Incontro a Pescara sul ruolo delle missioni per lo sviluppo del continente africano, nell’ambito della riunione dei ministri dello sviluppo del Gruppo dei sette dedicata allo sviluppo. Allarme sui minori che non raggiungono l’alfabetizzazione di base entro 10 anni
Beatrice Guarrera – Pescara
Un invito alle autorità e alle istituzioni legislative dei Paesi del G7 perché sostengano le iniziative educative nel vasto continente africano. A lanciare l’appello sono stati i missionari italiani convenuti all’incontro “Istruzione e formazione per lo sviluppo in Africa: il ruolo delle missioni”, svoltosi ieri, 23 ottobre, a Pescara, come parte degli eventi del G7 Sviluppo, iniziato due giorni fa. La tavola rotonda – presieduta dal ministro italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, e moderata dall’inviato speciale per la promozione della libertà religiosa, Davide Dionisi – ha visto la partecipazione di vescovi e missionari coinvolti in prima persona nell’educazione e nell’assistenza dei più vulnerabili in diversi Paesi africani.
Africa, valorizzare il capitale umano
Seguendo l’indicazione di Papa Francesco, che nel suo messaggio, a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, invitava i presenti “a perseverare nella promozione di una cultura dell’incontro, aperta al dialogo rispettoso, quali veri testimoni del Vangelo vivente della carità”, i religiosi hanno rivolto un appello alle istituzioni, ribadendo la necessità di lavorare per la promozione dell’innovazione, “per la formazione istituzionale e per la condivisione di saperi e tecnologie”, con l’obiettivo “di contribuire alla condivisione di conoscenza, valorizzando il ricco capitale umano di un continente in cui la stragrande maggioranza della popolazione è giovane”.
Il futuro passa per l’educazione
Secondo i dati delle agenzie dell’Onu e dell’Unione Africana (UA), 98 milioni di bambini nella sola Africa subsahariana non vanno a scuola e l’86% del totale dei più piccola fatica a raggiungere l’alfabetizzazione di base entro i 10 anni. “Una percentuale – lamentano i missionari – che si è aggravata con la pandemia di Covid-19 e che ancora non riesce a decrescere”. Passa quindi dal tema dell’educazione, e a ribadirlo sono stati tutti gli intervenuti al forum, il futuro di un’intera generazione, per la quale la classe politica deve impegnarsi con ogni mezzo.
Una connessione tra Chiesa e istituzioni
“Il Vangelo è formazione – ha ricordato monsignor Emilio Nappa, presidente delle Pontificie Opere Missionarie – e serve a dare forma alla persona che si autodetermina nella libertà, nella relazionalità”. Nappa ha auspicato, durante il suo intervento, la creazione di una “connessione strutturale” tra Chiesa e istituzioni per intervenire nei bisogni delle popolazioni che si assistono. Padre Giulio Albanese, giornalista e missionario comboniano, ha messo in evidenza l’impegno nella scolarizzazione in Africa, ma ha anche ricordato la forte diminuzione delle persone che partono in nome del Vangelo: “Dai 24 mila missionari del 1990 siamo arrivati oggi a 4mila”.
Il dramma del Medio Oriente
Un ringraziamento ai presenti è arrivato dal ministro degli Esteri italiano, Tajani che, grato del messaggio di Francesco, ha parlato di una “politica estera italiana presente fortemente in Africa” grazie proprio all’opera di missionari e missionarie. Dal continente africano, Tajani ha voluto poi allargare alla riflessione al Medio Oriente, area che è al momento al centro di guerre e violenze e che vede l’Italia impegnata attivamente nell’assistenza umanitaria verso i sofferenti e gli sfollati di Palestina, Libano e nord di Israele. In collegamento da Gerusalemme, padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, ha fornito un quadro più dettagliato della drammatica condizione della Palestina e del disagio degli studenti che non possono andare a scuola nel nord di Israele, a causa della guerra con Hezbollah, che ha determinato la chiusura degli edifici scolastici. Dal Medio Oriente, il focus si è spostato poi oltre oceano con la testimonianza da remoto di padre Luigi Portarulo, parroco della cattedrale di Saint Patrick di New York, che ha raccontato il suo lavoro con i migranti italiani nella Grande Mela.
Il ruolo delle religiose
Le voci dal mondo missionario sono state diverse e variegate e hanno riportato al continente africano: dalla Repubblica Democratica del Congo, nelle parole di Madre Giordana Bertacchini, delle suore Missionarie di Maria Saveriane, alla Nigeria nell’intervento di don Daniel Antúnez, delle Missioni Don Bosco, in collegamento da Torino. Davanti a un continente in cui sembrano aggravarsi i conflitti, e a cui si aggiunge anche il problema climatico, i missionari devono farsi “cassa di risonanza” dei bisogni dei poveri, ha detto Ambrogio Bongiovanni della Fondazione Magis (Missione e azione dei gesuiti insieme per lo sviluppo). “Noi – sono state le sue parole – abbiamo il dovere di ascoltare e di portare ai tavoli dei nostri governanti le istanze che vengono da questi contesti, è un dovere morale”, di cui si fanno già carico tante religiose in servizio nel mondo. In loro rappresentanza era presente all’incontro suor Maria Micaela Monetti, presidente dell’Unione delle Superiore Maggiori in Italia. “Sono qui – ha detto ai media vaticani – per dare voce, dare volto e dare anche riconoscimento alle numerosissime presenze missionarie delle religiose nel mondo, in particolare in Africa. Io lego il tema dello ‘sviluppo’, al centro del forum, alla generatività, cioè a questa capacità di generare un progetto, di aver cura della crescita di questo progetto, di farlo crescere nella dignità e di lasciar crescere nella libertà le persone che costituiscono questo progetto perché, a loro volta, diventino generative ed è quello che numerosissime e generosissime religiose nel mondo stanno facendo con molta naturalezza per la bellezza del loro carisma”.
In ogni malato l’immagine di Cristo
Tra i partecipanti alla conferenza anche padre Medard Aboué, del Togo, appartenente all’Ordine dei camilliani, che operano nel mondo intero e in sette Paesi africani. “Noi – ha detto ai media vaticani – partecipiamo alla realtà dello sviluppo in Africa, collaborando con il ministero degli Affari Esteri italiano per i progetti soprattutto nell’ambito della sanità”. “Io personalmente sono l’espressione dello sviluppo, perché ho avuto la salute, l’educazione, gli studi, che mi hanno portato ad essere colui che sono oggi, partecipando, a livello del mio Ordine, a far sì che le persone siano istruite, abbiano da mangiare, abbiano l’acqua pulita e poi possano contribuire loro stessi, con la loro istruzione, con i loro mezzi, a far uscire i loro fratelli, i loro concittadini dalla povertà, quella povertà che è un insulto alla nostra umanità”. Burkina Faso, Benin, Costa d’Avorio e Togo sono stati al centro della testimonianza di suor Maria Fernanda Bongianino, consigliera generale delle Figlie di San Camillo, attive soprattutto nell’assistenza medica degli ultimi. “L’importante – spiega anche lei ai media vaticani – è aiutarli e che loro possano svilupparsi come persone, perché in ogni persona malata vediamo la persona di Cristo. È venuto fuori oggi pomeriggio il tema molto importante del debito dei Paesi africani, ma più che di un debito economico si dovrebbe parlare di un debito di ricchezza che ha l’Africa. Dobbiamo aiutare, affinché possano sviluppare loro stessi questa ricchezza, materiale, ma anche spirituale che sta in ogni persona”.