In una conferenza alla Camera dei Deputati, organizzata dalle Acli e con la partecipazione di numerose associazioni pacifiste, è stato chiesto al Parlamento italiano di ratificare il Trattato delle Nazioni Unite di proibizione delle armi nucleari. Don Renato Sacco di Pax Christi: “Con la guerra in Ucraina l’atomica è tornata sul tavolo. Non possiamo rischiare che un incidente o la volontà di qualcuno porti l’umanità alla distruzione”
Michele Raviart – Città del Vaticano
Un’Italia libera dalla guerra e dalle armi nucleari. Questo alla vigilia della Festa della Repubblica del 2 giugno, è quanto chiedono le associazioni e organizzazioni del mondo cattolico e dei movimenti ecumenici – tra cui Acli, Pax Christi, Comunità Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Movimento dei Focolari e Comunità di Sant’Egidio – che questa mattina nella sala stampa della Camera dei Deputati hanno ribadito il loro impegno per la pace.
Abbassare la febbre della guerra
La richiesta è quella che l’Italia scelga di aderire al trattato delle Nazioni Unite di proibizione delle armi nucleari, firmato nel 2017 ed entrato in vigore a gennaio del 2021. Sono 66 i Paesi che lo hanno ratificato, tra cui la Santa Sede, in quanto membro osservatore dell’Onu. La maggior parte di loro sono Stati del sud del mondo e non compaiono le potenze nucleari e i loro alleati, come ad esempio il Giappone colpito dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki. La firma del trattato “servirebbe a far abbassare in questo momento la febbre della guerra”, ha spiegato Marco Marazziti della Comunità di Sant’Egidio. In discussione, ha ribadito, anche la presenza di testate nucleari in alcune basi Nato in Italia. Rinunciare al cosiddetto “nuclear sharing” per Marazziti non sarebbe un atto contrario all’appartenenza al blocco occidentale o all’Alleanza atlantica, ma un obiettivo possibile come dimostrano i casi di Spagna, Canada e Grecia.
Non aggiungere guerra a guerra
La richiesta di messa al bando delle armi atomiche, ha sottolineato don Renato Sacco, consigliere di Pax Christi, è ancora più urgente ora che la guerra in Ucraina ha riportato la minaccia nucleare sul tavolo del dibattito politico internazionale. “Fino a qualche anno fa parlare del nucleare e ricordare che c’erano le bombe nelle basi di Aviano e Ghedi in Italia sembrava un po’ il “pallino” di qualcuno che era fermo alla Guerra fredda”, sottolinea don Sacco a Vatican News. “Le armi nucleari che prima sembravano fuori dal mondo dell’informazione e della politica oggi entrano drammaticamente sul tavolo perché c’è il rischio reale che o un incidente o una volontà possa scatenare la distruzione dell’umanità”, ribadisce, “se noi aggiungiamo guerra alla guerra sappiamo qual è il risultato”.
Una “diplomazia popolare”
“Abbiamo sentito i rumori delle bombe, ma non quello della politica”, è il commento invece di Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli. “Aderire al trattato sarebbe un grande gesto di pace. Non manca la solidarietà dei singoli, ma manca la profezia politica”. Questo potrebbe “scardinare una situazione in cui ci si arma sempre di più per vincere su qualcuno”. Un’affermazione che arriva a poche ore dall’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento Europeo della legge a sostegno della produzione di munizioni UE, che rafforzerà la capacità europea di fabbricare equipaggiamento bellico per sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina.
La preghiera per il cardinale Zuppi
Tra le iniziative di solidarietà e pace ricordate durante la conferenza l’”Operazione Colomba” in Ucraina e Palestina e le Carovane della pace a Leopoli, Kiev, Mykolaiv e Odessa, così come le iniziative internazionali di preghiera promosse dall’Azione Cattolica, tra cui il “minuto per la pace” promosso per il prossimo 8 giugno. Da parte di tutti i presenti è andata anche una preghiera di sostegno al cardinale Matteo Maria Zuppi, incaricato da Papa Francesco di trovare vie di mediazione per il conflitto in Ucraina.