Il segretario nazionale dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana presenta ai media vaticani: “La comunicazione cristiana nei social”, edito da Biblioteca Apalos. Un testo con numerosi contributi di diversi autori, nel quale si mostra il lato più positivo dei social anche per la Chiesa, partendo da alcune riflessioni emerse durante la pandemia
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Dopo aver letto il libro di Salvatore Di Salvo si ha la sensazione che i social possano essere una formidabile opportunità per ogni – per dirla alla Don Bosco – buon cristiano e onesto cittadino. Uno strumento da non demonizzare dunque ma da conoscere bene, per fare in modo che diventi uno spazio virtuale in cui ricercare, anche attraverso modalità diverse e tempistiche più brevi, la verità. “La comunicazione cristiana nei social”, edito da Apalos, vede la sua genesi durante la pandemia, quando l’autore per caso conosce il profilo Instagram di Sabrina Fugazza, collaboratrice dell’Opera San Luigi Orione. “Un modo, il suo, di non comunicare solo se stessa, ma anche un messaggio più alto, una preghiera”, dice Di Salvo, ospite del programma Radio Vaticana con Voi.
Nel libro anche i disegni di un giovane, Gabriele Poggi, che ha partecipato sia al titolo del volume che alla copertina. Un contributo che nasce da una relazione inclusiva, capace di cogliere il bello anche nelle piccole opere. Bellezza, bontà, verità sono alcune delle strade che il Papa ha chiesto di intraprendere nella comunicazione, compresa quella dei social. L’analisi dell’autore del cosiddetto “mondo social” parte da un presupposto: il Papa ha definito internet “un dono di Dio”. Francesco però ha anche messo in guardia dalle insidie. “Occorre che la connessione sia accompagnata da un incontro vero”, dunque non possiamo vivere isolati. E ancora il vescovo di Roma ha sottolineato come ci sia “bisogno di tenerezza”, per garantire, appunto “la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione”. Dal Papa, all’inizio del suo pontificato, anche l’esplicito invito ai giornalisti a “sporcare le suole delle scarpe”, incontrando il prossimo.
Educare e rincuorare le coscienze
Durante la pandemia Salvatore di Salvo rilegge il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2014. Francesco chiedeva di “creare una rete digitale di umanità”, dunque “non di fili, ma di persone”. Una richiesta che l’autore definisce “una profezia”. Di Salvo sottolinea come sia fondamentale la consapevolezza del bisogno di una “comunicazione semplice, impregnata di spirito ed umanità, che non sia imitabile perché fonte di creatività, ingegno e passione”. Con tale consapevolezza si potrà dar vita ad un “Rinascimento Comunicativo”, in grado di “educare e rincuorare le coscienze”. Vi è poi una riflessione sula cultura della comunicazione e la cultura dello scarto. “Comunicare oggi non significa semplicemente trasmettere un messaggio, ma condividerlo”. Di conseguenza “se non si condivide si scarta”. La cultura della comunicazione non può allora convivere con quella dello scarto, le due sono di fatto antitetiche. Eppure a volte si ha “paura di non essere connessi”, si finisce per trascorrere un tempo eccessivo online. Cambia la comunicazione, ma non il desiderio di comunicare, di incontrare. C’è però un fatto, che l’autore pone bene in evidenza: è interesse delle tecnologie farci restare più tempo all’interno di esse, anche con meccanismi di ricompensa più o meno espliciti. Elementi quali narcisismo, ansia e depressione possono alimentarsi attraverso un uso poco equilibrato dei social.
Isolamento e incontro
Durante la pandemia Di Salvo ricorda bene ciò che tutti abbiamo vissuto: l’isolamento in casa. I social, in questo caso, sono diventati uno strumento di fuga, quasi di salvezza. Le reti si sono potenziate, anche quelle ecclesiali. “La Chiesa ha cercato di veicolare messaggi ecclesiali e sociali”, è stata portatrice di speranza. Ha evangelizzato, forse come mai prima d’ora, attraverso le nuove tecnologie. Ha costruito quella prossimità tanto agognata quanto necessaria. Il Vangelo ha però a che fare con la vita concreta e, come ha affermato monsignor Dario Edoardo Viganò, “non avremo mai una cyber parrocchia”. Di certo, sottolinea Di Salvo, attraverso i social la Chiesa si avvicina a chi, nel tempo, si è allontanato.
La ricerca della verità
Grazie alla rete e ai social, gli uomini hanno la possibilità di raccontare la verità come mai prima d’ora in termini di tempistiche e fonti. Ciascuno può, infatti, in tempo reale descrivere subito ciò che ha vissuto o a cui ha assistito, in quanto osservatore di quel fatto che può poi diventare notizia. Chiaramente il rischio è di non riuscire a distinguere facilmente le notizie vere da quelle false, ma la possibilità di comunicare, come mai prima d’ora la verità, resta. Il bello, il buono, ciò che è virtuoso, che accade, si costruisce e si realizza ogni giorno. “La tecnologia digitale – sintetizza Di Salvo – ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile”, come nel caso di gravi emergenze. Anche il rapporto con l’Intelligenza Artificiale è importante, merita attenzione per essere ben costruito, senza demonizzare questo strumento, ma neanche sottovalutandone i rischi.
San Giuseppe e il peso delle parole
Infine l’autore presenta la figura di san Giuseppe come esempio per il buon giornalista. Quella capacità di discernere, in silenzio. Di pesare le parole. “Il giornalista conosce il peso di ogni parola, comunicare – scrive – è una cosa seria. Questo mestiere ha bisogno di un lungo tempo in cui le parole vengano messe nell’incubatrice del silenzio e dell’ascolto”. Le parole pesano moltissimo perché possono dare la vita, ricostruire una speranza, ma anche distruggerla. I giornalisti – per concludere – sono dunque chiamati ad essere “un’anima silenziosa della società e della vita delle gente”, ed il vero giornalista deve “ricostruire la memoria dei fatti, lavorare per la coesione sociale, dire la verità ad ogni costo”, il giornalista è “un artigiano e un cronista della storia”.