I vescovi del mondo arabo a Roma per riflettere sul Sinodo

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Conclusa alla presenza del cardinale Pierbattista Pizzaballa, la riunione della Celra nella quale si è discusso su come far recepire i documenti sinodali e preparare le Chiese locali alla prossima sessione di ottobre. Monsignor Paolo Martinelli, Vicario Apostolico dell’Arabia Meridionale racconta i contenuti dell’incontro che ha risentito anche della guerra tra Israele ed Hamas: “La mia preoccupazione va anche allo Yemen dove l’azione dei ribelli Huthi potrebbe minare il processo di pace”.

Federico Piana- Città del Vaticano

Da Israele alla Palestina, dalla Siria al Libano. E poi Arabia Saudita e Qatar, Egitto e Somalia, solo per citarne alcuni. I vescovi ed i patriarchi che rappresentano la Chiesa latina negli Stati arabi del Medioriente e dell’Africa orientale riuniti nella Celra, la Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe, hanno concluso oggi, 17 gennaio, un’assemblea durata tre giorni che si è svolta a Roma e che ha avuto un obiettivo chiaro: fare il punto sul cammino sinodale in vista della seconda sessione prevista per il prossimo ottobre. Non tralasciando, però, di discutere anche del conflitto in Terra Santa che sta provocando ripercussioni tragiche anche in alcune delle loro nazioni.

Coinvolgere le chiese locali

Al centro della riunione della Celra, presieduta dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, c’è stata la relazione di monsignor Paolo Martinelli, Vicario apostolico dell’Arabia Meridionale (la cui giurisdizione si estende negli Emirati Arabi Uniti, in Oman e in Yemen), che ha messo in evidenza la ricchezza dei lavori sinodali e la ricezione dei documenti finali nelle diverse chiese locali. “Abbiamo discusso della necessità di approfondire alcuni temi particolari”, spiega il presule che ha partecipato alla prima assemblea sinodale in qualità di delegato proprio della Celra. “Il nostro metodo di analisi – aggiunge- si è basato sul seguire la lettera che la Segreteria del Sinodo ha inviato lo scorso 11 dicembre dove vengono indicati due percorsi fondamentali: approfondire la relazione di sintesi e continuare, sul territorio, un’animazione dedicata ai fedeli per far conoscere meglio le tematiche sinodali”.

Ascolta l’intervista a monsignor Paolo Martnelli

Ecumenismo e dialogo interreligioso

In vista della prossima sessione di ottobre, i vescovi nelle regioni arabe hanno ragionato sull’importanza di calare il Sinodo all’interno di nazioni che hanno particolari peculiarità da non sottovalutare. “Una delle caratteristiche fondamentali della nostra regione – spiega il presule – è l’elevata mobilità che riguarda i nostri territori. Le nostre Chiese vedono un aumento crescente dei migranti che arrivano da altre regioni: la migrazione non è solo un problema ma un fattore che da forma alle nostre Chiese”. A questo si deve sommare l’aspetto ecumenico ed interreligioso molto “presente nelle nostre realtà. Questo vuol dire che le argomentazioni in ambito sinodale devono essere condivise non solo con i nostri fedeli che provengono da diversi Paesi e che hanno diverse culture e riti, ma anche con i membri di altre religioni nel rispetto della loro identità”, specifica Martinelli.

Sullo sfondo, la guerra

Sullo sfondo dell’incontro l’escalation del conflitto tra Israele ed Hamas. I vescovi riuniti a Roma hanno condiviso paure e speranze. “Le nostre realtà – fa notare il Vicario Apostolico – sono molto differenti tra loro. Ovviamente, chi si trova in Terra Santa risente molto di più di una situazione così sanguinosa. Nei territori dell’Arabia Meridionale subiamo le conseguenze del conflitto solo in maniera indiretta ma preghiamo affinché finisca presto”. Preoccupazione, però, monsignor Martinelli la manifesta per lo Yemen dove “i ribelli Huthi stanno contrastando la presenza di navi straniere nel loro territorio scatenando la reazione di Usa e Regno Unito. Peccato, perché quel Paese, dopo nove anni di guerra civile, vedeva all’orizzonte una possibile distensione. Speriamo che questi ultimi episodi non frenino il processo di pace”.