I Papi e la minaccia atomica, gli appelli alla coscienza del mondo

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Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Ci sono due date che, assieme ad altre, restano un monito indelebile per l’umanità. Il 6 e il 9 agosto del 1945 vengono sganciati due ordigni atomici in Giappone. Pochi istanti dopo quelle esplosioni, le città di Hiroshima e Nagasaki sono invase da spaventose nubi tossiche e devastate da cumuli di vittime e macerie. Quelle scene strazianti sono e restano il tragico sfondo di accorati appelli lanciati dai Pontefici negli ultimi decenni. Parole e preghiere che sfociano in un unico, auspicato orizzonte: quello del disarmo nucleare. Francesco ha rinnovato questa esortazione aggiungendo la propria voce a quella dei suoi predecessori. Dopo il viaggio apostolico in Giappone, nel mese di novembre del 2019 sul sul volo aereo da Tokyo a Roma, il Papa ha ribadito che “l’uso delle armi nucleari è immorale”. “Per questo – aveva aggiunto – deve andare nel Catechismo della Chiesa Cattolica, e non solo l’uso, anche il possesso, perché un incidente o la pazzia di qualche governante, la pazzia di uno può distruggere l’umanità”. Francesco ha lanciato il proprio appello per il disarmo globale anche all’udienza generale del 20 gennaio 2021. Riferendosi al Trattato per la proibizione delle armi nucleari, ha spiegato che si tratta del “primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni”.

Pio XII: resterà solo il pianto dell’umanità

Chi ha vissuto nel periodo segnato dalla catastrofe nucleare è stato Pio XII. C’è infatti un tempo tragicamente scosso dalla deflagrazione della bomba atomica nella storia: la Seconda Guerra Mondiale mostra, prima del suo epilogo, la drammatica potenza che può raggiungere l’energia nucleare in ambito militare. La bomba atomica, sottolinea Papa Pio XII l’8 febbraio del 1948, è “la più terribile arma che la mente umana abbia, fino ad oggi, ideata”. Il 24 dicembre del 1955, nel radiomessaggio a tutto il mondo in occasione del Natale, Papa Pacelli descrive così i “processi di disintegrazione nucleare”: “questa energia si trasmette all’atmosfera, e nel giro di millesimi di secondo eleva di centinaia di gradi la temperatura delle masse d’aria circostanti, producendo un loro spostamento violento, che si propaga con la velocità del suono”. “Si hanno sulla superficie della terra, nella estensione di molti chilometri quadrati, processi di inimmaginabile violenza, con la volatilizzazione di materiali e distruzioni totali dovute all’irraggiamento diretto, alla temperatura, all’azione meccanica, mentre una enorme quantità di materiali radioattivi di vita media diversa completano e continuano la rovina con la loro attività”.

Pio XII: nessun grido di vittoria ma solo il pianto dell’umanità

Ecco pertanto lo spettacolo che si offrirebbe allo sguardo atterrito in conseguenza di tale uso: intere città, anche fra le più grandi e ricche di storia e di arte, annientate; una nera coltre di morte sulle polverizzate materie, che coprono innumerevoli vittime dalle membra bruciate, contorte, disperse, mentre altre gemono negli spasimi dell’agonia. Frattanto lo spettro della nube radioattiva impedisce ogni pietoso soccorso ai sopravvissuti e si avanza inesorabile a sopprimere le superstiti vite. Non vi sarà alcun grido di vittoria, ma soltanto l’inconsolabile pianto della umanità, che desolatamente contemplerà la catastrofe dovuta alla sua stessa follia.

Giovanni XXIII e il mondo vicino al baratro

Il 25 ottobre del 1962, pochi giorni dopo l’apertura del Concilio Vaticano II, il mondo è sull’orlo della terza guerra mondiale. Mosca e Washington sembrano ad un passo dall’utilizzo della bomba atomica. Papa Giovanni XXIII rivolge un appello per scongiurare il pericolo della guerra in seguito alla crisi dei missili di Cuba. “Nubi minacciose – afferma il Pontefice dai microfoni della Radio Vaticana – oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie”.

Giovanni XXIII: pace, pace!

La Chiesa – e Noi lo affermavamo accogliendo le ottantasei Missioni straordinarie presenti all’apertura del Concilio – la Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora, affinché questi obiettivi si realizzino. Noi ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: “Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!. Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i Governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze.

La crisi dei missili di Cuba viene superata, ma la minaccia nucleare resta un fardello che offusca il presente e il futuro dell’umanità. Nella lettera enciclica “Pacem in terris” del 1963, Papa Roncalli ricorda che “gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile”.” La sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici” può avere “conseguenze fatali per la vita sulla terra”. “Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci”.

Paolo VI: quella nucleare è la minaccia più paurosa

“Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili. specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli”. È questo uno dei passaggi dello storico discorso di Papa Paolo Vi alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965. Il Pontefice esorta a “cambiare la storia futura del mondo” e pronuncia parole purtroppo ancora attuali:

Paolo VI: non più la guerra

Una data incoraggiante ma non risolutiva è quella del primo luglio del 1968. Viene approvato il Trattato di non proliferazione nucleare. Prevede che gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnino a non cedere a terzi materiale fissile e tecnologia nucleare. Pochi giorni prima dell’approvazione del Trattato, il 24 giugno del 1968, rivolgendosi al Sacro Collegio , nella festa di San Giovanni Battista, Paolo VI ribadisce l’urgenza di “arrestare la corsa agli armamenti nucleari”. “Sappiamo che l’Accordo, a giudizio di molti, ha in sé numerose limitazioni, che trattengono alcuni Governi dal darvi la loro incondizionata adesione. Ma esso si presenta pur sempre come un primo passo, indispensabile, verso ulteriori misure nel campo del disarmo, fino – Noi lo auspichiamo e lo imploriamo di nuovo, a nome dell’umanità intera – al bando totale delle armi nucleari ed al disarmo generale e completo”. Nel 1978 alcuni passi sono stati compiuti, ma il mondo è ancora minacciato dai venti della “guerra fredda”. Papa Montini invia un messaggio al presidente e ai delegati delle Nazioni Unite riuniti in assemblea plenaria a New York. “L’armamento nucleare – si legge nel documento –  è la minaccia più paurosa che grava sull’umanità. Mentre apprezziamo altamente le iniziative prese sinora in questo settore, non possiamo che incoraggiare tutti, e in particolare i Paesi che ne hanno maggiore responsabilità, a continuarle ed ampliarle, avendo come scopo finale l’eliminazione totale dell’arsenale atomico”.

Giovanni Paolo II: serve un rivolgimento morale

Il mondo e i suoi fragili equilibri possono essere stravolti, per sempre e in un istante, dalle armi atomiche. Nel 1980 Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco), ricorda che “ragioni geopolitiche, problemi economici di dimensione mondiale, terribili incomprensioni, orgogli nazionali feriti, il materialismo e la decadenza dei valori morali hanno condotto il nostro mondo ad una situazione d’instabilità, a un equilibrio fragile”. Un anno dopo, il 25 febbraio del 1981, Papa Wojtyła incontra scienziati e rappresentanti dell’Università dell’Onu a Hiroshima, dove “i fatti parlano da sé, e in maniera drammatica, indimenticabile e unica”. “Hiroshima e Nagasaki: pochi avvenimenti nella storia – sottolinea – hanno avuto le stesse conseguenze sulla coscienza dell’uomo”. “La mente umana fece, in realtà, una scoperta terribile. Noi ci rendemmo conto con orrore che l’energia nucleare sarebbe stata, da allora in poi, disponibile come arma di devastazione; e di fatto allora apprendemmo che questo terribile strumento era stato usato, per la prima volta, a scopi militari”. 

Giovanni Paolo II: dobbiamo diventare più saggi

Il nostro futuro su questo pianeta, esposto com’è al rischio dell’annientamento nucleare, dipende da un solo fattore: l’umanità deve attuare un rivolgimento morale. Nell’attuale momento storico ci deve essere una mobilitazione generale di tutti gli uomini e donne di buona volontà. L’umanità è chiamata a fare un ulteriore passo in avanti, un passo verso la civiltà e la saggezza. 

Benedetto XVI: la pace riposa sulla fiducia

È “funesta” e “fallace” la prospettiva di quei governi che misurano la loro forza e la loro sicurezza sulle armi atomiche. È invece la strada del disarmo quella che il mondo deve perseguire. Anche Benedetto XVI sottolinea, in diverse occasioni, che le armi nucleari condizionano il futuro dell’umanità. Durante l’udienza generale del 5 maggio del 2010, ricorda che due giorni prima, il 3 maggio, si sono aperti a New York i lavori dell’ottava Conferenza di Esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari. E lancia un appello affinché si realizzi una vera era di pace, libera dalla minaccia atomica.

Benedetto XVI: si superino i condizionamenti della storia

Il processo verso un disarmo nucleare concertato e sicuro è strettamente connesso con il pieno e sollecito adempimento dei relativi impegni internazionali. La pace, infatti, riposa sulla fiducia e sul rispetto degli obblighi assunti, e non soltanto sull’equilibrio delle forze. In tale spirito, incoraggio le iniziative che perseguono un progressivo disarmo e la creazione di zone libere dalle armi nucleari, nella prospettiva della loro completa eliminazione dal pianeta. Esorto, infine, tutti i partecipanti alla riunione di New York a superare i condizionamenti della storia e a tessere pazientemente la trama politica ed economica della pace, per aiutare lo sviluppo umano integrale e le autentiche aspirazioni dei Popoli.

Francesco: immorale l’uso e il possesso di armi atomiche

Seguendo il solco tracciato dai suoi predecessori, Papa Francesco indica più volte la strada del disarmo. Durante il viaggio apostolico in Giappone, in occasione del discorso al Memoriale della Pace ad Hirohima del 24 novembre 2019, ricorda che “l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”.

Francesco: immorale l’uso di energia nucleare per fini di guerra

L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra. Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? Come possiamo parlare di pace mentre giustifichiamo determinate azioni illegittime con discorsi di discriminazione e di odio?

Domande che ancora oggi, nonostante i tragici giorni vissuti ad Hiroshima e Nagasaki, continuano ad interpellare l’uomo e la sua coscienza. Come l’immagine ritratta in una foto scattata nel 1945 che Papa Francesco ha voluto farla riprodurre su un cartoncino. Ritrae un bambino di 10 anni che trasporta sulle spalle il cadavere del fratellino rimasto ucciso dopo lo scoppio della bomba atomica a Nagasaki. 

La Santa Sede e i Trattati sulle armi nucleari

La Santa Sede ha ratificato il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e, più recentemente, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Questi Trattati sono ingranaggi cruciali nell’architettura del disarmo nucleare. Ognuno di questi strumenti, con il suo specifico ambito applicativo, è la tessera di un unico mosaico teso a realizzare quello che i Pontefici hanno sempre e più volte auspicato: un mondo finalmente libero dalle armi atomiche.

Trattato di non proliferazione nucleare

Approvato dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1968, il Trattato di non proliferazione nucleare prevede che gli Stati in possesso di armamenti atomici si impegnino a perseguire un disarmo generalizzato e totale.

Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari

Adottato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 settembre del 1996, il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari non è ancora entrato in vigore. Prevede l’obbligo di non effettuare alcun esperimento nucleare.

Trattato per la proibizione delle armi nucleari

Approvato nel 2017, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari rende illegali l’uso, la minaccia, il possesso e lo stazionamento delle armi atomiche. Entrerà in vigore il 22 gennaio del 2021

All’udienza generale del 20 gennaio Papa Francesco ha ricordato che il 20 gennaio entra in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari

Francesco: il mondo sia libero dalle armi nucleari