Adriana Masotti – Città del Vaticano
“Coraggiosi, i salesiani, che sempre si inventano qualche cosa per andare avanti”. L’apprezzamento arriva da Papa Francesco durante l’incontro, lo scorso 15 dicembre, con gli organizzatori e gli artisti del Concerto di Natale di quest’anno. I proventi dello spettacolo andranno a sostenere i tanti progetti educativi in corso in due Paesi che, ha detto Francesco, “versano in condizioni assai precarie: Haiti e Libano”, spiegando poi che ad operare in Libano sono i salesiani. La gratitudine del Papa è andata naturalmente anche agli artisti che hanno deciso di offrire per questo scopo umanitario i proprio talenti. Con loro era presente all’incontro anche il sacerdote salesiano don Simon Zakerian.
Il nostro sogno è continuare a stare vicini alla gente
In Libano siamo una comunità salesiana di quattro persone, dice ai microfoni di Vatican News, don Zakerian, siriano, da tre anni in Libano dopo averne vissuti sette tra Aleppo e Damasco in una Siria sconvolta dalla guerra. La situazione non è molto migliore nel Paese dei Cedri colpito da una grave crisi economica e politica che ha fatto precipitare la popolazione nella povertà. Colpito drammaticamente dall’esplosione avvenuta nel porto di Beirut, il 4 agosto scorso, di cui molti soffrono ancora le conseguenze, il Libano deve fare i conti anche con la presenza di oltre un milione di rifugiati siriani, iracheni e palestinesi fuggiti dai loro Paesi a causa di guerre e violenze. Inevitabili le difficoltà nonostante la volontà di accoglienza. A don Zakerian chiediamo di raccontarci che cosa lui e i suoi confratelli, due italiani e un boliviano, si sono inventati per aiutare bambini e famiglie.
L’elenco delle attività descritte da don Zakerian è lungo: in Libano i salesiani gestiscono un Centro giovanile che accoglie più di 300 ragazzi e bambini, è in corso un progetto con circa 250 bambini rifugiati siriani, tutti musulmani, per i quali i religiosi portano avanti un percorso educativo di crescita umana dopo le dolorose esperienze vissute in Siria; un altro percorso di fede e di educazione si rivolge ai profughi iracheni, in maggioranza cristiani, scacciati dalle loro case dall’Isis. Poi ci sono le scuole, una tecnico-professionale vicino a Byblos con studenti libanesi appartenenti ai ceti popolari e un’altra per ragazzi iracheni dai 6 ai 17 anni a Beirut, nella quale si fa accompagnamento educativo e psicologico. “Un compito che portiamo avanti davvero con tanta grinta e tanta gioia – dice don Simon – perché quei bambini se non venissero nella nostra scuola rimarrebbero a casa o nelle strade, senza istruzione o accompagnamento, ed è questo il nostro sogno: continuare a stare vicino, come dice Papa Francesco, a quelli che si trovano nelle periferie e che hanno tanto bisogno di persone che vogliano loro bene, che facciano sentire loro che la vita è bella nonostante le difficoltà”.
L’aiuto alle famiglie: cibo, medicine, riscaldamento
Ma i religiosi, figli di san Giovanni Bosco, non si occupano solo dei bambini e dei ragazzi, si danno da fare anche per aiutare le famiglie rispondendo ai loro bisogni concreti. Don Zakerian racconta: “Ogni anno in diversi periodi visitiamo oltre 700 famiglie irachene e siriane, sostenendole con generi alimentari di prima necessità, aiuti medico-sanitari, medicine, borse di studio. Nonostante la crisi, finora abbiamo continuato a fare questo servizio perché vediamo che c’è tanto tanto bisogno. In Libano c’è una forte inflazione, tutto è aumentato e la gente non ce la fa più. Ormai lo stipendio di un impiegato non arriva a 30-35 euro, mentre prima era di 400-500 dollari. Quindi i nostri giovani volontari vanno a visitare le case a Beirut, soprattutto presso le famiglie più povere che hanno sofferto a causa dell’esplosione. Ad un certo punto non c’erano più medicine in Libano e siamo rimasti bloccati, ora stanno lentamente ritornando ma con prezzi altissimi. E poi c’è l’inverno e le famiglie hanno bisogno di mezzi per riscaldarsi, manca il gasolio, l’elettricità ecc…”.
L’impegno per favorire l’integrazione
E c’è poi la questione dei profughi: più volte i vescovi libanesi hanno lanciato appelli per sollecitare la solidarietà internazionale. Don Simon Zakerian dice che il peso di questa situazione è molto grande per il Paese, ma che i libanesi sanno che i profughi sono dovuti scappare dalle loro case, che non avevano scelta. “Noi – racconta don Simon – cerchiamo di favorire l’integrazione, il dialogo, l’accettazione reciproca. Organizziamo vari incontri tra iracheni, siriani e libanesi, incontri di formazione e tante volte di svago e di gioco per i bambini, per farli stare insieme. Ma sinceramente la situazione è difficile perchè adesso ormai non possiamo dire solo che i profughi hanno bisogno, già il popolo libanese più del 60% vive nella povertà a causa di questa crisi e della corruzione. Ogni giorno – prosegue – io incontro tante famiglie che mi dicono: ‘Padre, noi stiamo vivendo una crisi peggiore di quella dei 15 anni di guerra che abbiamo vissuto. Adesso la crisi tocca ogni giorno il pane e non sappiamo come andare avanti’. Quindi anche il popolo libanese davvero soffre tantissimo”.
L’educazione, una promessa di vita
Papa Francesco insiste sull’importanza dell’educazione per i giovani, educazione che offre la possibilità di un futuro e che, dice, è “promessa di vita”. Le sue parole trovano conferma nell’esperienza dei salesiani e dei loro collaboratori in Libano. Toccano con mano il valore dell’accompagnamento offerto ai bambini e della forza dell’amore. “Basta vedere un bambino quando ti viene incontro ad abbracciarti, a dirti grazie, qui mi trovo bene, sono contento qui e voglio rimanere a scuola, voglio rimanere in oratorio. E poi, anno dopo anno, scopriamo che questi bambini stanno crescendo e che loro stessi con il loro sorriso ci danno forza e ci danno questa promessa di vita, dicendoci che la vita deve continuare e non bisogna mollare mai”.
Natale in Libano
Anche nelle situazioni più estreme la nascita di Gesù porta luce e riaccende la speranza. Ma che Natale sarà quello di don Zakerian e quello che anche noi potremmo vivere? La sua risposta è immediata: “Sicuramente sarà un Natale di solidarietà, di fratellanza, di vicinanza. Papa Francesco ha detto che il Natale significa l’avvicinamento di Dio all’uomo e questo deve compiersi anche nella nostra vita. Per noi è Natale – continua – quanto vediamo il sorriso di un bambino libanese, di un bambino siriano o di un bambino iracheno insieme, il sorriso dei tanti volontari che vengono con noi a servire e ad accompagnare questi progetti educativi con tanta gratuità nonostante la sofferenza che stanno vivendo. Per me è questo il Natale”.