Laura De Luca – Città del Vaticano
Ogni tempo ha le sue povertà con cui fare i conti.
Francesco ci invita a non dimenticare per esempio i migranti, che per fame o guerra sono costretti a lasciare, tra stenti e sacrifici, il proprio Paese, le proprie case, e ancora, i disoccupati, gli sfruttati, gli ultimi del pianeta.
A metà del secolo scorso, “il dolente coro dei poveri e degli oppressi”, come li definiva Pio XII era composto per lo più da vittime dirette o indirette del recente conflitto.
Radiomessaggio di Natale 1952:
Sono tanti e tanti questi diletti figli! Il dolente coro di preghiere e d’invocazioni d’aiuto, lungi dal segnare quella diminuzione, che i non pochi anni ormai trascorsi dalla fine del conflitto mondiale facevano a buon diritto sperare, perdura e diviene talvolta più intenso per bisogni urgenti e molteplici, levandosi verso di Noi, si può dire, da ogni parte del mondo e straziando l’animo Nostro per quanto esso rivela di angustie e di lacrime. Una triste esperienza Ci ha ormai insegnato che anche quando giunge notizia di miglioramento nelle condizioni generali di un determinato Paese, si deve essere tuttavia preparati all’annunzio di forse nuove calamità in un altro, con nuove miserie e nuovi bisogni. Per quanto allora possano gravare sul Nostro cuore le pene incessanti di tanti figli, la parola del divino Maestro : Non turbetur cor vestrum neque formidet . . . vado et venio ad vos (Io. 14, 27-28) Ci è valido incitamento a mettere in opera quanto è da Noi per confortare e rimediare. Vero è che in questo desiderio di provvedere e di soccorrere non siamo soli. Innumerevoli proposte e progetti, che si prefiggono di prevenire le miserie e di apportarvi rimedio, sono formulati quotidianamente da enti pubblici e privati. Molti di essi, che Ci vengono presentati da parte di singoli e di gruppi, senza dubbio denotano il buon volere dei loro autori; tuttavia la loro abbondanza eteroclita e le frequenti contraddizioni, in cui incorrono, manifestano uno stato di generale perplessità.
Poco più di dieci anni dopo, in un mondo sedotto da una veloce ripresa economica, Papa Giovanni XXIII ricorda che non dovunque si gode di un facile benessere e che, anzi, permangono motivi di perplessità. Radiomessaggio per la Quaresima 1963:
È di qui che si riconosce il cristiano sincero e volitivo : soltanto da una condotta austera, che vive e applica la povertà e la rinuncia insegnate da Nostro Signore Gesù Cristo, l’ordine domestico e sociale può ricevere decisivo impulso per un rinnovamento nella verità, nella libertà dei figli di Dio, nella giustizia più vera e profonda, perché capace di togliere a sé, e dare ai poveri e ai diseredati. (..) Ammonisce Isaia: (…) Spezza il tuo pane all’affamato e apri la tua casa ai poveri e ai raminghi; se vedi un ignudo, ricoprilo, non disprezzare la tua propria carne. Allora la tua luce spunterà come il mattino, e la tua salvezza germoglierà presto, la tua giustizia camminerà innanzi a te, e la gloria del Signore ti accoglierà » (Is. 58, 6-8).
Progressivamente, nella seconda metà del secolo scorso la povertà diventa sistemica e comincia a offrire spunti per un capovolgimento delle strutture sociali e produttive, nonché una “rifondazione” della carità cristiana.
Paolo VI, il Papa della Populorum progressio riferisce ai padri conciliari della sua visita alle Nazioni Unite compiuta il 4 ottobre 1965:
La comunità umana ha bisogno di giustizia; Cristo vuole che ne siamo affamati e assetati. Sappiamo però che la giustizia progredisce gradualmente e che, man mano che la società avanza, gli animi si rendono conto che essa non è perfetta e completa ed emergono le discriminazioni evidenti e bisognose di rimedi dalle quali l’umanità è ancora afflitta. Forse che queste discriminazioni, riscontrate tra le classi dei cittadini e tra le nazioni, non mettono la pace in gravissimo pericolo? Tutte queste situazioni sono già note. Ma esse ci incitano a riflettere come noi possiamo porvi rimedio; a volgere l’animo alle condizioni dei popoli che ancora stanno attuando il progresso civile; insomma, per parlare chiaramente, la nostra carità verso i “poveri” che sono nel mondo e il cui numero è incalcolabile deve essere più sollecita, più efficace, più generosa.
…Oltre che sempre più consapevole. 10 settembre 1978, Angelus Domini. Giovanni Paolo I vede i riflessi di questa nuova carità possibile anche nella politica internazionale…
A Camp David, in America, i Presidenti Carter e Sadat e il Primo Ministro Begin stanno lavorando per la pace in Medio Oriente. Di pace hanno fame e sete tutti gli uomini, specialmente i poveri, che nei turbamenti e nelle guerre pagano di più e soffrono di più.
E poi i Papi cominciano a rivolgersi direttamente agli interessati. Alla pari, diciamo così.
Il 3 gennaio 1988 Giovanni Paolo II incontra i poveri dell’ospizio Santa Marta e pranza insieme a loro…
Ho cercato di avvicinare ciascuno e, almeno brevemente, di parlare con ciascuno di voi. Ho conosciuto la situazione difficile in cui si trova ciascuno di voi, specialmente a causa della mancanza di lavoro: questo è un grande problema dei nostri tempi, problema sociale che deve essere affrontato certamente da tutta la società, ma anche la Chiesa da parte sua cerca di fare il possibile. Incontrando queste persone senza lavoro e molte volte non soltanto senza lavoro, ma senza i mezzi per vivere, per mangiare, per dormire, molte volte senza casa, ho fatto una breve indagine e sono uscite le cose più fondamentali della esistenza umana. Naturalmente non ho potuto dare subito una risposta e, tanto meno, una soluzione, per queste situazioni difficili, ma soprattutto ho cercato di conoscere; vedremo poi con i nostri collaboratori, specialmente con quelli che tanta generosità hanno dimostrato finora, come rimediare. Non si può trovare una soluzione generale perché ogni persona ha una situazione diversa, problemi diversi e anche bisogni diversi: allora si deve cercare la soluzione, caso per caso, persona per persona.
Un esempio decisivo nell’esercizio di sollecitudine per i poveri, immagine di Gesù, viene da una piccola suora. Madre Teresa di Calcutta.
La ricorda, a cento anni dalla sua nascita, Papa Benedetto XVI durante un pranzo con i poveri, ospiti delle case romane gestite dalle Missionarie della Carità:
Celebrare 100 anni dalla sua nascita è motivo di gratitudine e di riflessione per un rinnovato e gioioso impegno al servizio del Signore e dei fratelli, specialmente dei più bisognosi. Il Signore stesso voleva essere bisognoso, come sappiamo. Care Suore, cari Sacerdoti e Fratelli, cari amici del personale, la carità è la forza che cambia il mondo, perché Dio è amore (cfr 1Gv 4,7-9). La beata Teresa di Calcutta ha vissuto la carità verso tutti senza distinzione, ma con una preferenza per i più poveri e abbandonati: un segno luminoso della paternità e della bontà di Dio. Ha saputo riconoscere in ognuno il volto di Cristo, da Lei amato con tutta se stessa: il Cristo che adorava e riceveva nell’Eucaristia continuava ad incontrarLo per le strade e per le vie della città, diventando “immagine” viva di Gesù che versa sulle ferite dell’uomo la grazia dell’amore misericordioso.
Ascolta la puntata de Le voci dei Papi dedicata al tema della povertà in onda su Radio Vaticana Italia domenica 13 giugno