme in vigore, rilasci i ministri arrestati e restituisca il potere al governo civile. Intanto, le dimostrazioni continuano. Ieri si è vissuta nella capitale Karthoum un’altra giornata di forte tensione, con le forze dell’ordine che hanno sparato lacrimogeni contro i manifestanti Ma all’Onu il Consiglio di Sicurezza appare diviso su una possibile risoluzione di condanna del golpe. Tra i membri permanenti, favorevoli Usa, Regno Unito e Francia, contrari Russia e Cina.