I movimenti popolari: dieci anni di storia e di “poesia sociale”

Vatican News

Dal 2014 ad oggi, Papa Francesco non ha mai mancato di far sentire la sua vicinanza ai movimenti popolari, sostenendo e incoraggiando il loro operato in nome della dignità umana, della giustizia sociale, dello sviluppo dei più poveri e degli scartati

Isabella Piro – Città del Vaticano

“Poeti sociali”, “seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, come in una poesia”: così, nell’enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco definisce i movimenti popolari. Un legame molto sentito, quello tra il Pontefice e queste reti di gruppi e persone che, attraverso azioni collettive contro le condizioni vigenti, intendono provocare un mutamento sociale: sin dai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires, infatti, Jorge Mario Bergoglio celebrava ogni anno una Messa “per una patria senza schiavi, né esclusi”.

Il Papa incontra i movimenti popolari

Il “diritto sacro” a terra, casa e lavoro

Salito al Soglio di Pietro, poi, Francesco ha continuato a sostenere i movimenti popolari. Il 28 ottobre 2014, in occasione del loro primo incontro mondiale, li riceve in udienza nell’aula vecchia del Sinodo e pronuncia un discorso che si potrebbe definire “programmatico”, indicando nelle tre T (tierra, techo y trabajo – terra, casa e lavoro) il punto focale dell’azione di tali gruppi che operano in nome della dignità umana, della giustizia sociale, dello sviluppo dei più poveri e degli scartati. Le tre T, afferma il Papa, rappresentano “un anelito che dovrebbe essere alla portata di tutti”, “diritti sacri” richiamati anche dalla Dottrina sociale della Chiesa. Di qui, il monito ad affrontare “lo scandalo della povertà” non ricorrendo a “strategie di contenimento che tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi”, bensì facendo in modo che essi stessi siano attori del cambiamento, in modo da far soffiare “il vento di promessa che ravviva la speranza di un mondo migliore”.

Globalizzare la speranza, non l’indifferenza

La speranza e il cambiamento sono i temi portanti anche del secondo incontro mondiale dei movimenti popolari che si tiene a luglio del 2015 a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. In quegli stessi giorni, Francesco è in viaggio apostolico nel Paese e il 9 luglio coglie l’occasione per prendere parte all’evento e ribadire: “Vogliamo un cambiamento nella nostra vita, nei nostri quartieri, nel salario minimo, nella nostra realtà più vicina; e pure un cambiamento che tocchi tutto il mondo perché oggi l’interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali”.  “La globalizzazione della speranza che nasce dai Popoli e cresce tra i poveri — sottolinea con forza Francesco in terra boliviana —, deve sostituire questa globalizzazione dell’esclusione e dell’indifferenza!”. Nel medesimo contesto, il Papa propone alla società “tre grandi compiti che richiedono l’appoggio determinante dell’insieme di tutti i movimenti popolari”: mettere l’economia al servizio dei popoli, unirli nel cammino della pace e della giustizia e difendere la Madre Terra.

Rifondare le democrazie in crisi

L’anno successivo — è il 5 novembre 2016 — il Pontefice torna a rivolgersi, in Vaticano, ai movimenti popolari riuniti per il loro terzo incontro mondiale. Nel suo ampio e articolato intervento, Francesco riserva particolare attenzione al rapporto tra i movimenti e politica: “Voi, organizzazioni degli esclusi e tante organizzazioni di altri settori della società — spiega —, siete chiamati a rivitalizzare, a rifondare le democrazie che stanno attraversando una vera crisi. Non cadete nella tentazione della casella che vi riduce ad attori secondari o, peggio, a meri amministratori della miseria esistente. In questi tempi di paralisi, disorientamento e proposte distruttive, la partecipazione da protagonisti dei popoli che cercano il bene comune può vincere, con l’aiuto di Dio, i falsi profeti che sfruttano la paura e la disperazione, che vendono formule magiche di odio e crudeltà o di un benessere egoistico e una sicurezza illusoria”. Quindi, fa ancora una volta suo “il grido” delle tre T evidenziandone l’essere “progetto-ponte dei popoli di fronte al progetto-muro del denaro”.

Le ferite di un’economia incentrata solo sul denaro

Il denaro, o meglio “le ferite che provoca il sistema economico che ha al centro il dio denaro” sono al centro del messaggio che il Vescovo di Roma invia, a febbraio 2017, ai movimenti popolari riuniti a Modesto, in California. Nello specifico, Francesco deplora la “truffa morale” che si vive nella società globalizzata, là dove, “sotto le spoglie del politicamente corretto o le mode ideologiche, si guarda chi soffre senza toccarlo, lo si trasmette in diretta, addirittura si adotta un discorso in apparenza tollerante e pieno di eufemismi, ma non si fa nulla di sistematico per curare le ferite sociali e neppure per affrontare le strutture che lasciano tanti esseri umani per strada”. “Questo atteggiamento ipocrita, tanto diverso da quello del samaritano — è il monito del Papa —, manifesta l’assenza di una vera conversione e di un vero impegno con l’umanità”.

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