I leader religiosi africani uniti contro la moderna schiavitù

Vatican News

Lisa Zengarini – Città del Vaticano 

La scorsa settimana i leader religiosi africani hanno firmato la “Dichiarazione congiunta contro la schiavitù moderna”. L’iniziativa è del Global Freedom Network, una coalizione interreligiosa impegnata nella lotta contro il traffico di esseri umani con il patrocinio della Fondazione australiana Walk Free, all’indomani della Giornata Mondiale contro la Tratta celebrata lo scorso 30 luglio. 

Uniti contro la tratta 

A sottoscrivere il documento di Accra i rappresentanti delle principali religioni di quattro Paesi africani: Ghana, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo e Nigeria. Pur non potendo essere presenti a causa della pandemia del Covid-19, hanno espresso il loro appoggio alla Dichiarazione il Consiglio interreligioso del Sudafrica (Nicsa) ed il Consiglio interreligioso del Kenya. Tra i firmatari presenti padre Lazarus Anondee, segretario generale della Conferenza episcopale del Ghana che ha rimarcato come la tratta di esseri umani sia un crimine “particolarmente odioso, perché comporta lo sfruttamento e l’abuso di esseri umani a scopo di lucro”. Durante la cerimonia è stato ribadito il ruolo cruciale dei leader religiosi nella lotta a questa piaga che coinvolge decine di milioni di persone nel mondo.

Nel 2014 la firma in Vaticano

Quella di Accra è l’ottava firma della “Dichiarazione congiunta dei leader religiosi contro la schiavitù moderna”, dopo quella avvenuta il 2 dicembre 2014 in Vaticano con la partecipazione di Papa Francesco, insieme ad esponenti di spicco di varie religioni e di altre confessioni cristiane, tra i quali il Primate della Comunione anglicana Justin Welby e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo. L’obiettivo dell’iniziativa è di mettere insieme una rete interreligiosa internazionale per sensibilizzare le comunità di fede contro tutte forme di schiavitù: dalla prostituzione al lavoro forzato al traffico di organi. Tra gli altri obiettivi promuovere il commercio etico, migliorare l’assistenza alle le vittime e i sopravvissuti, fare pressione sui governi e i parlamenti, sensibilizzare le società e raccogliere fondi.