Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Oggi, all’inizio della seconda settimana di Avvento, accendiamo con la prima anche la seconda candela. Ancora di colore viola, secondo la liturgia del periodo, è detta di Betlemme, luogo della nascita di Gesù.
La candela di Betlemme
Il paese si distende su due colline e dista 8 chilometri a sud di Gerusalemme. Anche nell’antichità – e specialmente durante l’impero romano – non rivestiva grande importanza, benché citata più volte nell’Antico Testamento, perché vi era nato Davide e la sua progenie. Niente è un caso. Il Signore sceglie le periferie del mondo per nascere tra i più umili e i più poveri. Anche l’origine del nome non è un caso: il toponimo Betlemme in ebraico significa casa del pane, mentre in arabo corrisponde a casa della carne. Significati diversi che confluiscono nello stesso senso: il pane eucaristico con la transustanziazione diventa carne di Cristo.
Seguendo la stella
La grande stella si alza sull’orizzonte e si staglia luminosa nel cielo, segnando il cammino verso Betlemme, luogo che ci attrae a sé come una calamita di amore. Intorno tutto è sospeso e parla di pace. Mentre la liturgia della settimana scorsa si apriva con l’invocazione “Vieni o Signore”, che allude alla speranza di ciò che hanno preannunciato i profeti, ora dice “Tu sei vicino o Signore”.
La seconda candela della corona di Avvento è detta anche della “chiamata universale alla salvezza”. In questa settimana la speranza si concretizza e diventa promessa.
“Purificare” verbo chiave dell’Avvento
Come ha affermato papa Francesco, l’Avvento è tempo di passato, presente e futuro. L’unità di un tempo tridimensionale dove la memoria della venuta di Cristo è occasione di rinnovamento della fede. Si tratta di “purificare la memoria del passato, la memoria di cosa è successo quel giorno di Natale”, dice Francesco, parlando della prima dimensione, ma anche di purificare l’attesa e la speranza. La seconda dimensione riguarda il tempo futuro, serve a prepararci al momento definitivo con il Signore, quando ci ritroveremo faccia a faccia con lui. E ancora il Papa ci parla di una terza dimensione, quella che parla del presente, di purificare la vigilanza, sapere cosa succede nel cuore quando il Signore viene e bussa alla porta.
“Vigilanza e preghiera sono due parole per l’Avvento, perché il Signore è venuto nella storia a Betlemme e verrà, alla fine del mondo e anche alla fine della vita di ognuno di noi” (Cfr. Meditazione mattutina nella cappella di Santa Marta, 3 dicembre 2018).
Il calendario dell’Avvento
Come abbiamo raccontato la settimana scorsa, riguardo alle origini della corona di Avvento, anche il calendario dell’Avvento è una tradizione moderna, anzi, ancora di più. Sempre di origini tedesche e protestanti, è un’invenzione risalente al 1908 dell’editore Gerhard Lang. Era una tabella con finestrelle a segnare i giorni che si potevano aprire rivelando disegni natalizi. Ma una sorta di calendario rudimentale esisteva già da almeno cinquant’anni e si chiamava “orologio di Natale”. Il calendario svela il carattere familiare e intimo del Natale, l’impazienza dei bambini che non comprendevano il concetto di tempo e proprio come per la corona di Avvento quando chiedevano al pastore Johann Wichern “Quanto manca al Natale?” lo stesso facevano in famiglia. All’inizio si trattava di segni fatti con il gesso colorato, poi di alberelli ai quali si appendevano nastrini, bandierine e stelline con su scritti i versetti della Bibbia. Nel tempo i calendari sono diventati sempre più raffinati e colorati e dentro le finestrelle ci si trovano dei dolcetti -specie cioccolatini- se non sorprese più preziose.
ll calendario ebbe così tanto successo da essere stampato anche in Braille. Ancora tempo prima fu citato dallo scrittore Thomas Mann nel suo romanzo I Buddenbrook, pubblicato nel 1901, in un momento quindi precedente alla versione stampata di Lang. Si trattava di un calendario a strappo fatto in casa che il giovane Johann Hanno sfogliava ogni mattina con il cuore in gola “seguendo l’avvicinarsi di quel tempo incomparabile”.